Israele vuole smantellare il regime iraniano dall’interno. Così si spiega il cambio di passo

  • Postato il 13 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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È vero che l’attacco israeliano contro l’Iran non è stato una sorpresa in termini di tempistica o intenzione, ma la natura dell’operazione evidenzia una svolta fondamentale. Non si tratta di una semplice risposta militare limitata: siamo di fronte a una strategia ben definita volta allo smantellamento interno del regime iraniano. L’operazione è il risultato di anni di lavoro di intelligence, complesso e stratificato, una versione evoluta del “fattore sorpresa” che Israele aveva già utilizzato in Libano, come nel famoso attentato al Bayjar contro Hezbollah.

La novità è rappresentata dalla precisione e dall’intensità di queste azioni: Israele sembra operare con un livello di infiltrazione e selettività tale da sollevare dubbi profondi all’interno dell’Iran sul grado di penetrazione israeliana e sull’identità dei possibili collaboratori interni. La questione oggi in Iran non è più se vi sia stato un’infiltrazione, ma quanto è profonda e chi ne è parte.

Questo percorso ha avuto inizio con la misteriosa morte del presidente Ebrahim Raisi, che ha segnato l’inizio di un’instabilità interna crescente, accompagnata da un rapido deterioramento dell’influenza regionale iraniana: dal Libano fino alla Siria. Le azioni israeliane non vanno quindi interpretate come eventi isolati, bensì come l’esito di una strategia accumulata nel tempo, partita dalla neutralizzazione delle milizie iraniane a Gaza, in Cisgiordania e in Libano, fino a colpire il cuore logistico delle operazioni dei Pasdaran in Siria, nucleo operativo dell’idea iraniana delle “frontiere unificate” capaci di esportare la crisi nel cuore di Israele.

Il salto qualitativo si è realizzato con l’ingresso diretto nel territorio iraniano. Israele mostra oggi la convinzione che Teheran non sia più in grado di trasferire le proprie crisi sui confini vicini. Questo cambiamento strategico si è sviluppato parallelamente al ritiro americano da alcuni fronti, come lo Yemen, offrendo così a Israele maggior margine operativo e spazio per azioni dirette, fino a penetrare nello spazio aereo iraniano, già violato in più occasioni negli ultimi anni.

L’attuale fase può essere definita come uno “smantellamento interno dei Guardiani della Rivoluzione”, dopo che le loro ramificazioni regionali sono state gradualmente eliminate. Tuttavia, la velocità e l’accuratezza delle operazioni israeliane sollevano domande cruciali sul futuro: quale sarà la prossima mossa di Israele? E fino a che punto il regime iraniano potrà resistere?

Le opzioni disponibili per l’Iran sono oggi estremamente ridotte. Dopo la neutralizzazione dei suoi strumenti regionali, si apre il rischio che la crisi si riversi all’interno del Paese. In quest’ottica si può leggere l’appello del presidente iraniano al popolo affinché si stringa attorno al regime, tentando di sfruttare la narrativa dell’“aggressione esterna” per contenere la tensione interna. Ma questa retorica sembra ormai perdere di efficacia.

Israele, dal canto suo, ha ottenuto una supremazia di intelligence senza precedenti. Non solo ha superato l’Iran, ma anche alcuni suoi alleati e nemici. Sta capitalizzando su un contesto internazionale favorevole: lo stallo nelle trattative sul nucleare, le preoccupazioni dell’AIEA sui livelli di arricchimento dell’uranio e le dichiarazioni dell’ex presidente americano Donald Trump, che ha avvertito Teheran di non perdere l’ultima occasione per negoziare, evocando una risposta “non convenzionale” da parte di Israele.

Quella che stiamo vedendo può essere considerata l’inaugurazione del processo di dissoluzione del regime iraniano completo o almeno nella sua forma attuale. La capacità dell’Iran di reagire efficacemente è oggi in discussione, soprattutto dopo la perdita di alleati e strumenti regionali. Una guerra totale appare impraticabile, così come la possibilità di trasferire la crisi dentro Israele.

La nuova equazione è chiara: o l’Iran riesce a colpire Israele direttamente con forza, oppure continuerà a subire attacchi chirurgici che potrebbero neutralizzare completamente il regime, dall’interno, come è già avvenuto all’esterno.

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Il Fatto Quotidiano

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