La Russia in coda per la benzina: gli attacchi ucraini alle raffinerie stanno lasciando il segno

  • Postato il 26 settembre 2025
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“Estenderemo il divieto di esportazione della benzina fino alla fine dell’anno”. Ieri il vice premier russo Alexander Novak, con questa dichiarazione, ha comunicato che presto verranno bloccate anche le esportazioni di gasolio per lo stesso periodo di tempo: Mosca, adesso, deve proteggere le sue forniture interne. Al Cremlino non negano una carenza energetica che renderà il prossimo mese “difficile”. Anche se l’annuncio ufficiale del divieto non è ancora arrivato, le code per la benzina in alcune città della Federazione sono diventate già specchio di un’emergenza che sta colpendo il mercato interno russo. A soffrire è soprattutto la penisola di Crimea dove, secondo alcuni media, metà delle stazioni di servizio è a secco.

Le conseguenze della guerra stanno contagiando quello che è diventato il nodo cruciale del conflitto nel quarto anno di battaglie al fronte ucraino. L’iniziativa di Novak è in linea con la stretta imposta anche dal ministero delle Finanze russo, che propone l’aumento dell’Iva (dal 20 al 22%) per lo sforzo economico da sostenere al fronte ucraino. La misura ruota attorno alla stessa problematica e punta a sostituire quei fondi finora generati dalle entrate delle vendite di petrolio e gas con le imposte che pagheranno imprese e popolazione.

Il carburante scarseggia ed è diventato sempre più costoso (è salito di oltre il 40% da inizio anno), ma l’emergenza non sorge dal nulla. A causare questo avvitamento, dicono gli esperti, è stata soprattutto l’ondata di attacchi pianificati da Kiev. Le tattiche operative sono ormai chiare: stormi di droni volano a tappeto sulla mappa russa, lungo crocevia strategici, e vanno a segno contro raffinerie, siti di stoccaggio e infrastrutture degli impianti energetici. Quello degli ucraini non è più azzardo militare, ma una campagna rodata che, a colpi di attacchi con velivoli capaci di percorrere distanze siderali, sta ottenendo, secondo alcuni esperti, più risultati, in termini di danni inferti, di qualsiasi altra campagna organizzata dalle truppe di Zelensky dall’inizio del conflitto.

Almeno sedici delle quasi quaranta raffinerie russe sono state colpite da agosto scorso (tra queste anche uno dei più grandi impianti di lavorazione del carburante, situato a Ryazan). Secondo il Financial Times, le operazioni ucraine hanno determinato le interruzioni di forniture per il mercato interno e spinto le esportazioni di diesel russo ai livelli più bassi dal 2020. La capacità russa è stata ridotta di oltre un milione di barili al giorno e, scrive ancora il quotidiano, “le esportazioni di diesel, se manterranno il ritmo attuale, scenderanno al totale mensile più basso a settembre dal 2020”.

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Il Fatto Quotidiano

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