L’importanza della salute mentale nell’ambiente di lavoro: la sfida è epocale

  • Postato il 18 settembre 2024
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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di Michele Tamburrelli *

A leggere le ricerche e gli articoli dei giornali, il mondo del lavoro sembra essere in grande difficoltà. Sebbene i dati Istat rilevino una crescita dei lavoratori occupati, questi non se la passano bene nei luoghi di lavoro, con ripercussioni negative sulla produttività e sulla crescita economica.

Al fenomeno della cosiddetta “Great Resignation”, ovvero i dipendenti che in massa lasciano i posti di lavoro, si è aggiunto il “Quiet Quitting”, cioè un silenzioso disimpegno nei luoghi di lavoro, dove molti fanno il minimo indispensabile per non farsi licenziare, completamente distaccati dagli obiettivi e dai valori delle aziende. Lo studio della società americana Gallup (State of the Global Workplace) nella sua ultima edizione del 2024 ha rilevato un fenomeno ancora più preoccupante: i lavoratori attivamente impegnati a sabotare la propria impresa. Secondo il rapporto, solo il 23% dei dipendenti è attivamente coinvolto nel proprio lavoro, mentre il 62% è disimpegnato e il 15% è attivamente disimpegnato.

I dati sono impressionanti e registrano anche un generale malessere dei lavoratori, che sempre più spesso dichiarano di vivere una situazione lavorativa stressante con relativo impatto negativo sulle prestazioni e sulla produttività. Il dato italiano è ancora più preoccupante: secondo la ricerca, il 25% dei lavoratori sarebbe “attivamente disimpegnato”, mentre il 46% dichiara di vivere un ambiente di lavoro stressante.

Questi dati ci fanno comprendere quanto siano importanti la motivazione, il senso di scopo, una giusta retribuzione e un ambiente di lavoro sano. È cruciale porre maggiore attenzione all’aspetto della salute mentale nei luoghi di lavoro e promuovere un ambiente lavorativo sano.

Tra i motivi di disimpegno dei lavoratori emergono la mancanza di riconoscimento per il lavoro svolto, la cattiva gestione dei rapporti in azienda, un ambiente di lavoro stressante e tossico, la mancanza di crescita professionale e il trattamento retributivo inadeguato.

Molte grandi aziende stanno cercando di correre ai ripari intervenendo con analisi del clima aziendale, istituendo pacchetti di welfare aziendale per promuovere il benessere, e formando i manager per favorire un clima positivo. Tuttavia, il tessuto imprenditoriale italiano è costituito principalmente da piccole e medie imprese, spesso a conduzione familiare. Per cultura e per dimensioni, queste imprese trovano difficile affrontare le nuove sfide per garantire ai dipendenti un ambiente di lavoro più sano. Spesso, non possiedono le competenze manageriali, la cultura o le risorse economiche per gestire queste problematiche anche se esistono alcune soluzioni che potrebbero essere meglio conosciute.

I sistemi contrattuali, ad esempio, offrono un welfare bilaterale spesso poco praticato dalle piccole aziende: formazione, contributi e sussidi che potrebbero complementare e/o integrare le costose politiche di welfare aziendale. Assistenza sanitaria e previdenza complementare offerte contrattualmente sono spesso poco conosciute specialmente dai lavoratori delle piccole imprese. Attraverso la bilateralità, è possibile anche accedere a percorsi di formazione gratuita e dotarsi delle competenze manageriali necessarie per affrontare le difficoltà che i lavoratori e le aziende stanno vivendo.

È importante ricordare che, recentemente, anche la magistratura si sta occupando del benessere in azienda. La sentenza della Cassazione n. 15957 del 7 giugno 2024 ha sancito che un clima aziendale stressante dà diritto al risarcimento del danno anche in assenza di azioni mobbizzanti. Ai sensi dell’art. 2087 del codice civile, infatti, “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro“. Sentenze analoghe sono state emanate dalla Cassazione Civile, Sez. Lav., il 19 gennaio 2024, n. 2084.

Un ambiente di lavoro sano e positivo contribuisce ad avere lavoratori più soddisfatti e impegnati negli obiettivi aziendali. È fondamentale che la politica e le parti sociali prendano atto di queste necessità e si dotino per rispondere alle esigenze del tessuto produttivo delle piccole aziende, attualmente le meno attrezzate per affrontare questa sfida epocale. Buona parte di questi imprenditori si fida delle proprie associazioni datoriali e, soprattutto, dei consulenti del lavoro, il cui ruolo si è evoluto per assistere le aziende nella complessità delle situazioni che si trovano ad affrontare.

Infine un ambiente dei lavoro sano e positivo passa anche attraverso una corretta valutazione di tutti i rischi aziendali, compresi quelli psicosociali, spesso sottovalutati nei documenti della valutazione dei rischi e trattati in modo semplicistico: ancora una volta l’importanza di un lavoro sinergico tra gli attori della sicurezza (datore di lavoro, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, responsabili della prevenzione e protezione, medico aziendale, lavoratori) è di fondamentale importanza.

Una collaborazione stretta tra parti sociali, imprenditori e consulenti del lavoro è essenziale per creare ambienti di lavoro sani e produttivi. Solo così potremo affrontare le sfide del futuro, garantendo il benessere dei lavoratori e la competitività delle aziende.

* Laureato in diritto del lavoro e relazioni industriale presso la facoltà di Scienze Politiche di Milano, si è occupato della materia fin dai primi esordi nel sindacato, insegnando nei corsi ai rappresentanti sindacali, trattando i problemi vertenziali, sicurezza e di tutela dei lavoratori, operando nel settore terziario, turismo e servizi. Appassionato anche della materia della formazione ha diretto per diversi anni un ente riconosciuto.

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