Ahmad al Sharaa, l’uomo delle prime volte: dal turbante al doppio petto, storia dell’ex jihadista che ora parla ai potenti del mondo

  • Postato il 23 settembre 2025
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“Sono stato io a mettere una taglia da dieci milioni di dollari sulla sua testa”. Per David Petraeus, ex direttore della CIA, non è sembrato vero ritrovarsi faccia a faccia, nella sala conferenze del Concordia Summit a New York, con Ahmad al Sharaa, presidente ad interim della Siria, sul cui capo aveva messo una ricompensa enorme perché ricercato per terrorismo. Ma Abu Mohamad al Jolani, nome di battaglia di Ahmad al Sharaa, è l’uomo delle prime volte. È infatti il primo presidente siriano a partecipare ad una assemblea generale delle Nazioni Unite: non accadeva dal 1967, quando al potere a Damasco c’era il generale Nureddin Atassi, e la guerra dei sei giorni, fra Israele e Siria, aveva isolato quest’ultima. Al Sharaa è anche il primo capo di Stato ad aver scontato una pena per terrorismo, cinque anni, dal 2006 al 2011, in vari centri di detenzione statunitensi in Iraq, fra i quali Abu Ghraib. Dopo essere stato liberato, convincendo le autorità irachene di essere un loro concittadino imprigionato per errore, la parabola di Al Jolani accellera. Sono gli anni della guerra civile in Siria. Insieme a una rete di miliziani a lui fedeli, fonda il fronte al Nusra, braccio siriano di alQaida, all’inizio alleato dello Stato Islamico guidato da Al Baghdadi.

Il pragmatismo di Jolani lo porta a scindere i legami prima con l’Isis, poi con al Qaida e a cambiare il nome del gruppo armato in Fronte di liberazione del Levante. Il resto è storia, una storia che trova compimento un anno fa, l’8 dicembre del 2024, quando, in meno di dieci giorni, Ahmad al Sharaa insieme a un variegato fronte di milizie partito da Idlib, roccaforte dell’insurrezione, arriva a Damasco ponendo fine al regime cinquantennale della famiglia Assad. Al palazzo di Vetro, mentre fremono i preparativi per l’80esima assemblea generale delle Nazioni Unite, Asaad al Shibani, ministro degli esteri siriano, ha preparato una agenda fitta d’incontri per al Sharaa. I dossier sul tavolo sono molti. A cominciare dalle relazioni con Israele che, dalla caduta degli Assad, ha occupato diverse decine di km quadrati intorno all’area del Golan. Ma, scrive il Jerusalem Post, “un accordo per il confine fra i due paesi potrebbe arrivare a giorni”. Magari potrebbe venir siglato nei corridoi delle Nazioni Unite, dove le delegazioni dei paesi s’incontrano in sale laterali. “Sicuramente Damasco non aderirà agli accordi di Abramo” hanno ripetuto fonti governative citate dalla stampa siriana.

L’ex qaedista al Sharaa, che al suo seguito avrà anche la ministra agli affari sociali Hind Aboud Kabawat, cristiana di Damasco, dovrà anche dare rassicurazioni agli Stati Uniti di poter fermare le violenze contro i drusi nella regione di Suwayda, nel sud del paese. Le tensioni fra drusi e beduini, sfociate in alcuni massacri contro i civili, perpetrati da ambo le parti, hanno spinto il governo siriano a inviare l’esercito che, a sua volta, ha compiuto violenze contro la minoranza drusa – come riporta anche Amnesty International. Replicando quanto avvenuto mesi fa sulla costa siriana, a danno della minoranza alawita di cui faceva parte la famiglia Assad. Il trasformista al Sharaa, ora in giacca e cravatta, esteticamente in antitesi con l’immagine di se che aveva fino a un anno fa, con barba lunga e turbante in testa, sa di dover dare rassicurazioni e cercare l’appoggio degli Stati Uniti e di altri paesi dell’Occidente, che hanno rimosso – solo temporaneamente – molte delle sanzioni imposte al paese all’epoca della dittatura di Bashar al Assad. Il 24 settembre Ahmad al Sharaa, ex al Jolani, potrebbe pronunciare un discorso a New York, in seduta plenaria, e aprire un’altra pagina di storia. Mostrandoci come nel mondo arabo non comandino il bianco e il nero: ma le sfumature.

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