Isola Capo Rizzuto, sgominata banda di tombaroli legata alla cosca Arena: 11 arresti

  • Postato il 12 dicembre 2025
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Isola Capo Rizzuto, sgominata banda di tombaroli legata alla cosca Arena: 11 arresti

Undici arresti per traffico di reperti archeologici, sgominata organizzazione di tombaroli legata alla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto


ISOLA CAPO RIZZUTO – Sono undici gli arrestati, nove di Isola Capo Rizzuto e due siciliani, nell’ambito di una maxi inchiesta condotta congiuntamente dalle Procure di Catanzaro e Catania su un presunto gruppo criminale dedito agli scavi clandestini e alla ricettazione dei beni archeologici trafugati. Gli arresti, disposti dalla gip distrettuale di Catanzaro Roberta Cafiero, sono scattati sulla base dei complessi accertamenti svolti dai carabinieri del Gruppo Tutela Patrimonio culturale. Con loro, nella fase iniziale delle indagini, hanno collaborato i colleghi del Comando provinciale di Crotone. Operazione “Ghenos-Skyllethion”, l’hanno chiamata, quella in cui sono stati impegnati 200 militari.

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L’ACCUSA

L’accusa, per il gruppo di Isola, è quella di associazione a delinquere, con l’aggravante mafiosa, finalizzata all’esecuzione di scavi illeciti nelle aree archeologiche di Capocolonna (Crotone), Roccelletta di Borgia (Catanzaro) e Monasterace (Reggio Calabria). Quali organizzatori vengono indicati Vincenzo Godano e Roberto Filoramo. Sarebbero stati loro a programmare gli scavi di volta in volta, a intrattenere rapporti con il gruppo dei “siciliani” e a piazzare i reperti nel mercato illecito. L’aggravante mafiosa è contestata poiché gli indagati sono ritenuti vicini alla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto e avrebbero pertanto contribuito a consolidarne l’egemonia nel territorio. Contestate anche accuse di deturpamento dei siti archeologici e riciclaggio.

IL SACCHEGGIO

Sistematici i saccheggiamenti compiuti da una squadra di “tombaroli” che, ciascuno in base alle proprie competenze, per lungo tempo avrebbero alimentato il mercato clandestino di materiale archeologico. Nel corso delle indagini sarebbe stata documentata l’esistenza di una complessa organizzazione, composta da tombaroli, intermediari e ricettatori, ben radicata a Isola Capo Rizzuto. Lo confermerebbero intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali, riprese video e sequestri. Insomma, un’organizzazione ben strutturata, composta da persone “specializzate” ad operare nel settore senza farsi troppi scrupoli.

LE ACCORTEZZE

I vertici dell’organizzazione avrebbero pianificato le varie spedizioni ed individuato i luoghi di interesse, grazie alle specifiche competenze in materia “acquisite sul campo”. Inoltre, numerose erano le avvertenze adottate al fine di scongiurare il rischio di controlli da parte delle forze dell’ordine, anche attraverso l’utilizzo di canali di comunicazione di difficile intercettazione. Per esempio, mentre, muniti di metal detector, andavano a caccia di reperti, avrebbero utilizzato termini come “finocchi”, “caffè”, “asparagi”.

L’ORIGINALITÀ

Gli inquirenti rilevano l’“originalità” dei reati fine (furto e ricettazione di reperti archeologici) rispetto al contesto mafioso tradizionale. Si tratta, in effetti, di un’attività particolarmente proficua e favorita, nel territorio di riferimento, dalla presenza di vari siti archeologici, a volte anche poco esplorati mediante scavi formalmente autorizzati. In questo vuoto si è inserito l’interesse dell’organizzazione criminale che sarebbe riuscita ad avvalersi si competenze “esterne” di appassionati e conoscitori del settore, al fine di poter operare in un contesto specialistico.

GLI ARRESTATI

Ecco i nomi dei destinatari delle misure cautelari in Calabria. Due vanno in carcere: Vincenzo Godano, di 38 anni. Roberto Filoramo (36). Ai domiciliari Giuseppe Guarino (45). Carmine Minarchi (46). Michele Nicoscia (30). Luca Filoramo (47). Francesco Salvatore Filoramo (76). Francesco Caiazzo (53). Nicola Filoramo (60). Michele Consolato Nicotra (42). Stefano Rottella (59). I primi 9 sono di Isola Capo Rizzuto, gli ultimi 2 di Paternò, in provincia di Catania. Contestualmente all’esecuzione delle misure, i militari hanno condotto 12 perquisizioni nelle province di Crotone, Catania e Messina.

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