Inchiesta urbanistica, così la giunta Sala favoriva le opere di Piano

  • Postato il 1 settembre 2025
  • Di Panorama
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Nelle carte dell’inchiesta urbanistica che scuote Milano compaiono nomi altisonanti dell’architettura italiana: tra i progetti contestati dai pm figura anche quello di via Monte di Pietà, nel cuore di Brera, legato a Coima e firmato da Renzo Piano.

Le chat agli atti raccontano un clima di pressioni e interpretazioni divergenti dentro gli uffici comunali. «Abbiamo dato tutto il supporto tecnico e amministrativo per procedere. Mi riferiscono che Collarini e Viaroli condividano mentre Porta rimane sull’interpretazione opposta», scrive Manfredi Catella all’assessore Giancarlo Tancredi nel novembre 2022. La risposta è stringata: «Va bene, vediamo».

Pochi giorni dopo, Catella insiste: «Porta (dirigente comunale ndr) oggi ha rimesso in discussione il progetto di Piano rendendolo di fatto non attuabile. Questo significa cancellare due anni di lavoro. Possiamo programmare una riunione con i rappresentanti di PianoBardelli e Cerri per definire regole chiare?». Tancredi replica: «Il problema, molto serio, è Aspromonte». Un riferimento al caso giudiziario aperto su piazza Aspromonte, dove la Procura aveva già contestato una violazione delle norme edilizie sui cortili storici. I pubblici ministeri notano che anche in via Monte di Pietà l’ipotesi fosse di nuova costruzione in un cortile, tra l’alto di immobile vincolato, vietata dalla disciplina urbanistica.

Piano, va precisato, non è indagato, ma il suo nome torna a farsi ingombrante nei fascicoli. Del resto il senatore a vita nominato da Giorgio Napolitano più di dieci anni fa, è ormai diventato una sorta di intoccabile, capace di vincere, o far evitare, i concorsi per qualsiasi tipo di progetto. È capitato a Genova con il Ponte Morandi, è capitato anche a Milano.

La vicenda giudiziaria che vede coinvolto Catella su via Monte di Pietà si intreccia con un’altra storia, ad oggi meno clamorosa ma anche più rilevante: il rapporto strutturale tra l’architetto genovese e il Politecnico di Milano. Per capirla bisogna fare un piccolo passo indietro. Trent’anni fa, nel 1997, l’ateneo bandì un grande concorso internazionale per ridisegnare l’area dei gasometri della Bovisa, per insediarvi la sua nuova sede. Vinsero ex aequo lo studio giapponese Ishimoto e un raggruppamento italo-francese guidato da Serete con Architecture-Studio e lo studio Brusa Pasquè. Seguì una mostra, un libro, ma nessuna realizzazione. Quella fu l’ultima volta in cui il Politecnico scelse di affidarsi alla competizione aperta per immaginare il proprio futuro. Da allora, i progetti più importanti hanno seguito un’altra via.

È il 2017 quando Renzo Piano «dona un’idea» per il riassetto del campus Bonardi, a Città Studi. Il progetto viene sviluppato da Ottavio Di Blasi, ex collaboratore del senatore a vita, senza alcun concorso. L’intervento, inaugurato nel 2021 dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella porta la firma del maestro, ma nasce da una decisione fiduciaria, non competitiva. Ancora più significativa l’operazione in corso sulla cosiddetta Goccia alla Bovisa: 325 mila metri quadrati, in larga parte di proprietà comunale, destinati a ospitare il nuovo Campus Nord del Politecnico. Il masterplan e la progettazione sono affidati al Renzo Piano Building Workshop. Non c’è stata gara: la progettazione è stata «donata» dalla Fondazione Ion, espressione del gruppo fintech internazionale Ion Group, che ha finanziato il lavoro dell’archistar poi consegnato al Politecnico e al Comune. Un contratto a favore di terzo che ha reso possibile aggirare il concorso e portare direttamente Piano come progettista.

Al momento i finanziamenti pubblici stanziati per la realizzazione del nuovo Campus Nord – Bovisa Goccia del Politecnico di Milano corrispondono a 140 milioni di euro, tra ministeri e Regione Lombardia.

Il paradosso è evidente se si guarda alla Bocconi. L’università privata, negli ultimi vent’anni, ha scelto i suoi architetti con concorsi internazionali: le Grafton Architects per la sede di via Roentgen, SANAA per il nuovo campus urbano inaugurato nel 2019. Mentre il pubblico si affida a donazioni vincolate che sottraggono spazio alla competizione, il privato difende la trasparenza delle gare come strumento di legittimazione culturale. L’anomalia si accentua se si considera che la Bovisa-Goccia è suolo comunale, concesso al Politecnico per un progetto che, pur essendo presentato come dono, porta con sé interessi precisi. La stessa Fondazione ION è tra i soci fondatori della Tech Europe Foundation, insieme a Bocconi, Fondazione Politecnico, FSI e Camera di Commercio, destinata a insediarsi proprio nel nuovo campus. Alla guida c’è Ferruccio Resta, ex rettore del Politecnico, presidente della Fondazione Polimi e uomo di collegamento tra politica, finanza e università.

È in questo intreccio che la figura di Renzo Piano assume un significato particolare. Da dieci anni senatore a vita, «per altissimi meriti artistici», Piano è simbolo del prestigio italiano nel mondo. Il suo nome garantisce qualità e visibilità internazionale, ma la sua presenza, quando arriva per via di donazioni o sponsorizzazioni, sembra anche funzionare da scudo, da garanzia intoccabile per operazioni che non passano attraverso la concorrenza. La cronaca giudiziaria di queste settimane, con i messaggi che parlano esplicitamente di «progetto di Piano» e degli interessamenti per farlo passare negli uffici comunali, mostra quanto il suo marchio sia percepito come determinante anche nei tavoli politici e amministrativi.

Resta allora una domanda che riguarda Milano e le sue istituzioni: è accettabile che un’università pubblica, su terreni pubblici, rinunci al concorso di progettazione? Le procedure di sponsorizzazione e donazione sono legittime, ma riducono al minimo la trasparenza proprio dove la trasparenza dovrebbe essere massima. La città ha bisogno di idee, di confronto, di pluralità di visioni. Oggi, con un’inchiesta che mette in discussione i confini fra interesse pubblico e pressioni private, quel modello torna a essere oggetto di discussione. Renzo Piano rimane l’architetto più celebrato del Paese, un senatore a vita che incarna l’eccellenza. Ma la sua presenza, senza concorso, rischia di trasformarsi nel simbolo di un’anomalia che Milano non può più permettersi di ignorare.

Autore
Panorama

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