La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: Wall Street, di Oliver Stone
- Postato il 11 aprile 2025
- Cinema
- Di Blitz
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L’economica attuale, strettamente influenzata da una serie di dichiarazioni da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, naviga in acque agitatissime. La causa è naturalmente quella corrispondente all’annuncio da parte del tycoon di un esteso piano di aumento dei dazi sulle merci importate negli Usa. Com’è ovvio, in questi giorni se ne sta parlando molto, soprattutto per quanto riguarda i continui e preoccupanti mutamenti delle Borse.
Nella giornata di ieri, però, si è registrato un passo indietro da parte di Trump, che ha deciso di sospendere per 90 giorni i dazi e di riportarli al 10% per quasi tutti i Paesi. Una decisione che esclude il Messico, il Canada e ovviamente la Cina. “Non vogliamo danneggiare i Paesi che non hanno bisogno di essere danneggiati. E tutti vogliono negoziare”, ha dichiarato il presidente Usa. Dopo giorni complicatissimi, in scia alla pausa decisa da Trump, le Borse europee sono tornate a respirare, mentre Wall Street peggiora.
Parlando del mondo finanziario, l’eccentrico personaggio interpretato da Matthew McConaughey in The Wolf of Wall Street tirò in ballo il concetto di “fugazi”, ovvero l’indefinibile e mutevole presupposto attorno al quale ogni cosa si fa incorporea, evanescente, paragonando le Borse e il loro andamento alla “polvere di stelle”. Che siano le affermazioni di un broker navigato e affidabile o quelle di un cocainomane esaltato, o entrambe le cose, è indubbio che l’opinione comune, quella popolare, giudichi questo specifico universo come qualcosa che naviga in corrispondenza di una certa indeterminatezza. Il cinema ha spesso mostrato diverse sfumature di questo universo, raccontandone le poche luci e le mille ombre spesso proponendo personaggi iconici che sono entrati nell’immaginario collettivo.
Uno di questi, forse il più grande di tutti, è Gordon Gekko, interpretato da Michael Douglas, che nel film che vi consigliamo oggi, ovvero Wall Street, ha avuto il potere magnetico di ispirare una miriade di giovani sognatori a intraprendere la strada del successo attraverso l’attività di broker. Erano gli anni Ottanta, quelli di un boom economico nel quale si insinuava il morbo del carrierismo sfrenato. Il dio del dollaro smuoveva ogni cosa, spingendo molte persone a speculare sul denaro altrui, raggirando e abbindolando “l’uomo comune” promettendogli una vita agiata simile a quella degli uomini sulle copertine delle riviste. La realtà è cambiata molto da allora? Su questo tema, quello diretto da Oliver Stone si presenta come una sorta di film-manifesto, uno spaccato della finanza newyorkese adeguato alla visione netta, senza scale di grigi, che è tipica del suo regista.
Wall Street, di Oliver Stone
New York, 1985. Bud Fox (Charlie Sheen) è un giovane broker a caccia del successo. Riesce poi a entrare in contatto con il suo idolo, ovvero Gordon Gekko (Michael Douglas), un autentico squalo della finanza senza scrupoli. Tra i due si instaura presto un rapporto nel quale Gekko veste i panni del mentore per il giovane Bud, allievo in principio accomodante e devoto. La loro collaborazione conduce entrambi sulla strada del successo, lungo la quale, però, Bud inizia lentamente ad aprire gli occhi sulla personalità di Gekko e sulla sua spietatezza. Lo scontro tra i due sarà inevitabile.
Un mondo di squali in camicia
Se la natura finanziaria è da ritenersi soggetta a uno stato di frenetica incertezza, quella intrinseca al cinema di Oliver Stone, al contrario, risponde alle logiche di un’estremizzazione netta, nella quale si hanno due parti in gioco diametralmente opposte: il bianco e il nero, spesso senza alcuna mezza misura. È uno stile che in realtà riflette la visione ben precisa e inequivocabile, talvolta divisiva, appartenente al regista.
In questo contesto, e attraverso questa specifica prospettiva narrativa, Stone propone due personaggi, Gordon Gekko e Bud Fox, inizialmente entrambi nella piena armonia che li conduce verso obiettivi comuni. A poco a poco, però, il mondo di Wall Street perde ogni tipo di sottile sfumatura e i due personaggi si ritroveranno a incarnare due ruoli ben precisi e profondamente antitetici. Banalmente, se da una lato si ha lo spietato e immorale Gekko, mentore prima e “cattivo” poi, una sorta di predatore che vive per il profumo ammaliante dei soldi, dall’altro troviamo la malleabilità emotiva di Fox, così come la sua rabbia e la fame carrieristica, sentimenti di un “buono” a metà che vengono contagiati dalla personalità travolgente di Gekko.
Giocando sui continui contrasti, quindi sulle tonalità di quel bianco e di quel nero che emergono in tutta la loro intelligibilità espositiva, Stone propone una critica feroce e cristallina al sistema capitalistico americano, costantemente inquinato dall’avidità di quegli uomini che, come Gekko, allargano il loro raggio d’azione perpetrando l’illegalità all’interno del libero mercato. Percepiscono a distanza il sangue altrui e come squali affamati, ma in abiti firmati, si tuffano a bocca spalancata sulla loro preda, prosciugandola. Quella descritta da Stone, infatti, è un’America profondamente segnata dai consumi sfrenati, dallo smorzarsi sempre più evidente di quei fuochi corrispondenti a una democrazia che marcisce dall’interno, nonostante la si continui a sbandierare con immacolata fierezza.
Pur giocando in casa, ovvero adattando i temi proposti a una concezione accessibile e privandosi di quei chiaroscuri narrativi caratteristici delle grandi storie, Oliver Stone riesce comunque a costruire un film estremamente significativo, esaltato dalle singole interpretazioni e stracolmo di quei rimandi all’attualità che tristemente, ma con grande cognizione di causa visto il periodo, possiamo ricondurre alla nostra.
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