La strage di Gioia Tauro inaugurò il sodalizio tra estrema destra eversiva, mafia e pezzi deviati dello Stato
- Postato il 22 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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C’è una pagina buia della storia del Sud e dell’Italia che per anni è stata ignorata. Ancora oggi è poco conosciuta, eppure rappresenta il momento in cui viene consolidato il sodalizio fra l’estrema destra eversiva, la mafia e pezzi deviati dello Stato. Sto parlando della Strage di Gioia Tauro del 22 luglio 1970. Sul treno Freccia del Sud Palermo-Torino viaggiano 200 passeggeri. Alle 17.10, quando il convoglio arriva all’altezza degli scambi per la stazione di Gioia Tauro, improvvisamente cala un buio che durerà decenni. Vengono avvertiti dei colpi, dei sobbalzi. I passeggeri si sentono mancare la terra sotto alle rotaie.
I convogli del treno deragliano provocando una vera e propria strage: 6 morti e 70 feriti. La città è sconvolta. C’è chi dice di aver visto brandelli di corpi lungo la ferrovia. Ma ciò non desta alcun sospetto. Si ipotizzano errori dei macchinisti o un tragico incidente. C’è chi, anche fra gli inquirenti dell’epoca, continua a ripetere di non criminalizzare la Calabria. Per anni la pista dell’attentato rimane solo un dubbio su cui non sono state fatte indagini. Eppure, ci sono almeno tre episodi che sono collegati a quel fatto: i moti della vicina Reggio Calabria, banco di prova della destra eversiva che fomenta la rivolta popolare al grido di “boia chi molla”, contro la decisione di istituire Catanzaro come capoluogo di regione; il famoso summit di Montalto, momento storico centrale per l’evoluzione della ‘ndrangheta; altri piccoli attentati che si registrano senza fare troppo rumore, oltre a un inquietante incidente di cinque anarchici.
La rivolta di Reggio Calabria si colloca pienamente nella strategia della tensione di quegli anni: a metà strada tra la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 e il tentato golpe Borghese, nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970. Proprio nel 1969, in contrada Serro Juncari, nel cuore dell’Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria, la ‘ndrangheta organizza uno degli incontri più significativi di sempre. A questo vertice partecipano numerosi esponenti delle cosche calabresi e personalità legate all’estremismo politico di destra. Il giorno prima si sarebbe dovuto svolgere a Reggio il comizio di Junio Valerio Borghese, fondatore del Fronte Nazionale, poi non autorizzato.
Il vertice di Montalto rappresenta per la ‘ndrangheta il momento in cui venne palesata l’esigenza di trovare alleati nel mondo politico e pezzi deviati dello Stato. E oltre alla questione del capoluogo, si tratta anche per l’inizio del periodo dei sequestri di persona. Insomma, si stabilisce la nuova linea per l’evoluzione della ‘ndrangheta. Negli anni ’90 il giudice istruttore Guido Salvini e il sostituto procuratore della Repubblica Vincenzo Macrì interrogarono alcuni pentiti di ‘ndrangheta che avevano militato tra criminalità organizzata e Avanguardia nazionale. Uno di questi, Giacomo Ubaldo Lauro, ha dichiarato spontaneamente che la strage di Gioia Tauro è nata su input della fazione estremista di Reggio Capoluogo. Disse anche di aver ricevuto la confessione di Vito Silderini, che si era dichiarato esecutore materiale insieme a Vincenzo Caracciolo e Giuseppe Scarcella.
Le indagini a quel punto vengono riaperte e soltanto tra il 2001 e il 2006 si stabilisce che è stato un attentato. Quando sono arrivate le condanne Caracciolo, Scarcella e Silderini erano già deceduti e su molte cose sono rimaste una serie di ombre. Lauro, unico vivente, non viene condannato per la strage ma per concorso anomalo in omicidio plurimo quando il reato era già estinto per prescrizione. La Corte d’Assise di Palmi, nel 2001, nella sentenza di assoluzione nei confronti di Lauro per strage, cita anche un volantino, del gruppo anarchico Bielli del 17 maggio 1973, trasmesso dalla procura di Salerno a quella di Palmi ai tempi. Nessuno gli diede peso.
Eppure, in quel volantino veniva denunciato il comportamento della polizia e della magistratura, impegnati a nascondere la natura fascista della Strage di Gioia Tauro e alle 6 vittime del deragliamento ne venivano aggiunte altre 5. Si tratta dei cinque anarchici che avevano perso la vita “in un incidente stradale fatto passare come tale” (lo scontro con un camion guidato da un esponente del Fronte nazionale di Borghese) verificatosi il 27.09.1970, in realtà uccisi perché avevano svolto un’indagine e avevano scoperto delle responsabilità su quell’attentato.
Ma all’epoca erano solo “congetture…” di cui non si doveva parlare e che però hanno inciso sul destino del Paese e sul futuro stesso delle organizzazioni criminali.
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