Lamezia Terme, al ballottaggio la spunta il centrodestra: vincono il miraggio del Ponte e i ‘sogni medi’

  • Postato il 10 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Ha un valore di carattere regionale, forse anche meridionale”. In questi termini, il deputato leghista Domenico Furgiuele ha commentato la vittoria del candidato del centrodestra, Mario Murone, al ballottaggio chiuso ieri per l’elezione del sindaco di Lamezia Terme (Catanzaro). Tuttavia, né il parlamentare né la sua coalizione avevano esposto analisi e visioni meridionaliste.

Per esempio, non avevano parlato dell’esigenza di modificare radicalmente i criteri di ripartizione del Fondo sanitario, molto penalizzanti per il Sud. Difatti, quelli introdotti nel ’99 e poi aggiustati di corsa nel novembre 2022 hanno prodotto il declino della sanità calabrese, insieme a risaputi errori e all’esercizio dei poteri sostitutivi del governo, paradossalmente previsto sia per la tutela dell’unità economica della nazione che per quella dei Lea. Anzi, Murone e sostenitori avevano prospettato una forma di centralismo del potere: la “filiera istituzionale”, cioè il collegamento, tramite i partiti, del Comune con i governi regionale e nazionale, guidati dal centrodestra, per migliorare le sorti del territorio.

Si tratta di un’idea radicata in Calabria, che sembrava scomparsa da un pezzo. È curioso che a riproporla sia stata soprattutto la Lega per bocca di Furgiuele. Ed è singolare quanto memorabile che, dimenticato il ddl Calderoli sul regionalismo differenziato, l’abbia sposata il ministro Matteo Salvini, giunto a Lamezia Terme per tirare la volata a Murone e cercare legittimazione popolare riguardo al progetto del ponte di Messina. Secondo Salvini, i sindaci legati al centrodestra accolgono le opere programmate dal suo ministero, mentre quelli di centrosinistra le contestano d’ufficio, pur se in ballo vi sarebbero grandi opportunità di lavoro per ditte e addetti locali. Con la promessa di economia e indotto – è il succo del pensiero del leader del Carroccio – si può accettare a cuor sereno il dirottamento di 300 milioni, per finanziare il ponte sullo Stretto, del Fondo per lo sviluppo e la coesione spettanti alla Calabria.

Noi calabresi siamo abituati alle proiezioni di scenari mirabolanti, come ha ricostruito il giornalista Alessandro De Virgilio nel suo libro Pacchetto Colombo, sulla truffa dell’industrializzazione fantasma in Calabria. La storia lo insegna ma soltanto nella teoria: si dovrebbe perseguire uno sviluppo coerente con la natura, le potenzialità, la vocazione, i bisogni e le risorse umane del territorio. Per l’utile elettorale, si preferisce invece costruire un “mito di progresso”, a dirla con Guccini, cui destinare risorse per alimentare le aspettative della comunità calabrese, fragile sul piano economico e sociale, gravata dallo spopolamento e dai domìni della ’ndrangheta e della politica.

Murone ha vinto perché ha preso più consensi nell’elettorato di periferia; perché sostenuto dall’ex sottosegretario di Stato Pino Galati e da una parte dell’amministrazione uscente e, col solito spettacolo della magniloquenza, dai partiti del centrodestra comunque diviso; perché ha condotto una campagna elettorale per “sogni medi”, per dirla alla Baglioni; perché gli anni di buon governo dell’avversaria di centrosinistra, Doris Lo Moro, signora della politica che stavolta ha trainato un campo larghissimo ma poco forte, non erano presenti nella mente delle nuove generazioni.

Qual è la morale? Forse bisogna dare ragione ad Andrea Camilleri, e a Nicola Gratteri che lo ribadisce, secondo cui “la scuola ha fallito dove ha prodotto cittadini incapaci di esercitare criticamente il proprio diritto di voto”.

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Il Fatto Quotidiano

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