Il paradosso del trionfo senza partecipazione
- Postato il 9 ottobre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Il paradosso del trionfo senza partecipazione
Secondo la Presidente di “Fatto in Calabria”, il vero vincitore delle elezioni è l’astensionismo ecco quindi il paradosso del trionfo senza partecipazione.
In Calabria si festeggia una vittoria. Percentuali roboanti, toni trionfali, titoli che parlano di “mandato pieno”. Eppure, si sposta lo sguardo dal palco al pubblico, si scopre che la platea era quasi vuota. Il vero vincitore delle ultime elezioni regionali non ha simboli né segretari: si chiama Astensionismo, e governa da anni senza bisogno di coalizioni. Alle urne si è recato appena il 43,14% degli aventi diritto, pari a 814.857 cittadini su 1.888.368. Il restante 56,85% ha preferito restare a casa: una maggioranza silenziosa che, invece di scegliere, ha scelto di non scegliere. Tra chi ha votato, oltre 22.000 schede sono risultate nulle, bianche o contestate. In sostanza, solo il 41,98% ha espresso un voto valido. Il presidente proclamato vincitore, col 57,26% dei voti validi (453.926 schede), rappresenta quindi solo il 24% del corpo elettorale. Un quarto dei calabresi elegge chi guiderà tutti gli altri tre quarti. .Si governa così, oggi, in Calabria: con un mandato legalmente solido ma moralmente monco, un consenso di carta più che di popolo.
TRIONFO SENZA PARTECIPAZIONE, LE CAUSE DELLA DISAFFEZIONE: SFIDUCIA, VOTO DI RELAZIONE E RESA CULTURALE
L’astensionismo in Calabria non è una novità: è diventato una condizione cronica. Ma le cause sono tutt’altro che casuali. 1. Sfiducia nel ceto politico. Molti elettori non credono più che cambiare candidato significhi cambiare sistema. Le facce ruotano, le logiche restano: il cittadino non vota, ma capisce. 2. Il voto “di relazione”. Dove la partecipazione cala, resistono solo le reti più solide: parentele, clientele, amicizie utili. Basta comparire alle fiere, fare qualche mancetta agli operatori di turno e il titolo di “re degli eletti” è assicurato, anche senza sapere nulla di agricoltura, trasporti o sviluppo reale. Ogni scheda diventa una transazione più che un atto politico. 3. La resa culturale. Anche di fronte a candidati preparati, molti non si presentano al seggio. Non perché non ci sia alternativa, ma perché non credono più che conti davvero.
È la forma più radicale di rassegnazione: la convinzione che il voto non serva a nulla. La legge è chiara: vince chi prende più voti, non chi convince più cittadini ad andare a votare. Nessun quorum, nessuna soglia minima di partecipazione. Ma la legittimità morale si misura nella fiducia collettiva, nella percezione che chi governa rappresenti anche chi non lo ha scelto. E qui il conto non torna: un presidente che dovrà affrontare sanità al collasso, fuga dei giovani e disoccupazione cronica lo farà con il sostegno esplicito di meno di un calabrese su quattro. L’astensionismo non è solo un sintomo, ma un moltiplicatore di distorsioni. Più cala la partecipazione, più cresce il peso dei gruppi organizzati, delle minoranze rumorose, delle lobby territoriali. È una democrazia che sopravvive per inerzia.
IL COMPITO DELLA POLITICA PER EVITARE UN ALTRO TRIONFO SENZA PARTECIPAZIONE: RICONNETTERSI E L’IPOTESI DI UN VOTO OBBLIGATORIO
La politica calabrese ha davanti un compito più grande del governare: riconnettersi con chi non crede più nella politica. Servono trasparenza, coerenza, coraggio — e soprattutto la prova concreta che il voto, in Calabria, può ancora spostare qualcosa. Forse è tempo di un passo ulteriore. Ci vorrebbe una legge elettorale che imponesse davvero a tutti di esprimersi. Non per costrizione, ma per responsabilità: il voto come dovere civico collettivo, non solo come diritto individuale. Un sistema che preveda l’obbligo di recarsi alle urne — come accade in alcuni Paesi europei — potrebbe restituire dignità alla partecipazione. Solo così l’astensione smetterebbe di essere la scorciatoia del disincanto e tornerebbe a essere ciò che dovrebbe: una scelta consapevole, non un’abitudine passiva. Perché la democrazia, per vivere, ha bisogno di partecipazione.
E partecipare dovrebbe essere il primo atto d’amore verso la propria terra. È difficile parlare di vittoria quando tre quarti della popolazione non ha partecipato. Eppure, in Calabria, si festeggia lo stesso. La politica, se vuole tornare ad avere senso, dovrà smettere di esultare per ciò che resta e cominciare a interrogarsi su chi non c’è più. Perché la democrazia non muore per colpo di Stato: muore per disaffezione, una scheda non espressa alla volta.
* Presidente “Fatto in Calabria”
Il Quotidiano del Sud.
Il paradosso del trionfo senza partecipazione