Illusioni, metamorfosi e superstizioni: le nuove mostre alla Fondazione Sandretto di Torino
- Postato il 13 novembre 2024
- Arte Contemporanea
- Di Artribune
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Durante la settimana dell’arte autunnale di Torino, la Fondazione Sandretto ha presentato Silent Studio, una mostra dal forte impatto emotivo nonché la prima antologica in un’istituzione italiana di Mark Manders, e Your Mouth Comes Second, la prima personale dell’artista newyorkese Stefanie Heinze.
La mostra di Mark Manders alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Silent Studio dello scultore olandese Mark Manders (Volkel, 1968; vive e lavora a Ronse, in Belgio) comprende lavori inediti e una selezione di opere realizzate in oltre trent’anni, come Short Sad Thoughts (1990), all’interno di un ambiente immersivo che è stato concepito per quest’occasione. L’esposizione si concentra sulla ricerca dell’artista sulla relazione esistente tra linguaggio, scultura e finzione, ricerca avviata nel 1986 e che si è sviluppata nel progetto Autoritratto come edificio, che gli ha valso il Premio Regione Piemonte nel 1997. Questa ricerca è dedicata alle potenzialità narrative della scultura e alla costruzione di un’idea di autoritratto che sia lontana dalla dimensione letterale e personale. Il linguaggio espressivo dell’artista considera infatti le opere come “parole visive” e le mostre come “stanze” di un edificio immaginario, che riflette la narrazione scelta dall’artista. In costante evoluzione, le stanze si espandono e si riducono, dando vita a un’architettura che è autoritratto dell’artista. Anche il tempo si dilata e si contrae, alludendo in parte al passato ed in parte al presente.
Le opere di Mark Manders in mostra a Torino
Lo studio di Manders è un luogo sia reale che mentale e si sovrappone all’architettura minimalista della Fondazione. La mostra si articola in più di venti opere, tra sculture, installazioni e mobili, in vari materiali, tra cui bronzo, acciaio, ferro e carta, allestite in un ambiente che offre agli spettatori la possibilità di scoprire la vita quotidiana dell’artista. Le sculture di Manders – come Dry Clay Head (2015–2016) o Unfired Clay Figure (2005–2023) – trasmettono un’idea di transitorietà e vulnerabilità, di non finito, anche tramite l’impiego di materiali che simulano la fragilità dell’argilla. Quasi si trattasse di un’ode all’immaginario, la mostra sfida lo spettatore a distinguere la rappresentazione immaginaria dalla realtà materica. L’esposizione celebra altresì la relazione tra Mark Manders e la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, iniziata con la partecipazione dell’artista a Guarene Arte 97 con l’opera, presente in mostra, Fox / Mouse / Belt (1992)
Finzione e realtà nella mostra di Mark Manders
Nella project room vengono esposti dei lavori che ricreano un interno domestico. Caratteristica della pratica artistica di Manders è infatti il simulare l’impiego di oggetti prelevati dalla quotidianità, come i giornali, quando in realtà ogni elemento è stato realizzato appositamente, in modo da poterlo svincolare dalle sue coordinate spazio-temporali. L’opera Perspective Study (2005-2024) è composto da un neon spento e da due giornali, realizzati per il progetto Room With All Existing Words (2005-2022) Per questo progetto l’artista ha realizzato dieci giornali, che ricorrono in mostra, composti dalle parole dell’Oxford English Dictionary, disposte in ordine causale per formare frasi prive di senso. Manders ha selezionato la parola “sciapode” e da questa ha avviato un ciclo di lavori, tra cui Skiapod 57 (2005-2024). L’opera raffigura una figura mitologica, apparentemente apparsa in varie culture e descritta come un essere dotato di un unico grande piede, che impiega per proteggersi dal sole. Questo ciclo di opere, che comprende altresì una falsa pagina Wikipedia, sfuma irrimediabilmente i contorni tra ciò che costituisce analisi filologica e la narrazione fittizia.
