“Io Papa? Se fossi stato eletto avrei fatto come nel film di Nanni Moretti”: la confessione del cardinale Zuppi al Salone del Libro con Ligabue

  • Postato il 16 maggio 2025
  • Libri E Arte
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Fossi stato al posto del nuovo Papa avrei fatto come nel film di Nanni Moretti. Affacciandomi al balcone di Piazza San Pietro, di fronte a tanta gente avrei detto “non ce la faccio”. Matteo Maria Zuppi si confessa di fronte a quasi mille persone. Addio segreto del confessionale. Al Salone del Libro di Torino si può aprire la propria anima come davanti a fratelli e sorelle. All’Auditorium del Lingotto “è tempo per noi”. Il Liga, Luciano Ligabue, e Zuppi, un cardinale talmente rock che se riesumassimo l’applausometro di Nino Frassica registreremmo Zuppi 100, Ligabue 50. Ebbene, ogni spunto, riflessione, sorriso del vescovo di Bologna fresco di Conclave, è uno scroscio di applausi che sovrasta soprattutto le fan già parecchio signore e mamme del rocker di Correggio. L’opportunità offerta dal Salone è quella di un incontro dal titolo: La storia, le storie. Dall’Io al Noi. Una robina mica da ridere che a dire il vero vede un po’ più ecumenico, incartato il cardinale e più schietto, audace e sul pezzo il cantautore. Per il Liga è proprio la canzone a diventare una specie di filtro, di peso della responsabilità: “Se decidi di salire su un palco e hai tratti di timidezza, come me, qualche problemino con l’ego ce l’hai”, ha esordito. “Siamo onesti: vivi una realtà che si basa sull’approvazione altrui. Quando ho cominciato non mi sono fatto problemi. Io che prima facevo l’operaio e poi il ragioniere, cantare era meglio di lavorare, era esercitare una passione. Ma quando dopo anni vedi che c’è gente che si tatua una tua frase sul corpo allora capisci che non puoi più farlo alla leggera e si alza il livello di responsabilità. Sei utile. Diventi un supporto per un loro momento difficile”. Ligabue ha ricordato che le canzoni alla fine “non le domini, fanno quello che vogliono loro, emozionano come vogliono loro”.

Mano a coppa sotto il mento o sulla fronte, Zuppi ha ricordato che per tenere a bada l’Io “bisogna mettere in circolo, donare e ricevere, fare il contrario, possedere, fa male all’Io. Il Noi fa bene all’Io. L’Io in fondo senza il Noi sta male, diventa matto”. Un passato tra le baracche di Roma negli anni sessanta, poi la comunità di Sant’Egidio, Zuppi rievoca traumi del suo passato, il suo più grande dolore: “In realtà sono due: la morte di mio padre e la morte di una mia coetanea della comunità quando avevo quattordici anni”; ma è un attimo prorompere con un lampo sulla realtà: “Come si può non provare dolore quando muoiono due bambini di freddo? La mamma li ha tenuti stretti altrimenti li avrebbero buttati in mare. Bisogna piangere per queste cose. Così come sono inaccettabili i bambini che muoiono nella striscia di Gaza come quelli uccisi il 7 ottobre e tutti i bambini uccisi in tutte le guerre”. Dal canto (pardon) suo, Ligabue ha spiegato di essersi aperto non solo nelle sue canzoni, ma anche nei suoi tre film e nei libri che ha scritto e che parlano di lui, raccontando anche il dolore per la perdita di un figlio. “In piena pandemia c’era totale incertezza per il futuro, il presente era un limbo e in certi momenti potevi pensare solo al passato. Ho potuto fare un po’ di chiarezza sulle emozioni che mi hanno accompagnato. È stato l’atto più estremo dello svelamento di me stesso. Ma sono contento, credo che il libro sulla tua vita si anche il libro della tua vita”, ha aggiunto riferendosi alla sua Autobiografia – Una Storia (Mondadori) edita nel 2022. Un incontro che prevede anche piccole curiosità private.

Come la trasfusione di sangue di un’infermiera suora quando il piccolo Luciano non si riprendeva dall’operazione alle tonsille e il ricordo del cardinale del risotto alla zafferano di mamma milanese (“vorrei rimangiarne un piatto con lei e papà”). Ma è Zuppi sornione a chiosa cercando legami con il suo interlocutore, a riannodare un filo con la cultura pop tirando in ballo tra le righe perfino il nuovo papa. “Ricordiamoci che, come diceva Sant’Agostino che chi canta – ha sorriso il presidente della CEI verso il Liga – prega due volte”.

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Il Fatto Quotidiano

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