In Calabria un giovane su cinque emigra per la crisi di prospettive
- Postato il 19 novembre 2025
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- Di Quotidiano del Sud
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Il Quotidiano del Sud
In Calabria un giovane su cinque emigra per la crisi di prospettive

In Calabria un giovane su 5 emigra per la crisi e mancanza di lavoro/reddito e un contesto lavorativo fragile, dove diritti e doveri non sono equilibrati.
I dati sull’emigrazione ci dicono che 1 giovane calabrese su 5 emigra. L’emorragia che colpisce la fascia d’età fra i 18 ed i 34 anni è ancor più evidente nella sua drammaticità nei piccoli centri, ovvero nei comuni con meno di 5mila abitanti, dove difficilmente si palesa l’idea di futuro fra i banchi di scuola sempre più vacanti. Appartengo alla generazione ch’è cresciuta con la narrazione famigliare dove zii e parenti partivano col magone, anelando ritorni che in verità coincidevano vieppiù con ferie, lutti e festività. Le rimesse sono servite a costruire case rimaste scrigni vuoti, abitati tuttalpiù in sporadici episodi nelle altalene di ritorni e ripartenze.
Le costruzioni faraoniche costruite grazie ai risparmi generati altrove negli scorsi decenni, sono monumenti inutili che sottolineano quanto fallace sia la possibilità di conciliare futuro e prospettive fra la vita di provincia calabrese, e quella dei centri metropolitani del settentrione o al di là delle Alpi. Dagli anni duemila la situazione è fortemente cambiata. I costumi sociali denotano aspirazioni di vita più alte e legami più laschi. Nonostante la politica alle nostre latitudini bipartisan continua con la narrazione del ritorno, ci sono oramai figli e nipoti di quegli stessi politici che ambiscono a condizioni di vita diverse, lontane dalla Calabria.
INFRASTRUTTURE: PARTIRE È PIÙ FACILE CHE ARRIVARE
Gli investimenti che hanno portato a garantire treni ad alta velocità, ancorché sulle linee ferrate di sempre, ed il potenziamento nell’offerta aeromobile hanno dato modo non già di arrivare, ma soprattutto di partire. Chi parte si accorge delle differenze profonde che ci separano dal resto dell’Europa che conta. Torna utile quindi interrogarsi sui perché si parte. Il grande imputato è non solo il lavoro, quanto più l’accesso al reddito. Con la carenza demografica in corso e l’invecchiamento della popolazione è chiaro che ci siano praterie nell’imprenditorialità e nel lavoro in senso stretto. Le politiche occupazionali che guardano ad incentivare il fare impresa sono plurime e gli investimenti in bandi curati da stato e regione svolgono un ruolo tutt’altro che marginale.
CONCORRENZA E MENTALITÀ: PERCHÉ I CALABRESI EMIGRANO
Ed allora perché i calabresi decidono di emigrare? Perché molto prosaicamente la Calabria vive in un regime di concorrenza. Il mercato del lavoro è più dinamico in altre regioni italiane, così come è marginalmente più interessante fare impresa laddove esistono reti infrastrutturali e logistiche che meglio connettono il mercato interno dell’UE. A fare concorrenza poi alla Calabria è anche la mentalità. Nonostante l’affrancamento dalla società latifondista e periferica che ha per secoli caratterizzato la società calabrese, continua a perdurare un sistema ed un modus operandi che difficilmente si rintraccia in altri contesti dell’Unione Europea.
IN CALABRIA, UN GIOVANE SU CINQUE EMIGRA PER LA FRAGILITÀ DEL CONTESTO LAVORATIVO
Basta confrontarsi fra chi ci sta accanto nelle sale d’attesa, ai bar o nei mercati per accorgerci di quanto fragile sia il contesto del diritto del lavoro alle nostre latitudini. Lavorare senza orari, con contratti farlocchi (quando ci sono), su turnazioni senza stacchi a rigor di legge sono situazioni all’ordine del giorno nella vita reale di una miriade di persone che è rimasta e produce reddito in Calabria. A fronte di queste situazioni è pacifico osservare come chi non ha legami o adempimenti a cui assolvere come la cura di parenti o eredità da gestire, si trovi nelle condizioni migliori per lavorare altrove. Equilibrando meglio la bilancia fra diritti e doveri sicuramente meno calabresi deciderebbero di esercitare la propria forza lavoro in contesti lontano dai luoghi natii.
IN CALABRIA EMIGRA UN GIOVANE SU CINQUE, SERVE UN CAMBIO CULTURALE PER IL FUTURO
In un territorio vasto com’è quello calabrese l’emigrazione genera delle lacune, che non riescono ad essere sopperite dal pubblico, che pure tanto interviene in favore del privato sostenendo investimenti e servizi sulle carenze sempre più croniche. Da qui lavorare altrove non è più una mera costrizione, ma in vari casi una scelta di vita. Senza legami affettivi da mantenere è comprensibile la decisione di chi decide di garantire un futuro migliore ai suoi figli altrove, dove servizi e offerte hanno un peso specifico maggiore. Occorre quindi guardarsi allo specchio, spogliarsi da questo atteggiamento servile che ancor oggi ci portiamo tristemente appresso come un vecchio cencio e garantirci spazi di lavoro e competitività in Calabria come nelle altre aree geografiche d’Europa che contano.
Una maggiore redistribuzione della ricchezza e l’accessibilità al reddito sono iniezioni salvifiche nell’economia reale, che potrebbe da qui partire per invertire la tendenza. Un cambio culturale, come genesi di un cambio più strutturale. Un nuovo patto sociale fra lavoratori e datori di lavoro, fra ricerca e manifattura, arte e artigianato nel rispetto reciproco foriero di nuove possibilità per tutti. Occorre riscoprirsi al centro di un progetto politico ed infrastrutturale importante chiamato Mediterraneo. L’UE col lancio del nuovo Patto politico per il Mediterraneo guarda in questa direzione incentivando attraverso una più marcata strutturazione il dialogo politico, ed è doveroso da parte nostra prepararsi al meglio, affinché il futuro sia prospettiva di vita per tutti, e non soltanto per pochi eletti.
* Emanuele Carnevale, esperto in Progettazione culturale per la partecipazione attiva e l’innovazione del territorio
Il Quotidiano del Sud.
In Calabria un giovane su cinque emigra per la crisi di prospettive