La vedova Fortugno: «Agli assassini chiederei solo: perché?»

  • Postato il 19 ottobre 2025
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La vedova Fortugno: «Agli assassini chiederei solo: perché?»

Vent’anni fa il brutale assassinio del vicepresidente del Consiglio regionale Francesco Fortugno, la vedova Maria Grazia Laganà: «Agli assassini chiederei solo: perché? I ragazzi devono conoscere per proteggersi».


LOCRI (REGGIO CALABRIA) – «La speranza va coltivata, sennò la battaglia diventa inutile». Maria Grazia Laganà, medico, già parlamentare del Pd, ci accoglie a metà mattinata di un sabato, che fa intravedere la stagione autunnale. Ma nel suo spirito c’è sempre il senso di una primavera da donare e da far vivere ai giovani di questa epoca. Ci accomodiamo nel salotto della sua casa di Locri. Ci accompagna l’immagine in bella evidenza di un sorridente Francesco Fortugno, suo marito, medico e politico, vicepresidente del Consiglio regionale calabrese, assassinato brutalmente venti anni fa e al quale, come ogni 16 ottobre, è stata dedicata una giornata di memoria e di impegno civico. Sorseggiamo un caffè, con l’ospitalità esemplare di una famiglia che a certi principi ha sempre creduto. È in partenza per Roma, ma all’Altravoce Quotidiano riesce a dedicare un po’ del suo tempo.

VEDOVA FORTUGNO, NON SOLO RICORDO: IL SENSO DELLA BATTAGLIA CONTRO LE MAFIE

La battuta iniziale del nostro sereno colloquio, non è il caso di definirla intervista, nasce da una richiesta del cronista riferita alle sensazioni vissute in un momento che non è stato solo di ricordo, ma di conferma della prosecuzione di un’azione convinta e convincente nella lotta contro le mafie. L’onorevole Laganà ha ancora davanti l’immagine del ministro della Salute Orazio Schillaci – intervenuto giovedì all’incontro “Venti anni senza Francesco Fortugno” a palazzo della cultura – che si è commosso nel ricordo dell’amico e del professionista. «È stato davvero coinvolgente quel momento. Far vedere il volto umano di un politico aiuta ed educa – riflette la vedova Fortugno –. Molti ragazzi quando morì Franco non erano ancora nati. Proprio coloro che giovedì hanno partecipato alla giornata di memoria non sapevano compiutamente dell’assassinio di mio marito, cosa esso avesse rappresentato, fino a quando non lo hanno approfondito a scuola. Un omicidio compiuto con sfrontatezza e portato a termine con un modo arrogante e temerario.

IL PERICOLO DEI FALSI MITI: DOVER CONOSCERE LA ‘NDRANGHETA PER PROTEGGERSI

I ragazzi devono conoscere per capire e così proteggersi dai pericoli, affinché non siano trascinati e magari affascinati da falsi miti. Le posizioni nella società e nella vita si costruiscono e si conquistano con impegno, sacrificio e onestà. Oggi va di moda il mafioso manager, ma questa figura non ha cancellato la manovalanza, che serve per gestire il territorio di provenienza. Sarebbe un errore pensare che la gestione delle realtà criminali locali faccia parte del passato». Maria Grazia Laganà non si tira mai indietro, quando deve affrontare temi così delicati, ma importanti per la crescita sana dei ragazzi.

IL RICORDO QUOTIDIANO IN FAMIGLIA: “COSA AVREBBE DETTO PAPÀ?”

Ha due figli, Anna e Giuseppe, entrambi medici, che con lei hanno avuto la capacità di metabolizzare, facendo quadrato, una tragedia come quella che si è abbattuta a valanga sulle loro spalle. «Ogni giorno parliamo di Franco – ci spiega – e a lui rivolgiamo sempre il nostro pensiero, quando abbiamo da prendere decisioni sia legate alla quotidianità, sia quelle che richiedono maggiore attenzione. Ci chiediamo: cosa avrebbe detto o fatto papà? E ci rispondiamo che avrebbe agito nel modo considerato più giusto e leale. Ci aiuta molto e ci fa ritrovare sempre di più». In un’altra stanza giocano i nipotini, un segnale bellissimo di futuro e di serenità, che alimenta il desiderio di essere propositivi e di aiuto alla comunità.

L’ERGASTOLO AI KILLER E LA DOMANDA IRRISOLTA: “PERCHÉ STRAPPARE UNA VITA COSÌ?”

Maria Grazia Laganà non ha mai smesso di lottare e di chiedere che si cercasse di capire se dietro il delitto di suo marito ci fosse un livello superiore. All’ergastolo si trovano oggi cinque persone, rispetto alle quali, a seguito di una nostra precisa domanda, spiega che non pensa di volerli incontrare e quindi di non avere niente da chiedere. «Ma se capitasse, vorrei solo sapere perché si sia dovuta strappare la vita ad un uomo, privando i propri figli e la propria moglie di una fonte di così grande amore. Sa, Franco, anche nel pieno dell’impegno politico, non ha mai fatto mancare la sua presenza. Appena sapeva che i ragazzi rientravano da scuola – ricorda Laganà – telefonava per informarsi su come fosse andata la loro giornata. Voleva essere aggiornato su tutto. È stato un esempio, lo posso affermare con assoluta serenità. Come marito è stato meraviglioso e attento. Eravamo sempre insieme, era mite, dolce, ma sapeva, all’occorrenza, essere forte». Poi i ricordi della missione, la considerava tale, di medico, racconti di episodi emozionanti e di soddisfazioni umane infinite. Ascoltiamo la dottoressa Laganà e quel perché da lei pronunciato diventa il nostro quesito. Prima o dopo, la storia degli uomini dovrà dare risposte.

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