L’illusione nelle opere di Mark Manders
La sala principale ospita opere dedicate alla lavorazione delle sculture in argilla dello studio di Manders, situato in un’ex fabbrica di tessuti a Ronse, Belgio. L’ambiente dà l’idea di un cantiere, con cartone, aste in legno e muri in plastica, ma rappresenta fedelmente il luogo in cui l’artista realizza i suoi lavori. Le sculture sembrano colte nel momento della creazione ed esprimono grande fragilità, per il loro essere cosparse di crepe e per la presenza a terra di resti e polveri di argilla, complicando l’esperienza del visitatore e la sua capacità di distinguere tra narrazione e realtà materica. A dispetto dell’apparenza, le opere sono infatti realizzate in bronzo, con un processo che prevede la fusione degli originali in argilla. Posizionate all’interno di un questo labirinto troviamo Working Table (2017), Room with Unfired Clay Figures (2011-2015) e Dry Clay Head (2015-2016). Novelist Lounge Chair (Chair with All Existing Words) (2005-2024) è stata concepita per essere la migliore sdraio possibile per uno scrittore, ed è fornita di un poggiatesta composto da tutte le parole esistenti al mondo.
La mostra di Stefanie Heinze alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Your Mouth Comes Second è la prima personale istituzionale di Stefanie Heinze (Berlino, 1987), che vive e lavora a New York. Espone opere che fanno riferimento alle tematiche care all’artista, quali l’esplorazione della tenerezza e della vulnerabilità e la relazione tra spiritualità antiche e urbane. Ispirate da fonti anti-egemoniche, le opere esplorano ciò che precede il linguaggio, come l’osservazione, la sensibilità e l’incertezza, canalizzando nella pittura la curiosità dell’artista verso l’ignoto. Heinze rifiuta di prendere una posizione univoca nella contrapposizione tra astrazione e figurazione, che riconduce al concetto di “both and”. La sua pratica nasce da disegni e collage di piccolo formato che vengono tradotti in ampi tableaux. Per lei il disegno è un atto interno, un procedimento di riduzione, mentre la pittura è un atto esterno, di produzione. Le immagini vengono costantemente tagliate e ricostruite, in un processo continuo di negazione e aggiunta: provocando continue metamorfosi, il lavoro di Heinze interrompe le distinzioni tra la cosiddetta cultura alta e bassa.
Le opere di Stefanie Heinze a Torino
In mostra sono presenti tele di grande formato, con forme ambigue e colori sgargianti. In esse a volte sembra di scorgere parti del corpo, cibi, animali e oggetti quotidiani, ma si tratta di forme che si fondono e si dissolvono, si sovrappongono e si oscurano. Il risultato è che i simboli che appaiono sulle tele appaiono indistinguibili. Il suo stile pittorico abbraccia volutamente questa confusione, eliminando ogni possibile senso prestabilito. Spogliando il linguaggio e sabotando la nostra dipendenza dalla mente, l’artista mira infatti a disturbare la psiche, per riconnettere il corpo con i sensi e in particolare con la percezione. Per Heinze questo approccio è sia politico che profondamente personale: l’instabilità che vuole creare con le sue opere è una forma di disapprendimento, un rifiuto della categorizzazione, a favore invece di un’apertura al cambiamento, nel tentativo di trovare un vocabolario più empirico.
La mostra di Bekhbaatar Enkhtur alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo è inoltre visitabile Hearsay, mostra personale di Bekhbaatar Enkhtur (Ulaanbaatar, 1994), un’iniziativa promossa da illycaffè e Artissima. L’esposizione raccoglie opere dedicate ai simboli della superstizione e della fortuna: l’artista intreccia le nozioni di fede e fallibilità come due metà di un tutto, esplorando i modi in cui gli esseri umani cercano di comprendere il mondo che li circonda, attraverso credenze e mitologie, logica e pensiero razionale.
Giulia Bianco
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L’articolo "Illusioni, metamorfosi e superstizioni: le nuove mostre alla Fondazione Sandretto di Torino" è apparso per la prima volta su Artribune®.