L’attacco di Israele all’Iran ha scioccato il Vaticano: ora Leone XIV alza il tono del linguaggio
- Postato il 23 giugno 2025
- Blog
- Di Il Fatto Quotidiano
- 4 Visualizzazioni
.png)
Papa Leone non se lo aspettava. Era l’ultima cosa che poteva desiderare. Lui, primo pontefice americano, trovarsi in una posizione antitetica alle scelte politico-militari del presidente degli Stati Uniti, e in rotta con l’escalation guerresca promossa da Israele. Tocca alla diplomazia intervenire per fare tacere le armi, è il suo appello. L’Osservatore Romano titola in prima pagina “Fermare la tragedia della guerra prima di una voragine irreparabile”. Il nodo sta nel governo d’Israele.
Sotto il predecessore di Prevost si era creato un clima di estrema tensione con il premier israeliano e una parte notevole dell’associazionismo ebraico a causa della denuncia aperta che Francesco aveva fatto della strage dei bambini palestinesi “mitragliati” a Gaza (parole sue) dall’esercito israeliano. Perciò Leone aveva iniziato il pontificato con un gesto distensivo. Una lettera all’American Jewish Committee per manifestare l’impegno a “continuare e rafforzare il dialogo e la cooperazione con il popolo ebraico” nello spirito del documento conciliare Nostra Aetate. La risposta positiva venuta dagli ambienti ebraici era stata rafforzata dalla presenza del presidente israeliano Isaac Herzog alla messa di insediamento papale il 18 maggio (ai funerali di Francesco non si era invece presentato per sfregio nessun membro del governo israeliano).
L’improvvisa aggressione di Israele all’Iran e la successiva operazione “Martello di mezzanotte” dei bombardieri statunitensi ha provocato uno shock in Vaticano. Per Netanyahu, riuscito nel trascinare Trump nell’avventura, è un’indubbia vittoria. Per il nuovo papa è fonte di allarme. Ancora pochi giorni fa Leone XIV predicava: “Non dobbiamo abituarci alla guerra!”. Perché è sempre una sconfitta, aveva detto citando Bergoglio. “Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra”, aveva sottolineato ricordando Pio XII.
Quali che siano le responsabilità dell’Iran nell’appoggiare Hamas, Hezbollah e Houthi, in Vaticano resta agli atti che Netanyahu ha scatenato l’aggressione proprio mentre Teheran stava negoziando con Washington un accordo per escludere definitivamente un uso militare del nucleare. L’Aiea (l’agenzia internazionale dell’energia atomica) aveva escluso che l’Iran fosse vicino alla fabbricazione della bomba o che fosse stato varato il progetto di fabbricarla. Un fatto confermato ufficialmente nel marzo scorso dai servizi segreti americani. D’altronde il premier israeliano aveva già spinto nel 2018 l’allora presidente Donald Trump a rompere l’accordo sul nucleare civile, negoziato da Barack Obama con Teheran.
Il disegno di supremazia di Netanyahu è a vasto raggio. Ha sabotato l’accordo, raggiunto all’inizio dell’anno da Biden, per un cessate il fuoco a Gaza, il rilascio di tutti gli ostaggi e il ritiro definitivo degli israeliani dalla Striscia. Bombarda il Libano a suo piacimento, dove ha anche cannoneggiato le postazioni delle Nazioni Unite (Unifil), e a fronte di una Siria totalmente inoffensiva ha occupato illegalmente un pezzo di territorio siriano sul monte Hermon. Tutto questo serve per portare avanti silenziosamente il progetto di un Grande Israele “dal Fiume al Mare” per eliminare qualsiasi prospettiva di uno stato di Palestina.
Da un anno e mezzo sono in corso in Cisgiordania sistematici pogrom antipalestinesi durante i quali squadracce di coloni israeliani – sotto la protezione dei militari – aggrediscono palestinesi e beduini, intimando loro di andarsene gridando che non è la loro terra, bruciando oliveti e raccolti, massacrando bestiame, distruggendo case. I morti sono già arrivati a 800. Peraltro nelle sue campagne elettorali Netanyahu ha sempre dichiarato apertamente che con lui “non ci sarà mai uno stato palestinese” in flagrante violazione degli accordi di Oslo del 1993/95.
A fronte di questi sviluppi Leone XIV inizia ad alzare il tono del linguaggio. Domenica all’Angelus ha denunciato le “parole retoriche che incitano al conflitto”. Ogni stato, ha soggiunto, ha la responsabilità morale di “fermare la tragedia della guerra, prima che esse diventi irreparabile”. Poi per la prima volta ha pronunciato una parola che non aveva ancora impiegato: Palestina. Riferendosi allo scenario drammatico del Medio Oriente, “che include Palestina e Israele”. Nella diplomazia della Santa Sede le sfumature e i dettagli sono tutto. Parlare di “Palestina” da parte del pontefice significa che il Vaticano ribadisce il diritto dei palestinesi ad avere finalmente il loro stato.
Oltretevere hanno la memoria lunga. Sanno che la sopravvissuta alla Shoah Liliana Segre, come altri esponenti dell’ebraismo, denuncia in pubblico i crimini di guerra commessi a Gaza dall’esercito israeliano. Sanno che invocare le barbarie del 7 ottobre non funziona più, come ha spiegato bene lo scrittore israeliano David Grossman: “Il fatto che questa crisi sia iniziata a causa di ciò che ha fatto Hamas il 7 ottobre oggi è irrilevante davanti alla sofferenza dei bambini (di Gaza) e dei civili innocenti”. Soprattutto in Vaticano sono consapevoli che, stante lo strapotere militare e spionistico di un Israele potenza atomica, non c’è stato mai in questi anni “un solo secondo – 7 ottobre incluso – in cui l’esistenza di Israele sia stata davvero in pericolo”. Parola dell’ex premier israeliano Ehud Olmert.
L'articolo L’attacco di Israele all’Iran ha scioccato il Vaticano: ora Leone XIV alza il tono del linguaggio proviene da Il Fatto Quotidiano.