La prima "radiografia" di uno tsunami dallo Spazio
Postato il 6 dicembre 2025
Di Focus.it
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Un satellite della NASA e del CNES ha osservato uno tsunami con un livello di dettaglio mai raggiunto finora, aprendo la strada a modelli più accurati e, in prospettiva, a sistemi di allerta più tempestivi ed efficaci.. Il satellite nato con un altro compito. Il protagonista della vicenda è SWOT (Surface Water and Ocean Topography), il satellite lanciato nel 2022 con l'obiettivo di misurare l'altezza delle superfici d'acqua di tutto il pianeta — dagli oceani ai grandi laghi, dai fiumi alle correnti costiere. La sua tecnologia chiave, un radar interferometrico a banda Ka (un tipo di radar che usa onde radio ad alta frequenza, banda Ka, e due antenne che lavorano insieme per misurare con estrema precisione le differenze di altezza della superficie dell'acqua), consente di acquisire immagini della superficie marina su fasce larghissime, con una risoluzione che supera di gran lunga quella dei satelliti altimetrici tradizionali.. Al posto giusto, nel momento giusto. Per anni SWOT ha lavorato studiando correnti minori e variazioni sottilissime del livello del mare. Poi, il 29 luglio 2025, un terremoto di magnitudo 8,8 nella zona di subduzione delle Isole Curili-Kamčatka, al largo della Russia orientale, ha generato un potente tsunami nel Pacifico settentrionale. Proprio in quel momento, SWOT stava sorvolando l'area.. Radiografia di uno tsunami. L'incrocio tra i dati del satellite e le misurazioni di tre boe del sistema DART (Deep-ocean Assessment and Reporting of Tsunamis) ha permesso ai ricercatori di ottenere la prima "radiografia" completa della propagazione di un'onda di tsunami in mare aperto. Ciò che è emerso ha sorpreso gli esperti: lo tsunami non si è comportato come un'unica grande onda compatta — come suggerivano molti modelli — ma ha mostrato un'evidente struttura dispersiva, frammentandosi in un fronte principale e in una serie di onde minori che lo seguivano a distanza.. Una rivoluzione. Tradizionalmente infatti, i modelli degli tsunami — soprattutto quelli generati da forti terremoti di subduzione — assumono che queste onde non siano dispersive. Ciò significa che l'energia si concentra in un'unica grande onda o in un fronte molto compatto, tutte le componenti dell'onda (lunghezze d'onda diverse) inoltre, viaggiano più o meno alla stessa velocità e durante la propagazione in mare aperto lo tsunami mantiene una forma stabile, cambiando pochissimo prima di arrivare vicino alle coste.
Questa idea deriva dal fatto che gli tsunami hanno lunghezze d'onda enormi (centinaia di chilometri) e un periodo molto lungo (dai 10 ai 60 minuti): in queste condizioni, la teoria classica prevede che la dispersione sia trascurabile. Le misurazioni del satellite SWOT indicano invece, che lo tsunami del 2025 non era un'unica onda, Non mostrava un solo fronte netto, ma una struttura più complessa. Inoltre il fronte si è frammentato in più componenti. I dati mostrano un fronte principale molto energetico, seguito da una "coda" di onde più piccole, ma chiaramente organizzate e coerenti. Questa frammentazione è tipica dei fenomeni dispersivi e in un'onda dispersiva, le lunghezze d'onda diverse viaggiano a velocità diverse e l'onda si "sfianca", si allarga o si scompone.. Perché la dispersione è importante (e inattesa). L'idea che uno tsunami oceanico possa essere più dispersivo del previsto è sorprendente perché implica che l'energia non si propaga in un unico "blocco" e suggerisce che l'interazione con la batimetria (la forma del fondale) potrebbe essere più complessa di quel che si pensava e ciò rende il comportamento dell'onda meno prevedibile con i modelli attuali, che assumono poca o nessuna dispersione.
Conseguentemente può cambiare la tempistica degli arrivi sulle coste, perché singole sottocomponenti possono rallentare o accelerare, può influenzare la distribuzione dell'energia: non solo la prima onda può essere pericolosa, ma anche quelle successive.. Perché solo SWOT è riuscito a vederlo. I satelliti precedenti osservavano lo tsunami come una sola linea di dati, passando perpendicolarmente al fronte: troppo poco per capire la struttura tridimensionale dell'onda. SWOT, invece osserva una fascia larga fino a 120 km, misura l'altezza superficiale con una risoluzione di pochi centimetri e permette di ricostruire l'intera forma dell'onda, non solo un profilo.
Questa nuova "vista dall'alto" ha permesso di rilevare caratteristiche che prima erano completamente invisibili. «SWOT è come un nuovo paio di occhiali», spiega Angel Ruiz-Angulo, oceanografo fisico dell'Università d'Islanda e primo autore dello studio pubblicato su The Sismic Record. «Con i dati delle boe potevamo vedere lo tsunami solo in punti isolati dell'oceano. I satelliti precedenti mostravano, nel migliore dei casi, una singola striscia attraverso la perturbazione. SWOT ci offre invece un'immagine larga fino a 120 chilometri, con una risoluzione che non avevamo mai avuto».
Questa capacità permette di cogliere non soltanto l'altezza dell'onda, ma anche la sua forma complessiva, le variazioni laterali, la dispersione e l'interazione con la batimetria oceanica. Per gli studiosi si tratta di informazioni preziosissime: conoscere meglio la struttura di uno tsunami in mare aperto significa migliorare in modo significativo i modelli numerici utilizzati per prevedere quando e come colpirà le coste.. Migliorare le previsioni. SWOT e i futuri satelliti simili potrebbero contribuire al monitoraggio quasi in tempo reale degli tsunami, integrando i sistemi tradizionali basati sulle boe e sui sismografi. Non si tratterebbe di sostituire le reti esistenti, ma di affiancarle con una nuova capacità osservativa capace di "vedere" l'onda nel suo insieme..