La Camera Usa ribolle contro le tentazioni di Trump di entrare in guerra: “Se vuole farlo, deve passare da qui”

  • Postato il 18 giugno 2025
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Donald Trump si è candidato nel 2024 con la promessa mettere fine in breve tempo ai conflitti in Medio Oriente e in Ucraina se solo fosse riuscito a tornare alla Casa Bianca. Ora la possibilità che gli Stati Uniti entrino in conflitto con l’Iran divide non solo Democratici e Repubblicani ma anche questi ultimi al loro interno. Secondo un sondaggio condotto dall’Università del Maryland a maggio, prima che venerdì Israele attaccasse l’Iran, solo il 14% degli americani sosteneva “un’azione militare nel tentativo di distruggere il programma nucleare iraniano”. Così, sensibili alla possibilità di perdere voti, nelle ultime ore anche alcuni Repubblicani hanno fatto il proprio ingresso nel fronte contrario alla guerra.

Martedì Thomas Massie, deputato repubblicano del Kentucky, e Ro Khanna, democratico della California, hanno presentato una risoluzione sui poteri di guerra che afferma che se Trump vuole impegnare le forze armate in azioni militari in Medio Oriente deve chiedere l’autorizzazione del Congresso. “Questa non è la nostra guerra. Ma se lo fosse, il Congresso dovrebbe decidere su tali questioni secondo la nostra Costituzione”, ha scritto Massie su X lunedì sera.

Movimenti in questo senso si registrano anche in Senato. Tim Kaine, dem della Virginia, ha presentato alla Camera alta una risoluzione parallela sui poteri di guerra che porrebbe fine all’uso non autorizzato delle forze armate statunitensi contro l’Iran, dato che non è stata ancora presentata una dichiarazione di guerra che solo il Congresso può emettere. “Questa risoluzione garantirà che, se dovessimo decidere di mettere in pericolo gli uomini e le donne in uniforme del nostro Paese, ne discuteremo e voteremo al Congresso”, ha detto Kaine. In base all’ordinamento americano le risoluzioni sui poteri di guerra sono “privilegiate”, ovvero la Camera e il Senato sono tenuti a discuterle e votarle in maniera tempestiva.

Lunedì, inoltre, Bernie Sanders, senatore indipendente del Vermont, volto storico della sinistra Usa, ha inoltre presentato lunedì un disegno di legge separato, cofirmato da Elizabeth Warren, democratica del Massachusetts, e Chris Van Hollen, dem del Maryland, che proibirebbe l’uso di fondi federali per “qualsiasi uso della forza militare in Iran o contro l’Iran” ad eccezione dell’autodifesa senza l’approvazione del Congresso.

La questione è da anni oggetto di interpretazioni e dibattito giuridico. L’Articolo I, Sezione 8, Clausola 11 della Costituzione degli Stati Uniti conferisce al Congresso il potere di “dichiarare guerra”. Il presidente ha il potere di dirigere le forze armate (“è comandante in capo dell’Esercito e della Marina degli Stati Uniti e delle milizie dei vari Stati, quando chiamate al servizio effettivo degli Stati Uniti”) dopo una dichiarazione di guerra approvata dal Congresso in base all’Articolo II, Sezione 2 della Carta, che prevede una cooperazione tra il “commander in chief” e il Congresso in materia di affari militari, con il secondo che finanzia o dichiara l’operazione e il primo che la dirige. L’inquilino della Casa Bianca, inoltre, conserva il potere di usare la forza militare senza l’ok del Congresso in caso di attacco gli Stati Uniti, ma l’approvazione del Campidoglio è comunque necessaria per una guerra prolungata.

Tuttavia in passato i presidenti hanno avviato operazioni militari senza l’esplicito consenso del Congresso: accadde per la guerra di Corea, il disastroso conflitto in Vietnam, l’operazione Desert Storm contro Saddam Hussein, la guerra in Afghanistan del 2001 e quella in Iraq del 2003. Poiché in questi casi Capitol Hill non ha mai votato una dichiarazione, queste operazioni non sono considerate guerre ufficiali da Washington.

La War Powers Resolution del 1973 fornì, inoltre, ulteriori indicazioni sui poteri di guerra tra cui il fatto che il presidente deve avere l’approvazione del Congresso per l’uso della forza all’estero, fatta eccezione per determinate circostanze come il ritiro sicuro delle truppe o il salvataggio di americani all’estero. Tuttavia l’esecutivo ha di volta in volta ampliato la propria visione dei poteri difensivi della Casa Bianca, in particolare con le sue interpretazioni delle Authorization for Use of Military Force del 2001 e del 2002. Il Congresso approvò l’AUMF del 2001 dopo gli attentato dell’11 settembre per consentire l’uso della forza contro entità che “hanno pianificato, autorizzato, commesso o contribuito” agli attacchi o “hanno ospitato tali organizzazioni o persone”. L’AUMF del 2002, poi, autorizzò l’azione militare contro il regime di Saddam Hussein “per difendere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti dalla continua minaccia rappresentata dall’Iraq” ed è stata utilizzata per giustificare l’invasione del 2003.

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