Inchiesta sul Fc Crotone, dalla security alle trasferte tutto in mano ai clan
- Postato il 17 settembre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Inchiesta sul Fc Crotone, dalla security alle trasferte tutto in mano ai clan
Rivelazioni del pentito Oliverio nell’inchiesta che ha portato all’amministrazione giudiziaria per l’Fc Crotone. I tentacoli sulle trasferte
CROTONE – Dalla sicurezza dello stadio Scida alle trasferte della tifoseria alla vendita di gadget sportivi: tutto in mano alla cosca Megna. Dopo il pestaggio in strada subito dell’ex patron rossoblù Raffaele Vrenna, la gestione della security passò da un clan all’altro. I Vrenna Bonaventura Corigliano, emersi nelle inchieste degli anni scorsi anche per i tentacoli allungatisi sul Crotone calcio, avevano ormai ceduto il passo ai Megna di Papanice, a conferma dello scenario delineato dalla più recente indagine che nel giugno 2023 ha portato all’operazione Glicine-Acheronte. Questo il senso delle rivelazioni del collaboratore di giustizia crotonese Francesco Oliverio, condannato quale mandante dell’omicidio di Giuseppe Tersigni.
IL DOPO BONAVENTURA
Interrogato dal procuratore Domenico Guarascio, oggi alla guida della Procura pitagorica ma nel 2019 in servizio alla Dda di Catanzaro, Oliverio ha raccontato come la vicinanza indiretta dei fratelli Raffaele e Giovanni Vrenna, attuale presidente rossoblù, ai clan abbia garantito loro una sorta di immunità rispetto alle pretese estorsive delle altre cosche. Ma dopo il pentimento di Luigi Bonaventura, che «in passato» se ne occupava in prima persona, la sicurezza dello stadio passò sotto l’egida del boss di Papanice Domenico Megna. Ci sono anche questi elementi tra quelli valorizzati nella proposta, avanzata dal capo della Dna, Giovanni Melillo, da quello della Dda di Catanzaro, Salvatore Curcio, e dal questore di Crotone, Renato Panvino, e accolta dal Tribunale di Catanzaro, per l’applicazione della misura dell’amministrazione giudiziaria al Fc Crotone.
PESTAGGIO SPARTIACQUE
Oliverio ha raccontato che in un primo momento Raffaele Vrenna tentò di resistere alle imposizioni dei papaniciari ma, dopo aver subito un’aggressione da parte di tre incappucciati, dovette cedere. Passò un brutto quarto d’ora, l’ex patron rossoblù, che subì diverse contusioni e la frattura del braccio sinistro tanto da essere sottoposto a un intervento chirurgico. Il pentito ha fatto due nomi al pm Guarascio: Maurizio Del Poggetto e Cesare Carvelli, condannati nei mesi scorsi nel troncone svoltosi col rito abbreviato nel processo Glicine. Sono i nomi che spuntano nel ramo security successivamente alla collaborazione con la giustizia da parte di Bonaventura. «Ricevevamo i soldi dei parcheggi, incassavamo i biglietti alle porte e si gestiva il bar senza rendere conto al proprietario del locale. Dopo il pentimento di Bonaventura, ricordo che, per la sicurezza dei locali e allo stadio, intervenne una società di Cosenza». «Pian piano» però, i papaniciari riprendono il settore della sicurezza in mano, fino a stabilire un monopolio.
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DA CARNEFICI A VITTIME
Oliverio sostiene che negli ambienti criminali si sapeva che l’ex patron rossoblù sarebbe stato «picchiato a causa del campo e che la cosa proveniva da Papanice». A quel punto, a dire del collaboratore di giustizia, i fratelli Gianni e Raffaele Vrenna «si sono accordati con i papaniciari». «Si pensavano che erano i Vrenna», dice Oliverio nel suo slang crotonese, con riferimento al blasone criminale che aleggia attorno a un cognome che ha un suo peso specifico nel panorama della criminalità organizzata locale. «Quella dei Vrenna è stata una famiglia centenaria», insomma. E in un primo momento «c’è stato il rifiuto». C’erano i «cugini», ovvero «Pino Vrenna, Luigi Bonaventura, Guglielmo Bonaventura, Mario Bonaventura e company», a garantire una sorta di immunità dalle richieste estorsive. «Avevano l’Akros, facevano movimento terra col cugino, avevano il Crotone calcio». Ma un certo punto si sarebbero trasformati «da carnefici a vittime». Ed è stato un atto eclatante. Raffaele Vrenna fu in strada «per farglielo capire».
IL CAPO ULTRA “MASTAZZOLO”
C’è un aspetto su cui Oliverio si sofferma con particolare efficacia. Se i Vrenna imprenditori versavano mazzette ai cugini ‘ndranghetisti, «fra di loro non c’era malumore». Con l’avvento dei papaniciari, «inizialmente Gianni e Raffaele Vrenna non volevano accettare l’imposizione della guardiania allo stadio da parte degli uomini di Megna». Da qui l’aggressione a Raffaele Vrenna. In questo contesto, alla fine, Maurizio Del Poggetto sarebbe stato assunto alle dipendenze dei Vrenna. Era sul camion che raccoglieva spazzatura, poca però. Oliverio quasi sorride quando il pm chiede se Del Poggetto “lavorasse”.
Il pentito si sofferma anche sul ruolo di un certo Francesco “Mastazzolo”, capo ultrà del Crotone, che gestiva le trasferte del Crotone, lucrando sui gadget sportivi. Dalle indagini, in particolare, è emerso che Antonio Verardi, ritenuto contiguo alla cosca Foschini Barilari e già noto alle forze dell’ordine per reati di droga, sarebbe stato collocato, col beneplacito dei Megna, clan egemone nel territorio, come organizzatore dei viaggi della tifoseria, della distribuzione dei biglietti e di prodotti marchiati rossoblù.
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