Il silenzio degli storici davanti allo storicidio

Il silenzio degli storici davanti allo storicidio



Ma davanti allo scempio della storia, cancellata, distorta e maledetta, cosa dicono gli storici di professione? Tacciono, al più sussurrano sottovoce, si immergono nei loro libri e nelle letture. Eccolo, il tradimento degli storici, con la loro ignavia. È possibile che nessuno storico italiano, nessun cattedratico abbia il coraggio di dire, con parole chiare e forti, che l’onda lunga di criminalizzazioni degli avvenimenti storici del passato è un’infamia che uccide la verità storica e pure la ricerca? Possibile che nel Paese di grandi storici, fino a Renzo De Felice e Rosario Romeo, non si levi una voce, non sorga un gruppo o un’iniziativa per deprecare l’uso politico e giudiziario della storia, la condanna retroattiva del passato e le cerimonie istituzionali fondate su verità di comodo, mezze, false o unilaterali? La memoria storica rinnegata o demonizzata e i film settari e manichei, monotoni e allineati al mainstream. Solo qualche apprezzabile parentesi come Rai storia, poi il nulla. La storia si cancella e gli storici non hanno nulla da dire?

In Italia e in Occidente assistono inermi al linciaggio permanente dei fatti e al massacro retroattivo degli avvenimenti e dei protagonisti del passato. Una società che uccide e rinnega la sua storia ha smesso di essere una civiltà; si è dimessa dalle sue radici, dalla sua identità, dalla sua dignità, dalla sua tradizione, dalle sue memorie, divise e condivise, unitarie e controverse.

In Francia sorse anni fa un’associazione di storici, «Liberté pour l’histoire», per denunciare questo bavaglio ideologico-penale alla storia che in Francia è iniziato prima che da noi. Traccia di quella denuncia resta in due testi, uno di Pierre Nora e l’altro di Françoise Chandernagor, che furono pubblicati in Italia da Medusa (con un’introduzione di Franco Cardini) col titolo Libertà per la storia. Vi si denunciava la vigliaccheria politica e la riduzione del passato a collezione di orrori; «la retroattività senza limiti e la vittimizzazione generalizzata del passato». Un impianto accusatorio e moralistico che di fatto distrugge la ricerca storica, ne impedisce gli scavi e le revisioni, impone pregiudizi e scomuniche... La storia risulta davvero, come notava Nora, «un lungo susseguirsi di crimini contro l’umanità».

Ma il problema si aggrava se si considerano le varie, ulteriori complicazioni e aberrazioni che ne discendono. La prima è che la pretesa di giudicare il passato con gli occhi, i pregiudizi, le ideologie del presente, ci porta a condannare ogni evento o personaggio che si discosti dal nostro modo di vivere e di giudicare le cose. Poi l’interdizione ricade sui viventi, serve per colpire da una parte i movimenti e la gente comune che ha opinioni differenti sulla storia e dall’altra colpisce e inibisce gli stessi storici, la loro ricerca, i loro giudizi e le loro interpretazioni. E ancora, le storie negate o travisate riguardano alcune e ne risparmiano altre: ci sono processi postumi contro la Chiesa e la fede cristiana, contro la storia nazionale, i suoi eroi e condottieri, sono criminalizzati i nazionalismi, i veri e presunti razzisti, e naturalmente i fascismi; ma non c’è la stessa condanna per ciò che accadde ad esempio nella Rivoluzione francese, la ghigliottina e il genocidio della Vandea, nelle Rivoluzioni comuniste, nei gulag e nei regimi comunisti, negli eccidi partigiani, nei bombardamenti e nei massacri compiuti nel nome della libertà e della democrazia, dalle potenze occidentali (condannate invece per quel che concerne il colonialismo). E infine, l’ultimo effetto di quest’abuso giudiziario e politico della storia è legittimare quell’ondata di demenza militante che è la «cancel culture», la furia distruttrice che soprattutto in America, ma non solo, colpisce Cristoforo Colombo e l’Impero romano, i grandi del passato e i monumenti storici. In un susseguirsi di assalti, che investono dai classici ai cartoon...

A supporto di quest’ondata storicida, è sorta una legislazione abnorme in Europa e in Italia ma non si sente la voce di dissenso degli storici, a partire da quelli di grande autorevolezza o visibilità. Conosciamo bene le difficoltà che incontrerebbero: metterebbero a rischio l’accesso a ruoli di prestigio o perfino le loro cattedre, la loro visibilità in tv e nei giornaloni, le loro collaborazioni e i loro incarichi se sollevassero il velo di ipocrisia e gli anatemi dell’«historically correct». Subirebbero ostracismi e linciaggi. E dunque per quieto vivere, per salvaguardare il proprio particolare, sono disposti a veder massacrata la storia, la verità e la ricerca. Ma la storia così perde interesse e valore, diventa solo un tunnel oscuro di infamie e di orrori, da rimuovere e condannare.

Accettando quell’impianto giudiziario e moralistico si firma la capitolazione della storia al presente, la sottomissione della ricerca storica alle leggi speciali e ai loro vigilanti inquisitori, la perdita della memoria storica nel nome di una «pulizia etica» subordinata alle verità dominanti, somministrate dall’egemonia ideologica vigente. Si può dunque parlare di tradimento degli storici per viltà e omertà. Ogni tradimento della verità, dei fatti e dei giudizi saggi si avvale della complicità o quantomeno del silenzio-assenso di quanti dovrebbero obiettare, denunciare, dissociarsi e non lo fanno. Troppi storici appartengono a questa vil razza dannata, anzi d’annata, per restare nella materia.

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Autore
Panorama