L’isola
- Postato il 19 febbraio 2025
- Di Il Foglio
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L’isola
Quasi contestualmente all’uscita di "Confessioni di un borghese", l’autobiografia in forma di romanzo di Sándor Márai, Adelphi ripubblica anche quest’opera minore del grande scrittore ungherese. "L’isola" (1934) è un romanzo difficile, introspettivo, così come chiuso e sofferente è il suo protagonista, Viktor Henrik Askenasi, un maturo e stimato docente di Filologia in vacanza sulla costa dalmata, alla ricerca di “un posto tranquillo”, per tentare di riprendersi dal violento sbandamento psicologico ed emotivo in cui è precipitato.
L’intera prima parte del libro, a tratti incomprensibile, costituisce una sorta di lunga ambientazione, dove il personaggio principale e alcune comparse si muovono in un’atmosfera rarefatta, resa insopportabile dal caldo afoso e soffocante.
Dopo oltre sessanta pagine, la svolta: Askenasi si rende improvvisamente conto (e con lui il lettore) della realtà che lo paralizza. “Giacque a lungo così, a occhi aperti. Poi, come se stesse dettando la propria confessione alla polizia, in tono netto e deciso pensò, sbarrando gli occhi nel buio: Ormai è emerso con certezza che, malgrado le mie migliori intenzioni, non riesco a vivere senza di lei. Che peccato”.
Ciò che risulta chiaro al lettore, risulta insostenibile per il personaggio. Questi ricorda, si interroga, si infervora, divaga, ricostruisce con ritmo rapsodico la propria ribellione alle regole della società e alla religione della famiglia. Askenasi ha trasgredito le leggi non scritte del decoro e della decenza, errori che pagherà dapprima con la perdita degli affetti, poi con la riprovazione generale, infine con una solitudine pericolosa e gravida di conseguenze. Nessuna via di fuga è realisticamente praticabile, perché alle sue domande esistenziali non vi è risposta alcuna.
“Viaggiare, immergersi nella ricerca, lavorare più alacremente, cambiare clima, cercare distrazione e compagnia sono tutte cose che non servono. La metodicità è poco affidabile. Verosimilmente un approccio metodico alla guarigione non esiste. Anche la morte è un evento individuale, arbitrario, che sfugge a ogni metodo”. Per ben tre volte, nel corso del romanzo, Askenasi rimane muto, come paralizzato, dolente e silente di fronte ai suoi sorpresi interlocutori: davanti alla donna che sta per diventare sua amante, poi al cospetto della moglie tradita, infine di fronte a un frate incontrato per caso nella vigna sul retro di una chiesa – evidente metafora dello sguardo severo di Dio che lo interroga, e che gli suscita una reazione inconsulta, un gesto di rabbia e disperazione. Askenasi è perduto quando constata che nessun appagamento è possibile. “Non è la bontà a riscattare l’uomo, si ripeté lentamente, bensì il delitto”.
Sándor Márai
L’isola
Adelphi, 177 pp., 12 euro