La “zona grigia” nella sinistra, un nodo irrisolto della democrazia. Scrive Merlo
- Postato il 8 dicembre 2025
- Politica
- Di Formiche
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Niente da fare. È un copione che si ripete quasi meccanicamente. Ed è un film che, puntualmente e quasi meccanicamente, si recita quasi sempre nel campo della sinistra. Seppur nelle sue diverse e multiformi espressioni.
Certo, la destra non ne è affatto esente. Come dimostra la sua stessa esperienza storica. Ma è indubbio che è proprio sul versante della sinistra – e ieri come oggi il film, seppur mutatis mutandis, si ripete in modo quasi identico – che le contraddizioni esplodono soprattutto quando si entra in una stagione dove la partecipazione popolare e una rinnovata presenza politica dell’estrema sinistra aumenta creando, di conseguenza, enormi problemi all’intera galassia di questo campo politico, culturale e sociale.
Ora, e per fermarsi agli ultimi accadimenti, è appena sufficiente elencare in filigrana alcuni termini e citare alcune persone per rendersi conto che l’antica e mai indomita “zona grigia” continua ad essere un tassello importante, nonché imbarazzante, nel dibattito politico italiano.
E, nello specifico, della dialettica all’interno dell’attuale sinistra l’italiana. Da Francesca Albanese ai Pro pal; dal ruolo dei centri sociali alla conclusione violenta degli ormai innumerevoli cortei di protesta organizzati o dalla Cgil o dai sindacati di base o da gruppi e movimenti comunque collocati nell’estrema sinistra; dal giudizio sull’avversario politico – che è quasi sempre un nemico da abbattere definitivamente ed irreversibilmente – al rapporto concreto con i movimenti e le proteste violente che si scatenano in molti gangli della società.
Ecco, è proprio all’interno di questi meandri che emerge quella “zona grigia” difficilmente decifrabile da parte della politica ufficiale e degli stessi organi di informazione. Una “zona grigia” che negli anni drammatici che vanno dalla fine dei ‘60 alla metà degli anni ‘80, ruotava attorno ad alcuni celebri e famosi slogan: dai “compagni che sbagliano” al tragico “né con lo Stato e né con le Br”.
Archiviata, per fortuna, quella infausta e delirante stagione storica, si tratta di capire oggi dove si manifesta quella “zona grigia” e con quali contenuti. È persin troppo facile ricordare alcuni slogan contemporanei: “No alla violenza, però”; “sì alla libertà di stampa e di opinione, ma”; “sì alla legalità, però”.
Insomma, una gamma di affermazioni – le citazioni sono infinite – che sono sempre tese a comprendere, se non addirittura a condividere, alcuni comportamenti che oggettivamente sconfinano nella violenza o in atti teppisti o addirittura squadristi come è concretamente capitato nei giorni scorsi alla redazione della Stampa di Torino. Per queste ragioni, semplici ma oggettive, si tratta oggi di scegliere da che parte si vuole stare.
Perché, e paradossalmente e memori anche dell’esperienza del passato, c’è sempre un bivio di fronte a cui ci troviamo. E cioè, o si sta in modo netto, chiaro ed inequivoco dalla parte della democrazia, della legalità, del rispetto dell’avversario e nel pieno rispetto dei principi e dei valori contemplati nella Costituzione oppure, e al contrario, finiamo – magari anche inconsapevolmente – per rialimentare se non addirittura consolidare quella “zona grigia” che era, e resta, drammaticamente alternativa rispetto alle ragioni basilari della democrazia e della libertà.
E la sinistra italiana – soprattutto i suoi capi – seppur molto plurale e articolata al suo interno, ha oggi il dovere morale e politico di dire una parola chiara e netta al riguardo. Soprattutto nel rapporto con tutto ciò che si colloca nella sua parte più radicale, estremista, ideologica e movimentista.