“Il potere dei mattoncini? Bloccano la frenesia. Se non avessi regalato Star Wars a mio nipote, forse non sarei costruttore Lego”: ecco Riccardo Zangelmi

  • Postato il 2 agosto 2025
  • Trending News
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 1 Visualizzazioni

“Da fuori sembra che gioco ai Lego, invece sono più un ingegnere”. Da bambino, Riccardo Zangelmi sognava di diventare “un ingegnere dei Lego”. Ha fatto studi da perito agrario, ma ormai da diversi anni ha trasformato la passione per i mattoncini danesi in una professione. Classe 1981, nato a Reggio Emilia, dal 2016 è uno dei 24 Lego Certified Professional nel mondo, l’unico italiano. A tutti gli effetti, il suo mestiere è costruire Lego. Non è assunto dall’azienda, ma può usarne il logo per le sue creazioni. “Ho cominciato a creare modelli nel mio garage”, ha raccontato a FqMagazine.

Con il tempo, l’attività è decollata e diverse imprese hanno cominciato a contattarlo. Adesso il suo quartier generale è una struttura di mille metri quadri e l’azienda che ha fondato, BrickVision, ha compiuto dieci anni. Ha circa 30 milioni di pezzi in magazzino e undici collaboratori dipendenti. “Cerco persone che abbiano un approccio tecnico perché il nostro lavoro non è solo creativo. Ci vogliono logica, metodo, precisione e concentrazione – spiega –. Con i Lego si può fare tutto, non c’è limite all’uso del mattoncino”.

Sei diventato davvero un ingegnere dei Lego. Qual è stato il tuo primo set di mattoncini?
Ho iniziato a giocare con i Lego a cinque anni e sono andato avanti fino ai 14. Quando ero piccolo c’erano le scatole dei pirati e le prime navicelle spaziali. Sono sempre stato affascinato dallo spazio e in quel periodo vendevano le astronavi Blacktron ed M-Tron, le linee degli anni 90. Le costruivo in casa e poi andavo in giardino a giocare con i miei compagni di quartiere.

E dopo i 14 anni cosa è successo?
Ho messo da parte i mattoncini e ho studiato musica per tanti anni.

Cosa ha riportato a galla la tua passione per i Lego?
La scintilla è scoppiata di nuovo a 30-32 anni. Sono andato a comprare un set di Star Wars per mio nipote, ho rivisto i mattoncini sullo scaffale e ho detto “Wow, i miei amati Lego”. Così ho acquistato una scatola per lui e una per me. Il regalo più propizio che mi sono fatto nella vita. Se non fossi entrato in quel negozio, forse oggi non sarei un costruttore Lego.

C’è stato un momento in cui hai capito che potevi trasformare quello che per tutti è un gioco in un lavoro?
Non ho mai pensato che potesse diventare un lavoro, compravo le scatole e costruivo i Lego per me. Dopo un po’ li smontavo e facevo qualcosa di mio. Ho sempre avuto questo approccio creativo, considero i mattoncini un mezzo per poter inventare ogni volta modelli nuovi.

E allora come sei diventato un costruttore?
Lego ha visto i miei lavori, mi ha contattato e chiesto cosa volessi fare da grande. Sono andato in Danimarca e c’era la possibilità di entrare a far parte del programma Lego Certified Professional, ho mollato tutto e ho detto “ci provo”. Mi sono candidato ed è andata bene.

C’è un percorso da seguire per entrare nel programma Lego Certified Professional?
Devono essere presentate varie documentazioni e Lego deve vedere in te professionalità e creatività. C’è un percorso da fare che dura un po’ di anni. Quando sono diventato ufficialmente un costruttore Lego, nel 2016, il sogno di quando ero bambino si è avverato.

Qual è stato il primo modello che hai costruito?
Avevo fatto un cigno e alcuni elementi cartoonish. Sono partito da solo e non avevo tanto lavoro. Fin dall’inizio sono stato convinto di voler fare delle mie opere per curare anche il lato artistico e non solo quello aziendale. I primi anni ho avuto tempo per investire su questo.

