“Le Regioni non siano sadiche, devono solo applicare la sentenza della Consulta. Salvini e il dibattito nel centrodestra? Opportunismi politici”
- Postato il 19 febbraio 2025
- Diritti
- Di Il Fatto Quotidiano
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Se c’è una persona che in Italia può esprimere il suo parere e offrire le sue riflessioni sul fine vita è Mario Riccio. Il medicò che aiutò Pergiorgio Welby – finendo sotto inchiesta e che fu definito “sicario” – ha assistito quattro delle sei persone che hanno avuto l’agognato via libera alla procedura in Italia. In un momento in cui l’approvazione di una legge in Toscana da una parte e il dibattito che si aperto (apparentemente) nel centrodestra in Lombardia, Riccio ricorda a tutti che esiste “la sentenza della Corte costituzionale” che “con tutte le sue limitazioni è un fatto oggettivo e deve trovare applicazione. E Guido Bertolaso lo ha capito”. Quindi “ai consiglieri regionali che sono così agitati dico che non è richiesto a loro di introdurre una legge sul fine vita, ma semplicemente, puramente, meramente, di creare un protocollo operativo e applicativo della sentenza. Ripeto le regioni non possono impedirne l’applicazione. A questo punto si tratta di stabilire quali regioni vogliono sadicamente non fare un regolamento: per cui ogni volta chi ha diritto al suicidio assistito deve fare la domanda, ogni volta deve rivolgersi al tribunale mentre si allungano le sofferenze”. Per il medico una legge sul fine vita dovrebbe ispirarsi a quella olandese o a quella spagnola perché il 70% delle persone che chiedono il fine vita è paziente oncologico e per loro il verdetto della Consulta è “perfettamente inutile”.
A oltre 5 anni dalla sentenza Dj Fabo-Cappato nessuna legge ha regolato il suicidio assistito, poi dopo l’affossamento della proposta di iniziativa popolare in Veneto e Lombardia, la Toscana ha approvato una legge storica. Qualcosa sta cambiando, cosa ne pensa del dibattito nel centrodestra?
Non credo che qualcosa stia cambiando. Veneto e Lombardia – per motivazioni diverse – non hanno dato avvio alla proposta di legge della Coscioni. La Lombardia non ha ritenuto l’argomento di competenza regionale, il Veneto ha respinto la proposta di legge per un voto, peraltro dell’opposizione di centro sinistra ed in particolare del Pd. La Toscana – anche sulla scorta di queste vicende – ha invece legiferato in materia, ma l’opposizione ha già alzato una barricata. Sul dibattito nel centrodestra direi che sono tutti opportunismi politici. Salvini ha fatto il sondaggio e ha scoperto di essere vicino a Zaia, ma in Veneto l’80% della popolazione è favorevole a una legge sul fine vita e in Veneto siamo certi che c’è una sicura maggioranza di centrodestra”.
Le dice che la sentenza della Consulta presenta delle limitazioni. Ci spiega quali?
Non mi permetto di giudicare il lavoro dei giudici, ma in Italia una persona che è sottoposta a un trattamento di sostegno vitale può già decidere di interromperlo e quindi morire in un tempo più o meno lungo. Per esempio se si interrompe la ventilazione la morte arriva in pochi secondi, se si interrompe la nutrizione sarà una settimana, se non svuoto l’intestino anche. Anche si disattiva un peacemaker, dopo il primo disturbo del ritmo il paziente muore. Del resto sul sostegno vitale si è espressa la Corte costituzionale proprio l’estate scorsa, come abbiamo sostenuto noi dell’Associazione Coscioni nei vari procedimenti.
Però non c’è una legge
Suicidarsi non è reato. Ma perché una persona tenuta in vita da sostegni vitali deve interromperli e morire soffrendo, mentre può raggiungere la morte in un tempo certo e breve con dignità? Ci sono i casi in cui – come l’ultimo quello lombardo – la persona è completamente paralizzata in un letto. Quella persona ha bisogno di un caregiver e la sentenza dell’estate scorsa hanno specificato che ci sono procedure eseguite dai caregiver che sono sostegno vitale. Quindi se una persona morirebbe comunque interrompendo i trattamenti sanitari, allora devo aiutare a interrompere la sofferenza con dignità, come dice la Corte Costituzionale, ma affidando la procedura al Servizio Sanitario Nazionale che deve verificare la sussistenza dei criteri.
Criteri che sono comunque molto rigidi
Consideri che il 70% dei pazienti che richiedono la morte medicalmente assistita, nei paesi che si sono dati una legislazione in materia, sono oncologici e non possono accedere a quel diritto secondo la sentenza. Quindi da questo punto di vista pratico è perfettamente inutile.
Ci sono i casi in cui le Asl hanno – dopo mesi battaglie – fornito farmaco e strumentazione. La figura del medico è quasi inesistente, perché?
I suicidi assistiti in Italia sono stati sei. Di questi uno è avvenuto in Toscana e ne sappiamo poco perché non è stato seguito dalla Associazione Coscioni. Gli altri cinque sono tutti seguiti dalla Coscioni; nel primo caso quello di Mario Federico Carboni di Senigallia l’ospedale non ha fornito né farmaci, né strumentazione, né medico. Quindi farmaco e strumenti li comprò lui. Nei due casi veneti l’ospedale ha fornito farmaci e strumentazione, ma non il medico. Poi c’è stato un caso in Friuli dove l’ospedale, dopo un primo rifiuto, ha poi provveduto in tutto: farmaci, strumentazione e anche medico. Infine il recente caso della Lombardia dove l’ospedale ha fornito farmaci e strumentazione, ma non il medico. Dove non era fornito un medico c’ero io. È evidente che la questione del personale sanitario (medico e/o infermiere) è rilevante e tocca il problema dell’obiezione di coscienza. Capisco la questione e ritengo che sia corretta una obiezione di coscienza. È una nuova pratica sociale che in taluni sanitari può creare problemi di coscienza. Per il caso lombardo c’è anche un aspetto politico curioso.
