La Francia subisce la “strategia del baratto” dell’Iran: per riavere due connazionali deve rilasciare una donna accusata di apologia del terrorismo

  • Postato il 7 novembre 2025
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La sorte di Cécile Kohler e Jacques Paris, i due francesi detenuti in Iran da tre anni, scarcerati due giorni fa, ma non ancora liberi, è sospesa a quella di Mahdieh Esfandiari, un’iraniana accusata di apologia del terrorismo in Francia, il cui processo è atteso a gennaio. È “lo scenario del baratto”, per dirla con Le Monde, che si profila tra Teheran e Parigi. La vittoria in un certo senso, di fronte all’impotenza dei governi occidentali, di quella “diplomazia degli ostaggi” che il regime iraniano pratica da molti anni e che l’Italia ha conosciuto con il caso di Cecilia Sala, la giornalista arrestata in Iran e “scambiata” a gennaio con un ingegnere iraniano fermato a Milano.

Cécile Kohler, 41 anni, e Jacques Paris, 71, gli ultimi “ostaggi” francesi nelle mani dell’Iran, erano stati arrestati il 7 maggio 2022 con l’accusa di “spionaggio a favore di Israele e della Francia”, mentre erano in vacanza in Iran. Sono stati detenuti esattamente 1.277 giorni nelle carceri iraniane, tra cui quella ad altissima sicurezza di Evin, presso Teheran, riservata ai prigionieri politici, in condizioni disumane: sono stati costretti a vivere in isolamento in due celle diverse, degli stanzini di nove metri quadrati, senza letto né finestra, ma con una lampadina sempre accesa, ventiquattro ore su ventiquattro. Hanno avuto diritto a uscite di soli trenta minuti due o tre volte a settimana, senza mai potersi incontrare. Dai racconti dei familiari, per “tenere” tutto questo tempo, Jacques Paris ha praticato ore di sport e corsa sul posto tutti i giorni, per potersi stancare e riuscire a dormire, mentre Cécile Kohler si è rifugiata nella lettura dell’Odissea.

A settembre erano stati processati in modo sommario e condannati rispettivamente a 20 anni e 17 anni di detenzione. Poi, la sera del 4 novembre, Parigi ha annunciato la loro scarcerazione: i due francesi non sono ancora liberi di lasciare l’Iran, ma per lo meno hanno potuto raggiungere l’ambasciata di Francia a Teheran. Cécile Kohler e Jacques Paris sono oggi di fatto moneta di scambio. Il 5 novembre, Teheran ha annunciato a sua volta la scarcerazione (avvenuta il 22 ottobre scorso) e il trasferimento all’ambasciata dell’Iran di Mahdieh Esfandiari, 39 anni, traduttrice, residente in Francia dal 2018, arrestata lo scorso febbraio per avere esaltato sui social l’attacco di Hamas contro l’Israele del 7 ottobre 2023. Il suo processo, per apologia del terrorismo, è previsto dal 13 al 16 gennaio. Il rientro in Francia di Cécile Kohler e Jacques Paris dipenderà dal rientro in Iran di Mahdieh Esfandiari.

Ufficialmente Parigi non parla di scambio dei prigionieri e difende l’indipendenza della giustizia. Alcuni osservatori in Francia criticano del resto la lentezza della diplomazia francese – ben tre anni e mezzo, che i due francesi hanno dovuto passare nelle carceri iraniane -, forse rallentata anche dall’instabilità politica e il ricambio continuo dei governi da più di un anno a questa parte. Non hanno aiutato neanche i rapporti tra Parigi e Teheran, che si sono ulteriormente deteriorati quando la Francia ha chiesto il ripristino delle sanzioni Onu contro l’Iran che non ha rispettato l’accordo sul nucleare. Fonti diplomatiche iraniane invece hanno riferito nei giorni scorsi che i negoziati tra Teheran e Parigi andavano avanti da tempo e che si è parlato apertamente di “scambio”. E, come fa notare Mediapart, Teheran – accusato regolarmente di prendere “ostaggi di Stato” a fini politici – anzi, approfitta della risonanza sui media del caso, per ricambiare: “Sulla stampa iraniana conservatrice, dove ogni parola ha la sua importanza, se i due francesi vengono definiti “prigionieri”, Esfandiari ha invece uno status di “ostaggio”. “Si delinea quindi la strategia iraniana volta a far passare la Francia per un Paese che pratica la presa di ostaggi”, scrive il giornale.

Lo storico Clément Therme, specialista del mondo iraniano presso l’Institut français des relations internationales (Ifri), sentito da Mediapart, spiega: “Assistiamo ad una guerra di informazione lanciata dai media ufficiali della Repubblica islamica, che mettono in scena una simmetria tra la situazione di una prigioniera iraniana in Francia e la situazione degli ostaggi francesi in Iran, per screditare il racconto degli occidentali sulla specificità del regime iraniano per quanto riguarda la presa di ostaggi. La Repubblica islamica – continua Therme – cerca quindi di creare una contro-narrazione per continuare a praticare la diplomazia degli ostaggi, come fa dal 1979, con la presa in ostaggio dell’ambasciata americana a Teheran, pur negandone la realtà”.

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