Il ritorno di Nelson Piquet, di nuovo al volante della leggendaria Brabham BMW

  • Postato il 3 ottobre 2025
  • Formula 1
  • Di Virgilio.it
  • 2 Visualizzazioni

C’è un filo sottile, ma indistruttibile, che lega il passato glorioso della F1 al presente. Nei giorni scorsi, quel filo ha brillato di nuovo sotto il sole di Lisbona, quando il Circuito di Estoril, teatro di grandi sfide del Circus negli anni ’80 e ’90, è tornato a vibrare al rombo dei motori BMW. Protagonista assoluto, l’uomo che di quei suoni ha fatto leggenda: Nelson Piquet, tre volte campione del mondo, torna al volante di una delle sue vetture più iconiche.

L’evento, organizzato da Dener Motorsports in collaborazione con BMW Group Classic, ha reso omaggio a una carriera che ha segnato la storia del motorsport e che ha consacrato il brasiliano come uno dei piloti più completi, intelligenti e determinati della sua epoca.

Il ritorno alle origini

Per celebrare Piquet, BMW Group Classic ha riportato in pista due auto che più di altre incarnano l’essenza del campione: la Brabham BMW BT52 Turbo, con cui nel 1983 diventò il primo campione del mondo dell’era turbo, e la BMW M1 Procar, vettura con cui conquistò il titolo della spettacolare serie monomarca nel 1980.

Vederle di nuovo ad Estoril, non come pezzi da museo ma come bolidi vivi, pronti a scatenarsi sull’asfalto, è stato un privilegio raro. Non si trattava di una semplice esibizione, Piquet ha davvero guidato, come se il tempo non fosse passato. Prima uno shake-down di rodaggio, poi giri d’onore con la BT52, spingendo quel V4 turbo da 1,5 litri che negli anni ’80 era capace di superare i 1.000 cavalli in configurazione da qualifica.

A fianco del campione, una cornice di nomi che hanno fatto la storia: Bernie Ecclestone, all’epoca patron della Brabham; Gordon Murray, geniale progettista della BT52, ed ex meccanici che con Piquet hanno vissuto le notti insonni di test e sviluppo. Una reunion che ha avuto il sapore della storia e dell’emozione pura.

Coraggio e tecnica

Per capire la portata di questo tributo, bisogna tornare al 1983. La F1 stava vivendo una rivoluzione tecnica con i motori turbo che iniziavano a scalzare i tradizionali aspirati, promettendo prestazioni mai viste prima. BMW arrivò nella categoria regina del motorsport relativamente tardi, ma con idee chiare e una determinazione feroce.

Con la Brabham BT52, frutto del genio di Murray e della spinta tecnologica di BMW, Piquet percorse migliaia di chilometri di test, oltre 33.000 km solo nelle sessioni private, più altri 7.000 tra prove libere e gare ufficiali. Un impegno titanico che trasformò un progetto acerbo in un’arma vincente.

Il risultato? Il titolo mondiale, con Piquet capace di domare un motore tanto esplosivo quanto fragile. Un’impresa resa possibile anche grazie alle prime forme di telemetria. I dati raccolti non servivano ancora a regolare l’assetto in tempo reale, ma erano fondamentali per il lavoro in fabbrica. Il brasiliano ricorda soprattutto la rapidità con cui si potevano risolvere i problemi di consumo di carburante e affidabilità, un vantaggio decisivo nella corsa al titolo.

Piquet: “Era un’opera d’arte”

Quando gli è stato chiesto cosa prova oggi rivedendo la BT52, Piquet non ha avuto dubbi:

“L’auto era ed è bellissima. È un’opera d’arte. È stato il periodo migliore della mia vita”.

Parole semplici, ma che racchiudono l’essenza del suo rapporto con le macchine. Piquet non è mai stato soltanto un pilota veloce, è stato un collaudatore instancabile, un tecnico con sensibilità rara, un uomo capace di costruire intorno a sé una squadra coesa, quasi familiare.

