La resurrezione di un mito: la Jaguar E-Type“Imola 91” torna in pista

  • Postato il 15 aprile 2025
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La resurrezione di un mito: la Jaguar E-Type“Imola 91” torna in pista

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Ci sono automobili che non sono solo automobili. Sono sogni su quattro ruote, poesie d’acciaio e carburante, reliquie di un tempo in cui la meccanica era un’arte e la velocità un sentimento. La Jaguar E-Type è una di queste. Non una macchina qualunque, ma un’icona, un totem pagano venerato da chi, di fronte a una carrozzeria sinuosa e a un rombo profondo, quello del motore XK che ha dominato per anni a Le Mans, sente ancora battere il cuore. E tra le sue molte incarnazioni, ce n’è una che brilla come una stella polare nel firmamento del motorsport: la “Imola 91”. 

30 ANNI DI SILENZIO

Dopo trent’anni di silenzio – o meglio, di riposo – eccola tornare in pista, vestita di bianco come una sposa d’altri tempi, pronta a ruggire ancora sotto i cieli delle competizioni storiche. Il ruggito arriverà il 26 e 27 aprile 2025, quando l’Autodromo di Magione ospiterà il Trofeo Italia Storico, evento dedicato alle auto d’epoca da competizione. Tra i nomi di spicco, Adriano Nicodemi, leggendario preparatore padovano, primo in Italia a lavorare su questa Jaguar e-type. Considerato il “padre putativo” della celebre Imola91, Nicodemi porterà in pista la sua passione e la sua eredità, promettendo un weekend di pura adrenalina per gli appassionati di motorsport storico.

MOSTRI SACRI IN PISTA

Ma andiamo per gradi. Rewind. Siamo nel 1991, a Imola, sul circuito che porta il nome di Santerno e il peso della leggenda. Piove, il cielo è un lenzuolo grigio bucato da lampi, l’asfalto uno specchio traditore. È il Grand Prix Historic, un evento collaterale alla Formula 1, e in pista si sfidano mostri sacri: Ferrari P2, Ferrari 250 lm, Ford Mustang , AC Cobra, Alfa TZ, Lister Jaguar. Nomi che evocano epoche d’oro, piloti con il casco e il coraggio di chi sa che la gloria è un rischio calcolato. Ma quel giorno, a rubare la scena, è una Jaguar E-Type bianca, guidata da un uomo solo, Gianluca Bardelli. Un’ora di gara, senza staffetta, senza cambi, solo lui e la sua macchina contro tutti. E vince. Batte vetture più blasonate, piloti del calibro di Tambay, Regazzoni, Piper, Casoni. Una vittoria che sa di epopea, di quelle che si raccontano davanti a un camino con un bicchiere in mano, mentre fuori il mondo corre troppo veloce per capire.

FABIO BERTAGNI

Rewind, un altro po’… Tutto inizia negli anni Settanta, quando Fabio Bertagni, un sognatore con il pallino delle corse, acquista questa E-Type e decide di farla danzare sulle piste. Non è un capriccio: è una missione. Su consiglio di Piero Rizzi, pilota e amico, Bertagni bussa alla porta di Nicodemi, un padovano che con le Jaguar ha un rapporto quasi mistico. Nicodemi non prepara auto: le capisce, le plasma, le rende vive. Sotto le sue mani, Imola91 si trasforma. Nel 1982, la vernice diventa giallo sole, e la E-Type comincia a scrivere la sua leggenda. A Vallelunga vince, a Monza si batte come una leonessa. È lì, alla Coppa Intereuropa, che il destino le strizza l’occhio: Giorgio Francia su un’Alfa Romeo TZ e Fabrizio Violati su una Ferrari 250 GTO – squalificata per un motore troppo “esuberante” – le lasciano il campo libero. Bertagni, al volante, taglia il traguardo con un sorriso che vale più di un trofeo. Imola91 non è solo veloce: è magnetica, è poesia su quattro ruote.

