In un’epoca di guerre, scompare la voce della pace: papa Francesco

  • Postato il 16 maggio 2025
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In un’epoca di guerre, scompare la voce della pace: papa Francesco

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In un mondo guerre è scomparso Papa Francesco, instancabile difensore della pace come cultura. La sua eredità di dialogo e tolleranza passa al nuovo Papa Leone XIV.


In un contesto di politica internazionale dominato da numerosi conflitti a carattere regionale, dalla cui sommatoria il quadro politico sembra assumere i caratteri di un conflitto mondiale, con implicazioni di ordine politico, diplomatico, sociale ed economico, è venuta meno la figura di Papa Francesco.

In questo contesto storico e politico egli era alfiere instancabile della diplomazia della pace, intesa non come assenza di guerra, bensì come cultura insita nella formazione dell’essere umano e delle comunità sociali e politiche. L’azione bergogliana ha tratto ispirazione dall’idea di una comunità globale concepita nel segno della tolleranza, della multiculturalità, del dialogo interreligioso, quali antidoti permanenti al fallimento delle scelte politico/diplomatiche basate sulla logica dell’aggressività e delle soluzioni armate, figlie dell’industria e del commercio mondiale delle armi.

PAPA FRANCESCO, LA PACE, LA LOTTA CONTRO LE LOBBY E LA SCARSA VOLONTÀ INTERNAZIONALE

Papa Francesco ha svolto, in questi anni di difficili contesti politici, il ruolo di propulsore instancabile, per molti versi solitario, della pace mondiale, scontrandosi però con le lobbies delle armi e delle multinazionali dedite allo sfruttamento degli ultimi della terra. Una lotta che finora si è rivelata impari, in un contesto internazionale dominato dalla globalizzazione selvaggia e senza regole, nonché da una strategia priva di capacità diplomatica. La morte di Francesco ha creato, detto in senso laico, un problema di leadership autorevole, per la continuazione dell’azione finalizzata alla ricerca della pace duratura. Il grande “investimento” diplomatico di Papa Bergoglio ha dato, purtroppo, scarsi risultati, dovuti alla mancanza reale di volontà dei soggetti interloquenti.

In altri termini, si pone il problema della continuità dell’azione religiosa, politica e diplomatica messa in cantiere da Jorge Mario Bergoglio, nel perseguimento degli obiettivi della pace, intesa quale valore globale, unificante e permanente, seppure nelle diversità istituzionali e politiche.

PER PAPA FRANCESCO LA PACE COME BENE COMUNE E LA CRITICA ALL’ESCALATION MILITARE

La pace va intesa non come assenza di guerra, bensì come bene comune in cui perseverare, non disgiunto dalla giustizia sociale e dall’equa distribuzione della ricchezza. Abbiamo compreso, studiando la strategia bergogliana, che l’escalation militare, come mezzo di risoluzione dei conflitti, porterà all’auto annientamento e alla povertà globale. L’affermazione, nelle comunità nordamericane e in quelle ispaniche del Sud America, delle tesi calviniste del vangelo della prosperità e della ricchezza senza limiti, intese come segno della benevolenza di Dio, consacrano il neoliberismo economico e allargano il solco, già profondo, tra le Nazioni ricche e le aree povere e depresse del pianeta, legalizzando “la teoria del domino”.

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Tale è l’eredità che assume il neoletto Papa Leone XIV (Robert Francis Prevost), nordamericano di nascita, ma ispanico per genetica e formazione pastorale. Il suo Ministero pastorale, esercitato come Superiore Generale dei Padri Agostiniani e successivamente come Vescovo in Perù, Paese caratterizzato da grande povertà e da fermenti politico/religiosi ispirati alla teologia della liberazione, supera il concetto, per molti aspetti sintetico, tra “progressisti” e “conservatori”, uniformando l’azione del Capo della Chiesa Cattolica ai profondi valori evangelici e al necessario pragmatismo.

LA “CARTINA DI TORNASOLE” DEL NUOVO PONTIFICATO

L’impatto del Nuovo Pontefice con i grandi temi della politica planetaria sarà la vera cartina di tornasole della sua azione pastorale e politica.

Indubbiamente alla illuminazione della fede deve associarsi, come sopra affermato, il pragmatismo della politica, fatto di analisi e di agire diplomatico. Un ruolo rilevante nell’azione del nuovo Pontefice dovrà essere rivestito dalla dottrina sociale della Chiesa, nella misura in cui contribuirà alla implementazione di modelli economici e di convivenza giusti e condivisi. In tale auspicabile contesto un ruolo importantissimo dovrà essere assunto dalla comunicazione istituzionale, intesa come strumento di divulgazione programmatica, contro l’idea del neutralismo.

Alla luce del sostanziale fallimento della diplomazia internazionale  sui grandi temi, quali povertà, sviluppo economico equo e sostenibile, sfruttamento intensivo delle risorse planetarie, difesa della biodiversità, tutela della pacifica coesistenza tra i popoli, è necessario che la Chiesa, a livello della Sua Massima Autorità, si faccia promotrice delle “Comunità per la Pace”, intese quali organi  paritari  di una diplomazia permanente, che persegua, unitamente alle comunità locali, alle associazioni di volontariato, alle articolazioni della società civile ed alle altre confessioni religiose, l’obiettivo concreto della pace, come cultura fondante del vivere quotidiano, contro ogni logica di prevaricazione e sopraffazione.

UN DIALOGO PACIFISTA COSTANTE

È ben chiaro, peraltro, che le “Comunità per la Pace” non hanno finalità sostitutive della diplomazia ufficiale, ma devono costituire elementi di stimolo permanente nell’implementazione del dialogo pacifista, vale a dire di quella pace che il nuovo Pontefice ha definito «disarmata, disarmante e umile». Contestualmente è necessario che i componenti della “partnership” di questa diplomazia della pace dovranno essere costantemente informati alla perseveranza e alla conoscenza degli eventi, considerato che il terreno della pace non può evidenziare crepe e discontinuità, nelle quali potrebbero fare capolino interessi bellicisti, nemici della pacifica coesistenza tra i popoli.

* Tullio Laino Dirigente medico dell’Asp di Cosenza da Aprile 2001 a Giugno 2015.

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