Il riarmo russo impone scelte irrinunciabili. La linea di Crosetto e Tajani
- Postato il 3 luglio 2025
- Difesa
- Di Formiche
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“A chi pensa che la guerra è lontana, ricordo che tutti i giorni subiamo attacchi hacker e che questi attacchi sono atti di guerra”. Questo uno dei passaggi nevralgici dell’audizione del ministro della Difesa Guido Crosetto davanti alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato sugli esiti dell’ultimo vertice Nato assieme al collega Antonio Tajani. Un’occasione non solo per sintetizzare i concetti andati in scena all’Aja, ma soprattutto per ricordare anche all’opposizione che le decisioni strategiche, come appunto quelle sulla difesa e che riguardano l’appartenenza dell’Italia alla Nato, non sono figlie del caso ma direttamente proporzionali al quadro mutato, dove la sicurezza generale è in costante peggioramento.
Le conseguenze del riarmo russo
Premessa concettuale è che la Russia è sempre più armata e rappresenta una potenziale minaccia dal momento che, come osservato da Crosetto, entro 5 anni potrà colpire territori Nato, per cui servono nuovi obiettivi. Il riferimento è ai numeri di Mosca, che nel solo 2025 avrà più di 1.500 carri armati, centinaia di missili Iskander, migliaia di missili di vario tipo e più di un milione di droni da ricognizione e attacco. “La Russia – ha aggiunto – arriverà a 1,6 milioni di militari effettivi e a 5 milioni di riserve. Non esistono segnali di riconversione civile dell’industria militare, che è ormai parte strutturale dell’economia russa”.
A ciò va sommato il consenso interno al Cremlino: “Nonostante oltre un milione di morti dall’inizio della guerra e 200mila solo nel primo semestre del 2025, Mosca ha mobilitato altri 300.000 uomini in sei mesi senza alcuna erosione del consenso. Secondo le stime di nazioni alleate Germania, Paesi baltici, Polonia, Svezia, entro 5 anni al massimo la Russia potrebbe acquisire la capacità militare tale da minacciare direttamente il territorio dell’Alleanza”. Lo status quo, dunque, è mutato già da tempo con un profondo cambiamento di percezione della sicurezza in Europa, che secondo Crosetto è dimostrato anche dalla situazione Svezia: “Un Paese fino a due anni fa neutrale ha messo in costruzione un cimitero per il 5% della popolazione”.
I passi dell’Italia
Fisiologico che, con queste premesse, un governo “responsabile” non possa cambiare idea alla leggera sulla propria postura internazionale, con un velato riferimento al precedente esecutivo, ma sappia bene dove collocarsi e con chi. Quando Crosetto spiega che “o si fa parte di una organizzazione internazionale o non se ne fa parte” tocca il nervo scoperto del centrosinistra a cui, non direttamente, chiede: “Vogliamo stare nella Nato? Me lo dica il Parlamento. Condividiamo il quadro della situazione fatto dalla Nato? Discutiamone. Voi pensate quello che pensano della Russia i Paesi baltici?”. Un paniere di riflessioni che, gioco forza, dovrà essere fatto in aula confrontandosi con tutte le forze politiche ma nella consapevolezza che un conto sono gli slogan, un conto sono i fatti e gli impegni.
Passaggio, questo, ripreso dal titolare della Farnesina quando ha citato il caso spagnolo. Il premier socialista Pedro Sanchez, infatti, era stato additato dalle opposizioni italiane come campione di pacifismo e realismo perché si era detto contrario al 5% di spese per la difesa, con anche la sua postura lontana dalla foto di gruppo all’Aja. Tajani, però, ricorda che Sanchez “ha criticato 5% ma poi ha firmato accordo e gli accordi quando si firmano sono vincolanti per tutti, ha firmato come ha firmato l’Italia e tutti gli altri Paesi, può dire quello che vuole, ma poi deve rispettare gli impegni che ha preso”. In questo senso, ha aggiunto, l’unità tra le due sponde dell’Atlantico “è sempre più cruciale per tutelare i nostri valori e i nostri interessi strategici”.
Il riferimento semantico del ministro è all’atlantismo e all’europeismo che “sono i due cardini della politica estera di questo governo”. Infine la posizione dell’Italia nell’alveo atlantista, che Crosetto individua nel punto di vista diverso portato nel dibattito Nato a proposito di dossier come il fronte Sud, il quadrante indo-pacifico, la minaccia sul fronte Est.