Del 1983 ricorda soprattutto la dimensione umana, una squadra divisa tra corse e test, con BMW che forniva supporto costante, e un’atmosfera che oggi sarebbe impensabile nella F1 iper-professionalizzata e miliardaria.

Dalla Procar al Nurburgring

Il legame con BMW non si limita alla F1. Già nel 1980, prima del titolo mondiale, Piquet aveva dominato la serie Procar al volante della BMW M1. Una competizione unica, che metteva in pista i campioni della F1 e i migliori piloti GT del momento, tutti con la stessa vettura.

Non solo, nel 1981 vinse anche la 1000 km del Nurburgring con una BMW M1 Gruppo 5, condividendo il volante con Hans-Joachim Stuck. Esperienze che testimoniano la versatilità di un pilota capace di esprimersi ai massimi livelli in ogni contesto.

Dal 1982 al 1985, la storia con BMW in Formula 1 fu intensa, dal difficile esordio con la BT50, ai fasti del titolo con la BT52, fino alle stagioni altalenanti con la BT53 e BT54. Un rapporto che si concluse con più alti che bassi, e che resta nella memoria come una delle avventure più emozionanti dell’era turbo.

Estoril, dieci anni dopo

L’ultima volta che Piquet aveva guidato la sua Brabham BMW era stato nel 2015, durante un evento per le leggende della F1 a Spielberg, in Austria. Dieci anni dopo, eccolo di nuovo in Europa, a quasi 73 anni, con la stessa passione di sempre.

Forse per l’ultima volta, ha rivissuto quelle sensazioni che nessun simulatore o parata possono davvero restituire. Il turbo-lag brutale, la spinta devastante sopra i 10.000 giri, la leggerezza di un telaio che richiedeva mani ferme e cuore saldo. Il sorriso sul volto tradiva la gioia autentica di chi ritrova una parte di sé.

Nelson Piquet e Bernie Ecclestone a Estoril
Ufficio Stampa BMW Group
Nelson Piquet e Bernie Ecclestone in pista a Estoril con la Brabham BMW BT52 Turbo

Tributo alla memoria collettiva

Non è stato solo un omaggio a Piquet, ma un tributo a un’epoca della F1 irripetibile. Gli anni ’80 furono una stagione di pionieri con ingegneri che osavano, piloti che rischiavano, squadre che lavoravano con risorse limitate ma idee infinite.

La presenza di Ecclestone e Murray ha dato ulteriore spessore all’evento, i testimoni diretti di una storia che non è soltanto sportiva, ma anche culturale. Perché la BT52 non è solo una macchina, è il simbolo della prima, vera rivoluzione tecnologica in F1.

Il lascito

Con 204 GP disputati, 23 vittorie e 7 delle quali con BMW, 3 titoli mondiali (1981, 1983 e 1987) e una reputazione di pilota geniale ma anche irriverente, Piquet resta una figura unica. Non amava i compromessi, sapeva usare la psicologia tanto quanto il piede destro, e soprattutto possedeva un talento cristallino nel capire la meccanica delle vetture.

Il tributo di Estoril ha ricordato a tutti non solo il campione, ma l’uomo che ha cambiato il modo di intendere la F1: meno istinto puro rispetto ad altri rivali dell’epoca, ma una fusione di intelligenza tecnica e sensibilità di guida.

L’applauso del tempo

Mentre il sole calava sul circuito portoghese, il rombo della BT52 e della M1 Procar si spegneva lentamente, lasciando spazio agli applausi del pubblico. Non era nostalgia, ma gratitudine. Applausi per un uomo che ha dato forma a un’epoca e che ancora oggi, salendo su una macchina da corsa, riesce a emozionare.

Forse Piquet non tornerà più al volante di quelle leggendarie BMW. Ma il suo sorriso, al termine dei giri d’onore, dice tutto. Ci sono momenti che rimangono sospesi nel tempo e a Estoril, nel 2025, il tempo si è fermato per celebrare uno dei più grandi.

Autore
Virgilio.it

Potrebbero anche piacerti