GIAMPAOLO BENEDINI

Poi, come ogni bella storia, cambia proprietario e colore. Giampaolo Benedini, architetto con il cuore da pilota, la veste di blu e la porta a nuove glorie. Due Coppe Italia, un terzo e un secondo posto, sempre a un soffio da Giorgio Schon, che sembra il suo eterno rivale. Ma il momento che la consacra è un altro. È il 1989, al Motor Show di Bologna, quando Luca Grandori, direttore di Autocapital, organizza una sfida epica: Italia contro Inghilterra. 

DUE LEGGENDE VIVENTI

Nel padiglione 48, sotto gli occhi di migliaia di spettatori, arrivano due leggende viventi: John Surtees e Stirling Moss. Benedini, con un gesto che sa di cavalleria, presta Imola91 a Surtees. E l’inglese, come prevedibile, non delude: vince le prefinali, lasciando Moss sulla sua Lotus Elan e Albert Obrist sulla Ferrari 250 GTO a mangiarsi la polvere. Imola91, in quel momento, non è più solo un’auto: è un simbolo.

GIANLUCA BARDELLI

Gli anni passano, e la Jaguar trova un nuovo compagno di viaggio in Gianluca Bardelli, figlio di un preparatore che con le Pantera De Tomaso ha fatto tremare le piste. Insieme, padre e figlio, la curano come un’opera d’arte, la fanno correre, vincere, sognare. Il 1991 è l’anno del coronamento: Imola91 trionfa al Gran Premio Storico di Imola, un nome che le si cuce addosso come un destino. È il suo apogeo, il momento in cui il rombo del suo motore sembra raccontare tutto: la fatica, la gioia, l’orgoglio di chi l’ha guidata e di chi l’ha costruita.

Oggi, Gianluca Bardelli guarda a Imola91 con la consapevolezza di chi sa di avere tra le mani non solo un’auto, ma un’eredità. E il suo desiderio è chiaro: riportarla alle origini, a quell’Adriano Nicodemi che per primo ne intravide l’anima.

Ma chi è questo Gianluca Bardelli? Non un signor nessuno, bensì l’erede di una dinastia motoristica. Figlio di Gianfranco, che negli anni ’70 gestiva a Roma un’officina autorizzata Alfa Romeo, Iso Rivolta e Jaguar, frequentata da divi come Marcello Mastroianni e Little Tony (e Rita Pavone, con la sua E-Type rosa, chissà se scelta per vezzo o per sfida). Gianluca cresce tra chiavi inglesi e pistoni, prima meccanico, poi collaudatore, infine pilota. La sua passione nasce su strada, ma è in pista che trova la sua dimensione. Negli anni ’80 domina rally e circuiti, dalla Targa Florio al Mugello, spesso al volante di Jaguar che sembrano danzare sotto le sue mani. E poi arriva Imola, il 1991, e quella E-Type che diventa leggenda. Tredici vittorie su quindici gare, un palmarès che farebbe invidia a un generale napoleonico.

Oggi, a distanza di tre decenni, “Imola 91” torna a vivere. Non è solo un’auto da corsa, sia chiaro: è un pezzo di storia, un documento con le gomme e il volante. Ha il suo FIA Historic Technical Passport, un pedigree che la rende regina delle competizioni d’epoca, e una livrea bianca che è un manifesto, un ricordo scolpito nella memoria di chi c’era. Ma non è solo questione di nostalgia. È il simbolo di un’epoca in cui la velocità era un’arte manuale, non un algoritmo, e competizione un duello tra uomini, non tra dati.

CERTI AMORI NON FINISCONO 

E allora, vederla di nuovo in pista non è solo un evento sportivo. È un atto di resistenza culturale, un modo per dire che il passato non è un museo polveroso, ma un fuoco che può ancora scaldare. Gianluca Bardelli, con la sua E-Type, ci ricorda che le macchine non sono solo mezzi di trasporto: sono storie, emozioni, pezzi di noi. E quando il motore si accenderà, sotto il casco di chi la guiderà, sentiremo ancora il brivido di quel giorno di pioggia a Imola. Perché, come canta Venditti, “certi amori non finiscono. Fanno dei giri immensi e poi ritornano. Amori indivisibili, indissolubili, inseparabili”. La storia di Bardelli e la sua Jaguar. Di Imola 91 e del suo ritorno in pista.

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