Cosa ti ispira nelle tue creazioni?
Parto dalle emozioni, da qualcosa che mi faccia meravigliare e stupire. Ho creato varie collezioni, a partire da “Forever Young”, che parla dei giochi di quando ero bambino e facevo nel cortile con i miei amici: dal salto con la corda al nascondino. Racconta la mia infanzia. Stendevo i Lego sul mio balcone sopra delle lenzuola giganti e mi ci immergevo. Cercavo i pezzi, che erano solo quelli delle scatole ufficiali a scaffale, li mettevo di lato e con quelli costruivo ciò che avevo in mente. Oggi invece, i mattoncini si possono acquistare su una piattaforma che li vende in tutto il mondo. Non è possibile però avere pezzi personalizzati, usiamo solo quelli del catalogo Lego.

La richiesta più assurda che ti è stata fatta?
Costruire un appartamento con l’arredamento, compresi un bagno e una doccia. Diciamo che i Lego non sono a tenuta stagna e un po’ d’acqua passa tra i mattoncini (ride, ndr).

Il Governo degli Stati Uniti e la NASA ti ha chiesto una scultura del rover che è stato inviato su Marte…
Quando è arrivata la mail dal Governo degli Stati Uniti pensavo fosse uno scherzo. Figurati se cercavano me. E invece ci hanno chiesto di ricreare il rover “Perseverance” in scala 1:2, due metri per due. Lo abbiamo riprodotto per una mostra che facevano in Marocco in onore dei 100 anni di collaborazione tra i due Stati. Ricordo con gioia quel giorno.

Quanto tempo, quante persone e quanti Lego ci sono voluti per costruirlo?
Ci abbiamo lavorato in quattro e abbiamo impiegato almeno un mese e mezzo. Ci sono voluti circa 500.000 mattoncini, per un peso di più o meno 500 kg. É un modello di cui vado molto fiero perché è un prodotto tecnico e difficile da riprodurre nel dettaglio, soprattutto per le apparecchiature di cui è dotato. Abbiamo dovuto creare appositamente un basamento in alluminio per alleggerirlo perché ha dovuto viaggiare in aereo. É stata una sfida stimolante, uno dei progetti più belli a cui ho lavorato.

Quanto possono arrivare a costare i progetti?
Possono partire dalle poche centinaia di euro fino a qualche migliaio, dipende dal tipo di progetto.

Quali sono invece le sfide più grandi del tuo mestiere?
Riuscire a riprodurre fedelmente l’oggetto che viene richiesto, creare dei design fedeli. E poi dare solidità, stabilità e sicurezza al prodotto. Per un’automobile che deve essere sollevata con una gru dobbiamo sapere come progettare la struttura interna in ferro e analizzare bene, per esempio, i carichi e i pesi.

Con il tuo team avete costruito la Williams, la McLaren di Senna, la Ferrari SF-24. Secondo te c’è qualcosa che accomuna il motorsport e i Lego?
Il Lego è un prodotto creativo ma anche molto ingegneristico, in questo c’è un punto di contatto con il motorsport. Per me, che sono di Reggio Emilia e vengo dalla terra dei motori, ricostruire le monoposto di Formula Uno è un grande onore. Negli anni siamo riusciti ad affinare una tecnica di progettazione efficace e oggi siamo molto competitivi nella realizzazione di automobili in scala 1:1. Io e il mio team siamo molto appassionati di F1, quindi ogni volta che c’è una macchina nuova da fare parte la hola (ride, ndr).

La tua mostra “Forever Young”, nasce con “l’intento di tornare bambini e provare le emozioni di quel periodo, come meraviglia, stupore”. In un mondo sempre più digitale, cosa significa costruire a mano i Lego?
Credo che i mattoncini, ancora oggi, permettano a ognuno di noi di tornare all’infanzia perché, più o meno, ci abbiamo giocato tutti. E poi sono convinto che Lego fermi, quieti. Richiede concentrazione e va contro la frenesia dei social e degli smartphone, del lavoro e della quotidianità. Quando costruisci con i mattoncini sei con te stesso e con la tua creatività e da nessun’altra parte.

Se dovessi rappresentarti con una scultura Lego, cosa costruiresti?
Penso qualcosa di cartoonish simpatico, accattivante e colorato perché amo questo mondo. Sulla mia scrivania ho il galletto Lego Hei Hei di Disney che mi guarda tutte le mattine. E poi quando ho ripreso in mano i mattoncini è ripartito tutto anche da quel tipo di prodotti.

L'articolo “Il potere dei mattoncini? Bloccano la frenesia. Se non avessi regalato Star Wars a mio nipote, forse non sarei costruttore Lego”: ecco Riccardo Zangelmi proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti