“La scienza cambia prospettiva alle domande fondamentali”: le lezioni americane di Rovelli

  • Postato il 27 ottobre 2025
  • Libri E Arte
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La domanda implica la conoscenza. E la conoscenza, spiega Carlo Rovelli, è sempre parziale e fallibile. Ma anche possibile. “Non so tutto della felicità dei pesci, come non so tutto di me. Ma proprio come Zhuang Zi, qualcosa so”. Alla presentazione del libro edito da Adelphi Sull’eguaglianza di tutte le cose, in un teatro Dal Verme pieno di gente, il fisico Rovelli incontra il Rovelli filosofo. Due modi di stare al mondo, due prospettive differenti, che si uniscono e si eguagliano. Proprio come tutte le cose: “Capiamo il mondo in maniera unitaria. Cose che sembravano separate non lo sono: sono varianti della stessa cosa, dello stesso modo di essere nella natura. I numeri e i sassi, il corpo e l’anima, gli unicorni e i gatti, sono forme diverse di esistenza, che non guardiamo da fuori, ma da dentro. Siamo parte del mondo, e del mondo possiamo cogliere qualcosa“.

Nel teatro milanese la platea è piena. Ragazzi, anziani, famiglie e bambini. Tutti applaudono e sorridono. Non è solo la presentazione di un libro, è una festa. All’uscita, una ragazza acchiappa un suo amico per la manica della giacca: “Voglio rileggere Esercizi di stile di Raymond Queneau, ogni singola cosa può essere raccontata in mille modi diversi!”. Anche la serata moderata da Luciano Fontana, direttore del Corriere della sera: occasione di confronto su cosa sia la scienza, dibattito sull’eredità di filosofi come Ludwig Wittgenstein e Karl Popper, messa in discussione del dominio della tecnica. “La fisica non risponde alle domande fondamentali, ma ci permette di cambiare prospettiva”. Ogni verità è parziale, ha un angolo cieco, è una prospettiva sul mondo. Ogni nozione si illumina a vicenda. Accettare che non ci sia un punto finale a cui ambire, spiega Rovelli, libera e apre al dialogo.

Proprio dal dialogo – da vari dialoghi – nasce anche il saggio adelphiano. Con un sottotitolo di calviniana memoria, “lezioni americane“, il libro affronta gli stessi temi oggetto di una serie di incontri a cui Rovelli ha partecipato su invito del dipartimento di Filosofia dell’Università di Princeton a novembre e dicembre 2024. A partire dal confronto – e dal disaccordo vivace, come sottolinea il fisico – con Hans Halvorson, Gideon Rosen, Mark Johnston e tutti i membri della facoltà americana, le pagine ripartono dalle implicazioni filosofiche della rivoluzione scientifica in corso, rivolgendosi però non ai soli addetti ai lavori, non a scienziati e filosofi della scienza, ma ad ogni lettore curioso di scoprire “cosa comporti la scienza moderna per le domande filosofiche di sempre”.

“Da adolescente pensavo avrei trovato loro risposta, ora so che la risposta è accettare di non poterne dare mai una definitiva”. Rovelli si emoziona ripensando agli anni del liceo. Nella platea ci sono anche alcuni amici di allora, li indica e sorride: “Loro si ricordano com’ero, sanno chi ero e perché sono diventato uno scienziato”. La postura è evidentemente cambiata, spiega, ma non in forma di resa: “Abbandonare le certezze e rinunciare ad avere fondamenti ultimi è una liberazione, anche dall’angoscia”. Perché, spiega, le verità finali non sono raggiungibili, non sono utili, e non ci riguardano. Con buona pace di Wittgenstein.

Il titolo del volume richiama il secondo capitolo del Zhuangzi, l’antico testo cinese che, insieme al Tao Te Ching, costituisce uno dei due testi fondamentali del taoismo. La scelta allude all’antifondazionalismo “a cui ritengo ci conduca la scienza moderna: elettroni e mente, sassi e leggi, giudizi e galassie non sono di natura essenzialmente diversi gli uni dagli altri”. Così, l’uomo può rinunciare alla propria centralità: “Abbiamo persino antenati in comune con le farfalle. Siamo parte della natura, possiamo rivolgerci a lei dandole del tu. E questo è bellissimo, perché siamo a casa”.

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Il Fatto Quotidiano

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