Lo chiamano il Ponte del Diavolo, tanto piccolo quanto inquietante: attraversarlo mette i brividi, ecco perché
- Postato il 23 novembre 2025
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Attraversarlo mette i brividi: questo è il Ponte del Diavolo ed è un posto unico in Italia, da vedere almeno una volta nella vita.
Tra i tesori architettonici medievali più affascinanti del Piemonte, emerge l’antico ponte del Diavolo o ponte del Ròch, un’opera ingegneristica del XIV secolo che ancora oggi incute un senso di mistero e suggestione.
Situato nella suggestiva valle della Stura di Lanzo, questo ponte non è solo un collegamento fisico tra territori, ma anche un emblema di storia, leggenda e cultura locale che continua a catturare l’immaginario collettivo.
La storia e il contesto del ponte del Diavolo
Costruito nel 1378, il ponte del Diavolo nacque con l’obiettivo strategico di collegare Lanzo Torinese e le sue valli con Torino, superando l’ostacolo naturale rappresentato dal fiume Stura. L’opera fu realizzata grazie al consenso e al sostegno di Aresmino Provana di Leynì, vice castellano di Lanzo e collaboratore di Amedeo VI di Savoia, noto come il Conte Verde. La spesa per la costruzione, ammontante a 1400 fiorini, fu completamente coperta dalla Castellania di Lanzo, finanziata attraverso una tassa sul vino che durò un decennio.
Il ponte consentiva di evitare il passaggio attraverso territori ostili governati dai principi di Acaja e dai marchesi del Monferrato, facilitando così i collegamenti economici e militari tra Lanzo e Torino. Nel 1564, in risposta alle epidemie di peste che minacciavano la regione, il Consiglio di Credenza di Lanzo fece costruire una porta sul ponte, da chiudere in caso di emergenze sanitarie per impedire l’ingresso di forestieri infetti.
Il ponte si distingue per la sua struttura a schiena d’asino, con una luce di 37 metri, un’altezza di 16 metri e una lunghezza complessiva di 65 metri, mentre la larghezza minima è appena di 2,27 metri. La sua posizione in una gola stretta e impervia, scavata dalla Stura nei millenni preistorici, conferisce al manufatto un aspetto tanto imponente quanto inquietante.
Il nome “ponte del Diavolo” deriva da una leggenda popolare molto radicata: si narra che il diavolo stesso abbia costruito il ponte dopo che una prima struttura, e poi una seconda, erano crollate. Per evitare di perdere la propria anima, gli abitanti fecero attraversare il ponte per primi a un cagnolino. In risposta, il diavolo, furioso, avrebbe sbattuto le zampe sulle rocce circostanti, dando origine alle famose formazioni rocciose chiamate “Marmitte dei Giganti”. Questa narrazione conferisce al ponte un’aura di mistero che continua a suscitare emozioni e curiosità.

Oltre alla sua importanza storica e architettonica, il ponte è entrato a far parte della cultura di massa e della letteratura locale. Nel XIX secolo, poeti come Giovanni Prati e Angelo Brofferio hanno celebrato questo straordinario monumento nelle loro opere, mentre nel Novecento è stato evocato anche dal poeta Nino Costa. La sua immagine è un simbolo della resilienza e della tenacia delle comunità alpine.
Recenti indagini culturali e turistiche, come quella condotta dal quotidiano la Repubblica, hanno inserito il ponte del Diavolo tra i trenta ponti più belli d’Italia, riconoscendone l’unicità e l’importanza nel panorama del patrimonio nazionale. Questo riconoscimento ha contribuito a rilanciare l’attenzione sul sito, che oggi attrae numerosi visitatori interessati non solo alla storia ma anche alla natura selvaggia della valle della Stura.
Il ponte continua a rappresentare un punto di riferimento per la comunità locale, nonché un simbolo di connessione tra passato e presente, storia e mito, ingegno umano e forza della natura. Attraversarlo è un’esperienza che, ancora oggi, lascia un’impressione indelebile, unendo la funzionalità di un antico passaggio con il fascino di una leggenda millenaria.
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