‘La lunga e vigile attesa’ della sanità lombarda: le mie riflessioni sulla puntata di Report

  • Postato il 17 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Sto guardando con attenzione le puntate di Report di Giulio Valesini che riguardano la sanità. Gli sprechi, i pronto soccorso, le liste di attesa, la medicina di base e le case di comunità. Argomenti vecchi e nuovi che il post pandemia avrebbe dovuto in qualche modo aiutare a cambiare sulle tante esperienze negative che il Covid ha evidenziato. Invece sono passati ormai cinque anni ed il sistema non ha più dighe. Le acque invadono ogni dove ed hanno incrementato le criticità che le due puntate di Report, e l’ultima che vedremo domenica prossima, hanno una volta di più fatto venire a galla.

Vedremo se il sistema vorrà modificarsi veramente per salvare dall’affogamento o porterà il paziente a morte sicura per mancanza di aria come a tanti è successo con il Covid.

Nella puntata di questa domenica 15 giugno 2025 “La lunga e vigile attesa” si è parlato soprattutto di liste di attesa che ormai portano il cittadino-paziente ad essere sempre più direzionato verso il privato inteso come privato puro o come privato smart. In particolare nelle strutture private accreditate. Nella puntata viene anche riportato uno stralcio della mia deposizione ai Nas del maggio scorso, la parte della tariffa smart che l’autore Giulio Valesini definisce illuminante in quanto spiegata bene:

“E’ il peggio del peggio che si possa avere per il Sistema Sanitario Nazionale. Stanno tutti in silenzio. Il cittadino che crede di aver fatto un affare perché non ha pagato 100 per una visita privata, non ha aspettato un anno e mezzo per quella pubblica, la fa in 20 o 30 giorni con una cifra comunque accettabile. La struttura silenzio perché ha cash subito. La Regione sta in silenzio perché quella prestazione non la paga mentre dovrebbe pagarla. Questa tariffa smart è una delle cose che fa allungare mostruosamente l’attesa di quelli che poverini non possono fare neanche i 30 euro”.

Nella stessa puntata abbiamo ascoltato che il ministro della Salute Orazio Schillaci ha detto che ha firmato un accordo con i Nas che devono recarsi nelle varie regioni a fare controlli sull’appropriatezza delle visite e sul rispetto di una equa attesa in modo da avere un “cruscotto” sempre collegato al ministero che possa vigilare ed essere allertato per le criticità ed il rispetto delle regole.

Un accordo simile a quello firmato dall’assessore Bertolaso in Regione Lombardia con i Nas dai quali sono andato a spiegare soprattutto come poter superare il problema. Perché il giornalismo di inchiesta serve sostanzialmente, come ho detto, per portare a galla le criticità e le storture di un sistema sanitario nazionale che non permette più al cittadino, quando diventa paziente, almeno di rimanere a galla. Spesso anzi viene mandato a fondo se non possiede il salvagente di una assicurazione o di un capitale personale che possa usare per la diagnosi e la cura. Insomma Report pone le domande e spinge il sistema a trovare le risposte.

E qualunque idea che possa servire ad esempio a dribblare le liste di attesa viene indicata utile ad personam ma non utile alla collettività. Infatti viene spiegato che si stanno sviluppando in tutta Italia (Chi li paga? Chi li sponsorizza?) dei centri che aiutano i cittadini proprio nella ricerca degli appuntamenti in tempi brevi per visite, esami ed interventi. Centri inutili perché spostano il problema e, come è stato spiegato, a loro volta diventano una nuova lista di attesa che non riesce ad essere risolta. Perché i cittadini sono sempre gli stessi, che siano essi singoli o aggregati, e la lista si può spostare come accesso ma il numero è sempre lo stesso. Come un fiume in piena senza argini o con argini mobili. Prima o poi straripa.

Per questo sono sempre più convinto che per cercare di risolvere il problema si deve vedere con occhi nuovi ed in modo completo. Non si può avere un campo visivo limitato. Si deve oggettivizzare non soggettivizzare. I centri di appoggio possono risolvere, a volte, il problema del singolo, mai riusciranno a risolvere il problema di ognuno in quanto tale ma di tutti in modo assoluto. Anzi sono loro stesso il problema.

Per questo sono andato dai Nas a parlare. Per questo ritengo che bisogna guardare la salute e la malattia del nostro Sistema Sanitario Nazionale nella sua interezza. Per questo si può cercare di risolvere e si deve cercare di proporre oltre che fare inchieste.

Per questo penso che occorra cambiare da subito lo studio della Medicina del Territorio come facoltà a parte (non specializzazioni inutili) in modo da sfornare in cinque anni dei giovani medici che vengano assunti in tutte le strutture pubbliche o accreditate per fare il primo filtro, liberando i pronti soccorsi, in habitat completi come solo gli ospedali possono avere, non le case di comunità o padiglioni costruiti apposta e mai partiti o che mai avranno pazienti che potranno essere curati in modo completo e specialistico. Per questo penso che si debba da subito obbligare tutte le strutture pubbliche che non rispettano tempi di attesa adeguati a sospendere tutte le prestazioni private fino a quando il sistema non gira solo a favore del cittadino. Per questo penso che un adeguato sistema di controllo sui pazienti, non sulle cartelle cliniche, possa aiutarci a sapere chi fa cosa e perché in modo da ridurre la medicina difensiva che usa il paziente solo per proteggere il medico e non viene usata solo per il bene del paziente ma per la certezza diagnostica che non possa essere confutata e contestata.

Questo è quello che ho detto ai Nas ai quali ho anche detto una cosa in cui credo profondamente: “Bisogna fare alcune variazioni per forza perché sicuramente il sistema così sappiamo che non funziona e non c’è una possibilità per farlo funzionare senza cambiare diverse cose che devono avere una strada comune ed un obiettivo comune, il paziente, unico che deve guadagnarci. Mentre il sistema fa guadagnare soprattutto le “aziende” sanitarie in modo da avere conti in ordine. Ad ogni costo.”

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Il Fatto Quotidiano

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