Isola Capo Rizzuto, chiusa per 29 indagati l’inchiesta “Blizzard Folgore”
- Postato il 9 dicembre 2025
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Isola Capo Rizzuto, chiusa per 29 indagati l’inchiesta “Blizzard Folgore”

Chiusa l’inchiesta della Dda sulle nuove leve dei clan di Isola Capo Rizzuto colpite con l’operazione Blizzard Folgore. La figura emergente badava ai profitti più che ai riti di affiliazione
ISOLA CAPO RIZZUTO – Si chiude per 29 persone l’inchiesta sulle nuove leve dei clan di Isola Capo Rizzuto, che più che ai riti di affiliazione badavano ai profitti. Il pm della Dda di Catanzaro Pasquale Mandolfino ha fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini a distanza di pochi mesi dall’operazione Blizzard Folgore. Un’inchiesta dalla quale emergeva il ruolo di Luigi Masciari, considerato dagli inquirenti figura cerniera tra gli affari della cosca di Isola Capo Rizzuto e la provincia di Bolzano, dove si era trasferito per un periodo di tempo. Luce sarebbe stata fatta sui nuovi assetti delle cosche di Isola.
FIGURA EMERGENTE
Secondo quanto ricostruito dalla Dda di Catanzaro, Masciari avrebbe avviato nella provincia altoatesina una serie di progetti imprenditoriali di natura criminale, basati prevalentemente sulla commissione di reati di natura economico-finanziaria. L’input alle indagini è venuto dalla Procura di Trento, insospettita dalla presenza nel tessuto socio-economico di quell’imprenditore 44enne imparentato con i vertici delle cosche Arena e Nicoscia di Isola. Furono 17 le persone arrestate nell’aprile scorso. Tra i destinatari dell’avviso di conclusione delle indagini anche pezzi grossi delle cosche, come il boss di Papanice Domenico Megna e il bazookista della cosca Nicoscia di Isola, Pasquale Manfredi detto “Scarface”.
I NOMI
Ma ecco l’elenco completo degli indagati, quasi tutti originari di Isola Capo Rizzuto. Antonia Arena, di 60 anni. Antonio Arena (40). Antonio Francesco Arena (34). Salvatore Arena (66). Antonio Bruno (58). Francesco Anselmo Cavarretta (61). Antonietta Corda (68). Salvatore Gareri (41). Antonio Giardino (48). Luigi Manfredi (51). Marilena Manfredi (38). Pasquale Manfredi (48). Antonio Masciari (51). Francesco Masciari (79). Luigi Masciari (44). Mario Megna (53). Domenico Megna (78). Giulia Mercoledisanto (47). Luigi Morelli (52). Pasquale Morelli (78). Nicola Pittella (44). Carlo Alberto Savoia (53). Giuseppe Verterame (59). Luigina Verterame (44). Antonio Viola (50). Li difendono gli avvocati Mario Prato, Carmine Mancuso, Vincenzo Girasole, Francesca Buonopane, Anna Marziano, Guido Contestabile, Francesco Laratta, Luigi Villirilli, Luigi Frustaglia, Stefano Nimpo e altri.
L’INCHIESTA
Le attività investigative, condotte dal Ros dell’Arma e dalla Dia di Padova, supportati dai carabinieri del Reparto operativo di Crotone, avrebbero consentito di accertare come, mediante strumenti di schermatura, siano state gestite, attraverso prestanome, diverse società che hanno permesso di drenare denaro dell’economia reale verso le casse del clan. Gli indagati, secondo l’accusa, dotavano le loro società di crediti fiscali fittizi con lo scopo di trarre profitto dalla vendita diretta o dal loro utilizzo nel sistema delle compensazioni d’imposta. Le realtà economiche sarebbero state concepite per essere assorbite in tutto o in parte da imprese con debiti erariali a cui si sottraevano attraverso le compensazioni dei crediti fittizi. Operazioni di fusione per incorporazione, grazie al ricorso delle cosiddette “società serbatoio”, avrebbero consentito all’organizzazione di aggiudicarsi contratti di appalto a prezzi nettamente inferiori rispetto ai parametri di mercato. Accanto ai reati economici ci sarebbero stati quelli “tradizionali”. Estorsioni, usura, armi.
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IL “COLLANTE” COL NORD
Collante tra la casa madre di Isola e gli affari al Nord sarebbe stato Masciari, amministratore (anche di fatto) di numerose imprese, operanti in disparati settori economici e funzionali alla commissione di illeciti di natura finanziaria. I proventi venivano, in parte, destinati alla cosca. Ma Masciari non disdegnava metodi più “tradizionali”. Per la risoluzione di un contenzioso per l’acquisizione di un capannone si sarebbe rivolto al boss del quartiere Papanice di Crotone, Domenico Megna. L’assistenza ai detenuti sarebbe stata una costante dell’organizzazione e Masciari vi contribuiva, a quanto pare. Emerso il sostegno ai familiari di Pasquale Manfredi, esponente di spicco della cosca Nicoscia. Ma la figura di Masciari è moderna perché lui pensava ai soldi più che alle “doti” di ‘ndrangheta, sbeffeggiando quanti si vantavano di aver rivestito il grado di “camorra” e rimarcando di aver ricevuto da diverse fazioni dei clan isolitani proposte di affiliazione formale.
LA “CASA MADRE”
Masciari però non dimenticava di aver dato “una mano quando è possibile”, facendo riferimento all’assunzione di figli di pregiudicati. Uno dei riferimenti principali del gruppo criminale sarebbe stato Francesco Antonio Arena, classe ’91, uno dei pochi esponenti rimasti in libertà dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta, figlio di Pasquale “Nasca”, figura di spicco del clan. «Sono il figlio di Pasquale “Nasca”, non sono un pagliaccio, sono 15 anni che sono nel locale», diceva. Eppure ha poco più di 30 anni. Metà li ha vissuti da affiliato.
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