Il percorso delle panchine arancioni di Oslavia, dove la memoria cammina tra le vigne

Oslavia è un paese minuscolo, quasi un sussurro tra le colline del Friuli-Venezia Giulia: 150 persone circa, nessuna chiesa e più botti che abitazioni. Ma qui, tra i vigneti che disegnano la terra, ogni passo è un incontro con la storia. Letteralmente, perché sotto le radici della vite dormono i resti della Prima Guerra Mondiale; sopra, maturano i grappoli che hanno dato a questo territorio una seconda vita. È una convivenza silenziosa, quella tra passato e presente, dove la memoria non si cancella, ma germoglia e assume nuove forme.

Una di queste si chiama “Il percorso delle panchine arancioni”, un trekking ad anello lungo 12 chilometri che fa camminare tra vigne e boschi, sostando su terrazze naturali che guardano Gorizia e, più in là, la linea sottile di un confine che fino al 1992 separava l’Italia dalla Jugoslavia. Qui la geografia diventa introspezione e ogni panchina è un invito a sedersi e rallentare.

A crearlo sono stati quelli che, amichevolmente, vengono chiamati ‘i magnifici sette’. Sette produttori, sette cantine a conduzione famigliare che hanno trasformato la Ribolla, vitigno autoctono e tenace, nel simbolo di una rinascita. Hanno disegnato un itinerario che non ostenta, ma punta all’autenticità. Un turismo lento, di prossimità, che nasce dal gesto più semplice e disarmante: sedersi “e sconfinare con lo sguardo”, come recita una delle targhe che incontrerete durante il vostro cammino.

Il percorso delle panchine arancioni

Scarpe da trekking ai piedi, il percorso è il punto di partenza ideale per scoprire il territorio di Oslavia e i suoi preziosi vigneti, seguendo il ritmo dei filari che in autunno si infiammano di rosso.

Partendo dal Sacrario Militare, da dove comincia ufficialmente il percorso, il paesaggio che cominciamo ad attraversare è quello del Collio, una mezza luna verde incastonata nel Friuli-Venezia Giulia che non ha subìto i cambiamenti del tempo e della modernità. È rimasto quasi com’era prima, non c’è un esubero di strutture importanti, si è salvato dalla viticoltura intensiva e ha dato valore alle piccole forme di coltivazioni. Camminiamo dove dominano querce e gelsi che difendono il suolo, su una terra che si rigenera da sé.

Vigneti a Oslavia
@SiViaggia-Elena Usai
Uno degli scorci panoramici che troverete durante il trekking

Seguendo il percorso delle panchine arancioni, segnalato con un simbolo arancione dove compare l’acino d’uva della Ribolla, attraversiamo vigne nate dove un tempo sorgevano paesi distrutti dalla guerra. È un trekking lieve e abbastanza semplice se si è abituati a camminare, che alterna tratti di bosco e aperture sui colli, dove le panchine segnano le tappe del cammino, ciascuna con una storia da raccontare perché ognuna rappresenta una delle 7 cantine aderenti ad APRO-Associazione Produttori Ribolla di Oslavia.

Alcune panchine si intrecciano con storie del passato. D’altronde ve l’abbiamo anticipato all’inizio: a Oslavia il passato è dovunque. Siamo passati dove un tempo camminavano a passo svelto le portatrici carniche, donne che durante la Prima Guerra Mondiale trasportavano munizioni e viveri fino alle linee del fronte. E abbiamo ammirato il Monte Sabotino, oggi parco della pace e museo a cielo aperto, roccaforte strategica durante la Grande Guerra, conquistata dagli italiani nel 1916. Dalla sua cresta si domina l’Isonzo, fiume di confine e di passaggi, che scorre come una linea di memoria tra due mondi.

Persino il nome “Collio” cambia lingua in quattro versioni diverse, tutte con lo stesso significato, ‘collina’, tranne quella tedesca, che curiosamente indica la confluenza dei popoli.

La Banca della Ribolla di Oslavia

Il percorso delle panchine arancioni passa anche da un luogo importantissimo, appena inaugurato: la Banca della Ribolla di Oslavia. È un vigneto neonato, sorto accanto all’Obelisco dei Quattro Generali, in una zona che fino a poco tempo fa era coperta dai rovi. Oggi, questo che rappresenta il primo archivio genetico territoriale d’Italia, ospita 225 barbatelle, destinate a diventare la memoria vivente di un vitigno e di una comunità.

L’iniziativa è nata dai ‘magnifici sette’ (Dario Prinčič, Fiegl, Gravner, Il Carpino, La Castellada, Primosic e Radikon) con l’obiettivo di preservare il patrimonio genetico della Ribolla Gialla di Oslavia, salvando dall’omologazione le varietà originarie che qui hanno trovato il loro terreno d’elezione e custodendo la diversità: piante una diversa dall’altra, come le famiglie che le coltivano.

A Oslavia regna un altro ritmo, quello della Ribolla: un ritmo lento, fatto di attesa e di fiducia nel tempo. È il frutto di una comunità che ha saputo rinascere dalle macerie, riscoprendo nella cooperazione la propria forza. Gli abitanti si definiscono “Oslauzi”, né italiani né sloveni: semplicemente di Oslavia.

Vigneto
@SiViaggia-Elena Usai
Il percorso attraversa i vigneti dei 7 produttori di Oslavia
Autore
SiViaggia.it

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