Lite sul terzo mandato. La Lega spacca il Governo

  • Postato il 20 maggio 2025
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Lite sul terzo mandato. La Lega spacca il Governo

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Terzo mandato. Il Consiglio dei Ministri ha impugnato alla Consulta una legge della provincia di Trento che porterebbe da due a tre il limite dei mandati consecutivi per il presidente della Provincia


Non si è aperta una vera crisi di governo, ma è mancato poco. Prima dell’ora di pranzo, lunedì 19 maggio, il Consiglio dei ministri impugna alla Corte Costituzionale una legge della provincia autonomia di Trento che porterebbe da due a tre il limite dei due mandati consecutivi per il presidente della Provincia.

TERZO MANDATO, LA LEGGE DELLA PROVINCIA DI TRENTO

Apriti cielo. I leghisti, nella sede dell’esecutivo, si irrigidiscono: leggono nella presa di posizione della war room di Palazzo Chigi una sorta di presa di posizione “anti-Lega”. Voto contrario dunque della delegazione di via Bellerio. A quanto filtra, si accendono gli animi e si scontrano verbalmente il ministro degli Affari regionali, Roberto Calderoli, e il titolare del dicastero dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Insomma, la riunione apre una faglia. E divarica ancora di più la linea della Lega da quella di Fratelli d’Italia.

L’IRA DELLA LEGA


Perché tutto questo si traduce in un ridimensionamento del Carroccio: Mauro Fugatti, oggi presidente della provincia di Trento, non potrà ricandidarsi. E lo stesso succederà a cascata a Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia, altra regione che gode dell’autonomia e al centro di una crisi in queste ore perché gli assessori leghisti hanno ritirato le deleghe. Si tratta di due punte di diamante del leghismo. In particolare, Fedriga considerato da tanti un potenziale erede alla segreteria di Salvini. Insomma, caos a caos si aggiunge a un inizio di settimana che non comincia nel modo migliore.

FUGATTI: «ATTO CONTRO IL TRENTINO»


La notizia fa il giro dei Palazzi e innesca dichiarazioni a cascata. Prima di tutto interviene il diretto interessato, ovvero Fugatti: «Si tratta di un atto contro il Trentino, contro l’autonomia del Trentino. Nei prossimi giorni valuteremo il da farsi». E alla domanda se questo possa portare a una crisi di governo taglia corto: «I ministri della Lega presenti hanno votato contro e hanno cercato di difendere le prerogative del nostro territorio. Non mi occupo di tematiche nazionali, non è un tema di cui mi occupo io».

CATTOI E TESTOR: «SCELTA POLITICA»


Scatenate, va da sé, le truppe leghiste. Con una nota assai dura mettono nero su bianco la posizione del Carroccio le due senatrice Vanessa Cattoi ed Elena Testor, che sottolineano come si tratti «di una scelta politica» spiegando che «in linea con il principio autonomista, la Lega sottolinea che tra le competenze primarie figurano anche quelle in materia elettorale. Contestare la legge sul terzo mandato in Trentino equivale a violare i principi statutari della nostra autonomia e a equiparare la nostra regione alle altre, trascurando il valore distintivo delle regioni a statuto speciale. Queste ultime detengono una competenza legislativa esclusiva in tale ambito, come indirettamente riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza relativa alla Campania. L’autonomia del Trentino è un valore non negoziabile e fondamentale. Questo sia chiaro anche ai colleghi di maggioranza».

ZAIA INFURIATO


Infuriato Luca Zaia, che scende in campo a difesa dei compagni di partito: «Io tifo per Massimiliano Fedriga, tifo per Maurizio Fugatti, ma non semplicemente perché siano degli amici, dei colleghi governatori, ma perché difendono un principio che è quello della libertà. Poi, se tu sei Regione a statuto autonomo, se sei addirittura Provincia autonoma, è giusto che quelle prerogative vengano tutelate fino in fondo».

LE DIFFICOLTÀ NEL GOVERNO


Un contesto adesso sempre più complicato per l’esecutivo di Giorgia Meloni. Non a caso i malumori del Carroccio vengono derubricati in maniera piccata dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani: «Nessun problema, questioni locali». E invece i problemi si annidano all’interno dell’esecutivo. I leghisti guardano con sospetto l’asse Fi-Fd’I, temono che tutto sia funzionale alla marginalizzazione della Lega.

SALVINI STUDIA CONTROMOSSE

Ecco perché Salvini e i suoi fedelissimi studiano le contromosse. E intendono proseguire con l’operazione di «logoramento» dell’esecutivo di Meloni.
Ne approfittano di questo contesto le opposizioni, che ritengono che tutto questo certifica la crisi dell’esecutivo. Dice Elly Schlein, segretaria del Pd: «Il governo si è spaccato sulle poltrone, sui posti di potere, che sono l’unica cosa che li teneva insieme del resto. Si sono spaccati sul terzo mandato, i ministri della Lega non hanno votato». E ancora, sempre la numero uno del Nazareno: «È una vera e propria rottura, come quella che abbiamo visto anche ieri con la crisi in Friuli Venezia Giulia, dove governa la destra, ma si è spaccata. Anche sulla sanità, su cui sono soliti rimpallarsi le responsabilità di lunghissime liste d’attesa a vicenda tra le regioni e il governo. Però anche oggi nel Consiglio dei ministri non si sono occupati dei problemi concreti degli italiani, dei salari, delle liste d’attesa, del costo delle bollette più care d’Europa».

BOCCIA: «CDM HA SANCITO LA CRISI IN MAGGIORANZA»


In scia il capogruppo al Senato del Pd, Francesco Boccia: «Il consiglio dei ministri ha sancito la crisi di questa maggioranza, con la Lega che ha votato contro la scelta del governo di impugnare la legge del Trentino sul terzo mandato. È il secondo tempo di una partita cominciata ieri con il ritiro delle deleghe degli assessori leghisti della giunta regionale del Friuli Venezia Giulia. Un vicepremier che vota contro il proprio governo in un paese normale si dovrebbe dimettere».
Va da sé, le dimissioni non ci saranno.

CRISI CONGELATA

E la crisi verrà congelata, come spiega Osvaldo Napoli, membro della segreteria politica di Azione e fine conoscitore delle dinamiche del Palazzo: «I ministri di una componente della maggioranza hanno votato contro il governo di cui fanno parte. Quando la democrazia funzionava e le sue regole erano da tutti riconosciute e accettate, l’esecutivo si presentava in Parlamento per sanare una ferita tanto rilevante sul piano politico. Ove ciò non fosse accaduto, il presidente del Consiglio saliva al Quirinale». E, «nell’era di Giorgia Meloni – insiste Napoli – la politica è stata rimpiazzata dalle dirette Facebook o Instagram, il Parlamento è un orpello e tutto si riduce a uno show. Da qui a stasera si accenderanno i riflettori su qualche tema minore per buttarla in caciara. La crisi politica c’è e rimane senza un dietrofront della Lega».
E la Lega non sembra aver cambiato idea. Come dicono alcuni leghisti in Transatlantico, «Meloni deve stare attenta a Salvini perché non ha nulla da perdere».

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