La storia della soia, dagli investimenti di Ford alle contraddizioni di oggi. L’80% diventa mangime negli allevamenti

  • Postato il 29 ottobre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Dall’olio al tofu, dalle barrette di cioccolato al mangime per animali, dal latte e alla cera per i pastelli al biodiesel, fino all’inchiostro dei giornali. La soia si trova in molti degli alimenti che mangiamo e nella sua lunga storia è stata utilizzata per una infinita varietà di oggetti, ma oggi circa l’80% della produzione mondiale viene destinata a mangime per gli animali negli allevamenti. Famosa per i semi ricchi di proteine e oggi diventata pure asset strategico tra potenze (leggi l’approfondimento), ha origini in Cina, dove i fagioli di soia selvatici (Glycine soja) si utilizzavano già novemila anni fa, mentre la sua coltivazione sistematica è iniziata quattromila anni dopo. Negli Stati Uniti, la soia è arrivata solamente nel XVIII secolo e subito se ne notò la resistenza, la capacità di essere coltivata ovunque e il fatto che si prestasse a diverse lavorazioni, non sono nel settore alimentare. Tant’è che uno dei suoi sostenitori più accaniti fu Henry Ford, tra i fondatori della Ford Motor Company. Il suo consumo è da decenni al centro di dibattiti di varia natura, legati al fatto che viene prevalentemente coltivata in monoculture (con effetti su deforestazione e biodiversità) e che la maggior parte è Ogm. Negli Stati Uniti, quasi tutti i semi sono Ogm, perché così le piante sono resistenti agli erbicidi, agli insetti e pure ai cambiamenti climatici. Insomma, la modificazione genetica consente di coltivare in aree sterminate, anche laddove una volta era impensabile. Pure nel bel mezzo della Foresta Amazzonica.

Le proprietà nutrizionali della soia – Uno dei motivi per cui la soia è molto utilizzata come mangime per animali è rappresentato dal suo contenuto di nutrienti, in primis di proteine. Il legume secco contiene 37 grammi di proteine ogni 100 grammi di prodotto, mentre fagioli e lenticchie ne contengono rispettivamente 23,6 e 22,7 grammi. Ma è molto ricco anche di ferro, di calcio (il doppio rispetto ai ceci e quattro volte in più rispetto a lenticchie e piselli) ed è un’ottima fonte di fibre. Contiene anche più grassi: il triplo, per esempio, rispetto ai ceci.

Un po’ do storia: dalla vernice per auto al latte di soia – Se in Oriente la soia era stata sempre utilizzata a scopo alimentare (ma anche come medicina), non fu così quando arrivò negli Stati Uniti. La Ford Motor Company possedeva diversi terreni coltivati a soia ed Henry Ford si occupò in prima persona della produzione di olio di soia per verniciare automobili e di materia plastica prodotta a partire dalla fava di soia per la costruzione di accessori di carrozzeria. Nel 1934, Ford aprì anche il suo primo stabilimento produttivo di latte di soia, nel Michigan. Il progetto non andò a buon fine. Fu il medico missionario Harry W. Miller a riprovarci qualche anno dopo a Shangai, con una serie di esperimenti, fino all’intuizione di utilizzare la distillazione a vapore. La produzione iniziò e fu interrotta dall’invasione giapponese, ma Miller proseguì il suo lavoro in Ohio con sui marchi. Il mercato, però, non era pronto. Andò meglio a quello prodotto qualche anno dopo dalla Vitasoy di Kwee Seong Lo, imprenditore, collezionista d’arte e filantropo di Hong Kong. Negli anni Novanta, poi, l’inizio della rivoluzione, quando alcuni studi collegarono il consumo della soia a livelli più bassi di colesterolo. Nel frattempo, però, la soia stava diventando l’alimento base della dieta degli animali.

Il prezzo di una diffusione esponenziale – Negli ultimi decenni, la richiesta globale di soia è aumentata a livelli esponenziali. La sua produzione, però, si è sempre concentrata soprattutto in pochi Paesi, come Stati Uniti, Brasile, a Argentina. Se fino a qualche anno fa il maggiore produttore di soia erano gli Stati Uniti, oggi lo è il Brasile, con oltre 120 milioni di tonnellate all’anno. E proprio con l’aumento della percentuale di soia proveniente dal Brasile, sono venute a galla una serie di contraddizioni. Perché la soia viene coltivata perlopiù in monocolture che degradano il suolo e distruggono la biodiversità. È uno dei simboli dell’agricoltura intensiva che richiede grandi quantità di pesticidi e fertilizzanti, con effetti sulla salute delle persone (Leggi l’approfondimento). E proprio in Sud America, per lasciare spazio a estese piantagioni di soia, è stato documentato come comunità indigene e i piccoli agricoltori siano stati costretti ad abbandonare le loro terre. La coltivazione di soia rappresenta la seconda causa di distruzione delle Foreste dell’Amazzonia. Altro tema: la maggior parte della soia coltivata nel mondo è Ogm, quindi ottenuta da semi modificati per essere più resistenti a insetti ed erbicidi. In Argentina lo è quasi tutta, negli States la percentuale è del 90%, in Brasile circa il 70%. In Europa, l’Italia è il primo produttore di soia. È vietato coltivare quella transgenica che, però, si può importare. E l’80% di quella utilizzata viene importata. Significa che carne, uova e latte che si acquistano al supermercato possono arrivare da animali nutriti con mangimi contenenti Ogm.

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Il Fatto Quotidiano

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