In una commissione scientifica si dovrebbe poter discutere con chiunque. Invece si è tornati allo scontro
- Postato il 1 settembre 2025
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di Sara Gandini e Paolo Bartolini
Ci piacerebbe essere così democratici da affermare che in una commissione scientifica si dovrebbe poter discutere con chiunque, anche con chi, in vena di provocazioni, si spinge fino a dichiarare che durante il caos pandemico i vaccini avrebbero causato tante vittime quanto il virus.
Ma non è così semplice. Confrontarsi con chi la pensa in modo radicalmente opposto, e in più alza i toni fino all’esasperazione, non è scontato. Soprattutto quando i media alimentano lo scontro e polarizzano i discorsi, gli scienziati invece di discutere attorno a un tavolo si mettono a fare petizioni, e il tutto ristagna in sacche ideologiche prive di senso.
Se si stesse su un livello politico più dignitoso, si potrebbe invece discutere di temi altrettanto divisivi, ma di reale impatto, come quello degli obblighi vaccinali. Nonostante siamo convinti dell’importanza del presidio vaccinale anche per la Covid-19, pensiamo che l’uso di obblighi diretti e indiretti (come il pessimo green pass) sia stato non solo inutile, ma controproducente, e abbia alimentato, in un numero non piccolo di cittadini, sfiducia e ostilità nei confronti della scienza, dei medici e delle istituzioni. Fatto di per sé molto grave.
Sappiamo da molto tempo che, nelle campagne vaccinali e non solo, procedere a suon di obblighi o ricatti non paga. L’obbligo e misure uguali per tutti mal dispongono l’opinione pubblica verso le istituzioni e il mondo medico. Da anni si parla dell’importanza di una medicina e di una prevenzione personalizzate e mirate (dunque attente alle fasce di età e di rischio della popolazione in determinate condizioni socioculturali). Perché non dare seguito, concretamente, a queste istanze?
L’ambivalenza insita nella parola greca pharmakon, che è cura o veleno a seconda delle dosi e delle situazioni specifiche degli umani che se ne avvalgono, dovrebbe essere riscoperta e usata per politiche della salute incentrate su efficacia, cautela e legittimità del dissenso argomentato. Riteniamo, infatti, che future epidemie debbano essere affrontate evitando lo shock di una società blindata e autoritaria, nella quale diminuisce la critica democratica nel momento in cui si impenna il ritorno economico delle multinazionali del farmaco e si investe sempre meno nella sanità pubblica.
Questa proporzionalità inversa riguarda, a ben vedere, le tendenze dominanti del tempo: il conflitto democratico viene anestetizzato o esplicitamente rifiutato, mentre le logiche del profitto si saldano con il controllo capillare dei cittadini (reso possibile anche dall’invadenza digitale).
A proposito, pare che alcuni membri della commissione avessero chiari conflitti di interesse, non compatibili con le attività del Nitag, ma questo fatto curiosamente non ha scatenato altrettanto scandalo nei promotori delle raccolte di firme del CTS e nei vari divulgatori scientifici così attenti alla verità scientifica.
In assenza di un’inversione di marcia, la sfiducia già ricordata nei confronti delle istituzioni e degli scienziati potrà solo aumentare, con grande danno per qualunque politica seria di fronteggiamento delle emergenze reali. E a chi ricordasse, come succede sempre, che nel pieno di una crisi morbosa fuori dal comune bisogna agire e non c’è tempo per il dibattito, noi rispondiamo che i decisori politici hanno sempre il dovere di correggere in itinere le loro azioni, proprio per far fronte agli effetti iatrogeni di scelte rigidamente assunte come immodificabili.
Quanti danni in meno per i nostri ragazzi se, dopo il primo lockdown, si fosse tenuto conto dei dati a disposizione rinunciando a ripetere l’isolamento delle nuove generazioni e la sospensione delle loro attività scolastiche, sportive e sociali? E quante polemiche e ingiustizie si sarebbero potute evitare non adottando il lasciapassare verde, essendo noto a chiunque che i nuovi vaccini non bloccavano la circolazione del virus?
E, d’ora in avanti, quanti problemi potremmo risolvere considerando l’obbligo vaccinale un’extrema ratio da evitare più possibile (e da supportare con dati inconfutabili), cercando altre vie per tutelare la salute di tutte/i e la libertà di ciascuno?
In ultimo: ben vengano i conflitti, ma è fondamentale imparare a lavorare sulla mediazione tra posizioni differenti, affinché i conflitti non diventino guerre. Sia nella politica interna, che a livello internazionale. Evitiamo di farci strumentalizzare.
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