La Melegatti diventa irlandese: passa alla multinazionale Valeo Foods
- Postato il 2 luglio 2025
- Business
- Di Forbes Italia
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Al numero 21 di corso Porta Borsari, il decumano massimo della Verona romana, ci sono due pandori di pietra. Decorano le terrazze al quarto piano del palazzo in cui, nel 1894, il pasticciere Domenico Melegatti fondò l’azienda che porta il suo nome. Il 14 ottobre di quell’anno Melegatti ricevette il certificato di privativa industriale dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio del Regno d’Italia per aver inventato il nome, la forma e la ricetta del pandoro.
Da oggi, mercoledì 2 luglio, Melegatti non ha più una proprietà italiana. L’ha acquistata Valeo Foods, una multinazionale con sede a Dublino che possiede circa 50 marchi di dolci, snack e prodotti da forno, tra cui l’altra italiana Balconi.
L’invenzione del pandoro
Melegatti, figlio di un pasticciere molto conosciuto a Verona, prese l’idea del pandoro da un’antica tradizione cittadina. Come raccontava un articolo dell’Arena del 2018, la vigilia di Natale, nelle cucine contadine, si preparava il ‘levà’, un impasto di pane lievitato con uvetta, mandorle e pinoli. Melegatti eliminò la frutta secca e aggiunse lievito, uova, burro e zucchero. Inventò anche un ‘forno a calore continuo’ per cuocere il dolce in modo uniforme. Secondo la leggenda il nome, scriveva ancora l’Arena, lo coniò un garzone che, guardando una fetta illuminata da un raggio di sole, lo definì “un pan de oro”.
Melegatti riuscì a vincere una contesa con altri pasticcieri che rivendicavano la creazione del dolce ed ebbe subito successo. Aprì un negozio a Milano, in corso Vittorio Emanuele, e nel 1904 ottenne un brevetto per un altro dolce, che chiamò pan reale e dedicò al re Umberto I. Morì nel 1914, senza eredi diretti.
“Montecchi e Capuleti al profumo di burro”
L’azienda andò a una nipote, Irma Barbieri, che era sposata con Virgilio Turco, un collaboratore di Melegatti. Poi passò ai quattro figli. Una di loro era sposata con un uomo di nome Giulio Ronca, e le famiglie Turco e Ronca divennero socie al 50%. Per ogni atto serviva l’accordo fra i due rami. Fu l’inizio di una saga che il giornalista Claudio Trabona del Corriere di Verona definì “Capuleti e Montecchi al profumo di burro, farina e zucchero”.
I decenni dell’espansione
L’azienda continuò comunque a crescere ancora per molti anni. Nel 1951 aprì il primo stabilimento industriale a Verona, nel ‘53 cominciò a produrre colombe pasquali, nel ’59 creò la caratteristica confezione del pandoro, a forma di tronco di piramide. Poi uscì dalle pasticcerie e cominciò a portare i prodotti anche nei supermercati.
Nel 1968 superò per la prima volta il miliardo di fatturato. Negli anni ‘70 cominciò a fare pubblicità su scala nazionale, sui quotidiani e in televisione. Nel 1983, con ricavi ormai a 13 miliardi, aprì un grande impianto di produzione a San Giovanni Lupatoto, sempre nel Veronese.
La crisi
Il conflitto tra le due famiglie socie si inasprì nel 2005, alla morte del presidente Salvatore Ronca. La vedova di Ronca, Emanuela Perazzoli, e la sorella, Gigliola Ronca, salirono fino al 68% dell’azienda e ne presero il controllo. Nel giro di qualche anno, però, i conti peggiorarono. Si parlò di una vendita alla famiglia Varasi, all’epoca proprietaria del marchio Battistero, poi saltata anche per la contrarietà dei Turco.
Melegatti, come ha raccontato il Post, entrò in crisi nel 2016. Le cause principali furono la concorrenza di un’altra azienda veronese, la Bauli, e il grande investimento – circa 15 milioni di euro – per un nuovo impianto a San Martino Buon Albergo, in provincia di Verona. Lo stabilimento era pensato per fare ciò che la Bauli aveva iniziato a fare tempo prima: aumentare l’attività non stagionale, cioè non legata ai dolci natalizi. Un passo necessario perché, con lo sbarco nei supermercati, i margini per i produttori di pandoro erano diventati minimi. Presto, però, saltò una grossa commessa dalla Ferrero, le banche cominciarono a chiedere il rientro dei prestiti, vennero meno i finanziamenti.
Il crollo arrivò alla fine del 2017. A ottobre l’azienda chiuse, incapace di pagare fornitori e dipendenti. I Turco ripresero il controllo e trovarono 6 milioni di euro dal fondo maltese Abalone per riprendere la produzione. Una campagna social per salvare l’azienda portò a un incremento delle vendite, ma ritardò la fine solo di qualche mese. Il 29 maggio 2018 il tribunale di Verona dichiarò il fallimento della Melegatti, che aveva debiti per circa 50 milioni di euro.
La cessione a Valeo Foods
Il 28 settembre dello stesso anno l’azienda passò, per 13,5 milioni, alla famiglia vicentina Spezzapria, che all’epoca controllava il gruppo Forgital, produttore di componenti aeronautici e spaziali, poi venduto per 1 miliardo di euro. Sette anni dopo, la cessione a Valeo Foods. Nel comunicato stampa sull’acquisizione, Valeo ha promesso di “mantenere il carattere distintivo e l’autenticità dei prodotti Melegatti”.
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L’articolo La Melegatti diventa irlandese: passa alla multinazionale Valeo Foods è tratto da Forbes Italia.