Il primo dossier di Paz: cosa fare con le riserve del litio boliviano. L’intenzione di trasformarle in una “bandiera nazionale”

  • Postato il 21 ottobre 2025
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Archiviata al primo turno l’egemonia del Mas, Movimiento al Socialismo, reduce di lotte intestine fra il fondatore Evo Morales e il presidente uscente Luis Arce, la Bolivia sceglie il centrista Rodrígo Paz, leader cristiano democratico eletto con il 54,5% dei voti per arginare l’avanzata della destra nel continente e il ritorno del neoliberista Jorge “Tuto” Quiroga – che si è fermato al 45,5% dei voti – alla guida del Paese andino. Il figlio dell’ex-presidente Jaime Paz Zamora deve in parte la sua vittoria al voto conquistato nelle periferie e nelle zone rurali.

Nato in esilio nel 1967 a Santiago di Compostela (Spagna) – mentre a Sucre comandava il dittatore René Barrientos Ortuño –, l’ex senatore boliviano prova a essere sintesi tra due poli: tende la mano agli avversari “per governare con coloro che amano la Patria”, parla di “capitalismo per tutti” ma con gradualità, dicendo “no” all’Austerity o alla motosega evocate da Quiroga, perché “i programmi sociali” promossi nell’era Morales “vanno mantenuti”. Questa prospettiva conciliante dovrà però sopravvivere alla crisi economica di un Paese a secco di riserve in dollari americani, con un tasso di inflazione al 23% e che vanta la riserva di litio più vasta del mondo con 23 milioni di tonnellate – un quinto sul totale del globo – ma ne produce meno dell’uno per cento. Bolivia, insieme a Cile e Argentina, fa parte del triangolo del litio che concentra il 50% delle riserve mondiali. Qui il primo dossier, tanto urgente quanto divisivo, del governo Paz, che dovrà fare i conti con 17 anni di stallo in materia, promesse mancate, resistenze da parte delle comunità indigene, che vanno consultate secondo la Costituzione plurinazionale della Bolivia e potenziale inquinamento causato dal processo di estrazione del “petrolio bianco”.

Il punto più alto della controversia è stato raggiunto con il recente stop a fine agosto, in via giudiziaria, delle licenze estrattive concesse dal governo centrale all’azienda russa Uranium One Group, sussidiaria della statale Rosatom, e il consorzio cinese Hong Kong CBC Investment Limited. I contratti sono stati siglati per 22 anni prorogabili, con un investimento di un miliardo di dollari, per la produzione di carbonato di litio nel Salar di Uyuni, la più grande distesa salata al mondo, con oltre 10mila chilometri quadrati, dove si concentra oltre il 70% del litio boliviano. La decisione è stata presa a maggio da un tribunale nazionale, poi revocata e infine confermata dalla Giustizia agroambientale, che ha accolto la richiesta della Defensoría del pueblo, l’istituzione statale che vigila sul rispetto dei diritti fondamentali della popolazione, di sospendere l’accordo.

“Ci tengono all’oscuro dei loro affari” ma “abbiamo il diritto di essere informati”, è quanto hanno rivendicato a febbraio i leader comunitari di Potosí, regione interessata all’attività estrattiva di litio. I portavoce denunciavano che “finora il popolo ha solo ricevuto le molliche” delle entrate sui contratti siglati dal governo centrale con le multinazionali e chiedevano “maggiore chiarezza” sulle operazioni. Secondo la Giustizia agroambientale “l’impatto idrico della produzione di sarebbe 15 volte più ampio della pioggia che cade ogni anno” sulla distesa di Uyuni e l’eccesso di estrazione finirebbe per ‘prosciugare i fondali’ mettendo a repentaglio “le riserve necessarie” alla conservazione dell’ecosistema nell’area.

D’altra parte il mercato del litio, annoverato nel mondo delle “rinnovabili”, per la produzione di batterie ammonta a circa 44 miliardi di dollari e, secondo le stime, potrebbe raggiungere i 164 miliardi entro il 2033, secondo stratisresearch.com, complice la domanda di batterie per dispositivi digitali – portatili, cellulari, videocamere – e vetture elettriche. “Io non venderò il Salar de Uyuni per fabbricare batterie, ma trasformeremo la distesa in una bandiera nazionale”, è quanto affermato da Paz nel dibattito di qualche settimana fa con l’ex-avversario Quiroga, nel quale ha sostenuto che “il litio deve produrre posti di lavoro per le persone”, parlando di un futuro quadro normativo, ancora astratto, e che dovrà diventare concreto a breve, considerate le tensioni che il tema risveglia tra imprenditori, indigeni e società civile.

Paz non potrà infatti accontentare tutti ma avrà il merito di fare una scelta laddove la nazionalizzazione del 2008 si è tradotta in assenza dello Stato e in promesse non mantenute. Già allora Evo Morales immaginava l’esportazione di batterie, vetture elettriche e altri beni ma il sogno, che non si è mai avverato, porta al solito bivio: produrre inquinando o limitare l’industria tutelando la terra.

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