Quale?
Che mentre in Consiglio regionale Lombardia Fratelli d’Italia sbraitava contro la morte assistita, la Regione doveva dare una risposta con un protocollo applicativo della sentenza. La contraddizione è che mentre nelle aule del Consiglio regionale si era deciso che non era materia loro, Guido Bertolaso, che è un funzionario, correttamente, molto ragionevolmente, ha detto “Scusate, signori, qui c’è una legge, ci sono sentenze la quale è direttamente applicativa, non possiamo non applicarla”. Lo ha capito.
“Se e quando sarà approvata una legge si rischia di avere medici obiettori di coscienza che si opporranno alla somministrazione. Come si dovrà procedere?
Premesso che non credo si possa giungere a una legge nazionale, anche in una legge regionale o in un regolamento sempre regionale si dovrà riconoscere l’obiezione di coscienza, come in tutti i paesi che hanno legiferato. Anche se non credo che questo possa costituire – almeno all’inizio – un problema pratico. Comunque un ospedale potrà sempre provvedere a creare un elenco di professionisti (interni od anche esterni all’ospedale) a cui attingere in caso di bisogno, così come la legge sull’aborto prevede anche in quella situazione. Sulla legge a livello nazionale io dico meglio di no: perché la legge che passerebbe oggi come oggi sarebbe il puro copia e incolla della sentenza. Una vera legge sul fine vita deve essere come quella olandese e spagnola che comprenda tutta la platea, comprenda in particolare i pazienti oncologici.
C’è chi sostiene una incredibile tesi “economicistica”: cioè che il fine vita serva a far risparmiare il sistema sanitario. Si uccide il paziente invece che curarlo perché costa meno. Cosa risponde?
Premetto che credo che chi sostiene la tesi “economicistica” per contrastare la morte medicalmente assistita lo faccia perché ha ormai capito che le argomentazioni sul piano giuridico-etico-filosofico siano poco efficaci. Se fosse vera la tesi economicistica la dovremmo trovare applicata in paesi poveri, invece la morte medicalmente assistita è stata legalizzata solo in paesi occidentali avanzati, ricchi e con sistemi sanitari validi. Mentre è vero che l’autodeterminazione del malato nel fine vita spesso si scontra con interessi economici del sistema sanitario. Ad esempio perché nel nostro paese spesso il malato tumorale muore nella stessa settimana nella quale ha ricevuto l’ultima terapia oncologica, magari costituita da farmaci costosissimi, ma sui quali c’è l’interesse di Big Pharma. Sarei più preoccupato che prolungare il fine vita dei pazienti si traduca in un interesse dei medici e del sistema sanitario. Quanti sono gli interventi chirurgici inutili su pazienti oncologici che non portano a un vero miglioramento delle condizioni del malato?
Lei ha assistito alcune persone – a partire da Giorgio Welby – che hanno scelto in libertà di morire. Qual è il sentimento più importante che può restituire per far comprendere a chi legge perché è importante l’autodeterminazione.
Nella mia esperienza ho sempre incontrato persone che erano fermamente decise a porre fine alla loro esistenza dopo aver a lungo meditato sulla loro condizione per loro stessi non più accettabile. Persone serene.
Perché in Europa molti paesi hanno già il diritto al suicidio assistito e in Italia i passi avanti sono arrivati sono attraverso battaglie legali e l’impegno dell’associazione Coscioni?
La classe politica italiana – sia di “destra” che di “sinistra” ritiene di rappresentare una sorta di visione morale che in verità non è più presente da tempo nel paese come le indagini demoscopiche ci restituiscono. Basti pensare che anche ai tempi del divorzio o dell’aborto il mondo di “sinistra” era molto tiepido di fronte a questi cambiamenti del costume sociale. Credo che sia anche arrivato il momento di liberarsi dell’alibi della presenza del Vaticano, il paese reale è sempre più “secolarizzato” e non risente certo del pensiero cattolico che peraltro è in continua modificazione anch’esso. Basti pensare che al tempo di Welby il rifiuto della terapia era considerato un “peccato” oggi invece è sostenuto anche da quegli ambienti che al tempo si scagliarono contro di lui e anche contro il sottoscritto. Oggi quegli stessi accettano il rifiuto delle cure e parlano di cure palliative, accettano in qualche modo il suicidio assistito ma dico no all’eutanasia.
Per lei non c’è differenza, vero?
Non si capisce quale sia la differenza morale tra i due. Quando ho preparato la flebo alla signora “Serena” di Milano, le ho messo il farmaco e le ho spiegato il gesto, secondo lei io non ho contribuito al suo fine vita? Se non c’ero io che mettevo la flebo, mettevo il farmaco dentro,le spiegavo fare come usarla, non sarebbe morta come sui diritto. Quindi su questa differenza morale i politici balterano. Secondo loro la Corte Costituzionale avrebbe assicurato il suicidio assistito in Italia, ma la Corte Costituzionale ha semplicemente depenalizzato in taluni casi l’aiuto. Ma la maggior parte dei pazienti richiedenti, anche negli altri paesi, sono gli oncologici e loro non possono accedere.
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