“Il nostro segreto? Si lavora cinque giorni su sette con turni sostenibili e salari equi. E grazie alla colazione con croissant a 4 euro vengono clienti che di solito non vanno negli stellati”: Horto, il ristorante stellato che ha cambiato le regole dell’alta cucina

  • Postato il 29 ottobre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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È una bella giornata d’autunno: dal rooftop del ristorante Horto (premiato dalla Guida Michelin Italia 2025 e 2026 con una Stella e la Stella Verde per la sostenibilità) la vista sul centro di Milano è fantastica, in un affaccio di vetrate che circondano una sala in stile nordico, dominata dal legno, dal verde e dal beige. Da Horto mi aspetta Diego Panizza co-fondatore del ristorante stellato, e Alessandro Pinton, nuovo Executive Chef, al quale è affidata la cucina del ristorante (guida la brigata a partire da gennaio 2025), affiancato dal sous chef Manuele Garello, che segue la filosofia dell'”Ora Etica”. Tutto – materie prime, materiali, prodotti, finiture, tessuti – arriva da luoghi a non più di un’ora dal capoluogo lombardo, con pochissime eccezioni (il caffè, ad esempio). Piccole realtà, pescatori, coltivatori, raccoglitori, piccoli produttori che fanno di Horto un luogo essenzialmente milanese, coniugando innovazione e sostenibilità in una cucina che guarda oltre i confini del presente.

Horto è davvero l’unico ristorante di Milano a essere considerato “verde” per la sua sostenibilità ambientale, economica e sociale?
«A Milano oggi ci sono tre ristoranti con la Stella Verde: Joia, D’O di Oldani e Horto. È un segnale positivo, perché dimostra come la sostenibilità stia entrando nel linguaggio della cucina contemporanea. Quello che distingue Horto è l’approccio: per noi la sostenibilità deve essere responsabile e autentica, attraversando ogni dimensione del lavoro — ambientale, economica e sociale. Sul piano ambientale significa ridurre gli sprechi, valorizzare i produttori, allevatori e pescatori locali che lavorano in modo etico e rispettano i tempi della natura. Sul piano economico vuol dire costruire un modello d’impresa solido, che investe in benessere e qualità che sono i punti di partenza per generare profitto. Sul piano sociale significa creare un luogo di lavoro dove le persone possano apprendere, crescere, sentirsi valorizzate e contribuire al successo del progetto».

La Stella Verde Michelin è un segnale davvero concreto di cambiamento, in quali ambiti?
«Da quando è stato istituito nel 2021, questo riconoscimento è diventato un indicatore concreto di come sostenibilità e responsabilità possano e debbano entrare nel cuore della gestione di un ristorante. Per Horto, ricevere la Stella Verde ha significato confermare la bontà del progetto e dimostrare che il nostro impegno quotidiano si traduce in azioni concrete su diversi livelli. Il nostro compito è la scelta dei fornitori, che per noi significa costruire relazioni di fiducia con agricoltori, allevatori e pescatori locali, tutti situati entro un raggio massimo di un’ora e mezza da Milano. Con gli agricoltori, collaboriamo in modo diretto: chiediamo loro di coltivare per noi materie prime specifiche, garantendo un reddito certo e acquistando anche le eventuali eccedenze. Ci rechiamo personalmente a ritirare i prodotti, così da ridurre i trasporti e alleggerire il loro lavoro logistico, che spesso rappresenta un costo insostenibile per le piccole realtà e un dispendio di tempo che non possono permettersi. Lo stesso principio vale per gli allevatori, con cui condividiamo una visione basata sul rispetto per gli animali. Non utilizziamo mai animali giovani e ci assicuriamo che la crescita avvenga in modo naturale, senza forzature. Preferiamo quantità limitate ma di qualità, provenienti da piccoli allevatori che garantiscono benessere animale. A loro assicuriamo acquisti regolari e programmati, che li mettono nelle condizioni di lavorare con serenità e di contare su un ricavo certo. Con i pescatori, collaboriamo esclusivamente con chi pratica la piccola pesca artigianale di acqua dolce, come Andrea Soardi di Montisola. Rispettiamo la stagionalità e acquistiamo il pescato effettivamente disponibile, valorizzando anche specie meno richieste dal mercato ma di grande qualità. In questo modo contribuiamo a tutelare l’ecosistema e a sostenere una filiera fragile ma preziosa. Tutto questo fa parte del modello Horto: un sistema virtuoso che mette in equilibrio ambiente, economia e persone».

Come si costruisce un’impresa etica nel cuore di Milano, tra turismo di lusso e agricoltura urbana?
«Horto nasce con l’obiettivo di dimostrare che eccellenza e responsabilità possono procedere insieme, dando vita a un modello in cui la qualità non è mai disgiunta dal rispetto per le persone e per l’ambiente. Il nostro progetto si fonda su tre principi: sostenibilità, etica e relazioni. Sostenibilità, nel progetto architettonico e nelle pratiche quotidiane. L’edificio è stato realizzato in chiave sostenibile, con finiture e materiali naturali o di recupero: il pavimento nasce da vecchie botti di aceto, l’intonaco dalle polveri di scarto della lavorazione del riso, mentre lo chef table è ricavato da un antico cedro del Libano recuperato in Puglia dopo un temporale. La sostenibilità si traduce anche in scelte concrete, come l’utilizzo esclusivo di risorse idriche locali e la decisione di diventare un bottle-free restaurant. Eliminando le bottiglie monouso, Horto riduce i trasporti e gli sprechi, contribuendo a preservare un bene comune per le generazioni future.

Etica, nelle relazioni e nel lavoro.
Per noi significa costruire un ambiente sano e rispettoso, con salari equi, turni sostenibili, chiusure nei giorni festivi e ferie durante i periodi dedicati alla famiglia. Siamo convinti che il benessere delle persone sia una condizione necessaria per offrire qualità e continuità nel tempo. Queste scelte comportano costi più alti, ma rappresentano un investimento che genera valore duraturo e riduce i rischi a lungo termine. Relazioni, nel legame con il territorio. Collaboriamo con produttori locali, artigiani e agricoltori che condividono la nostra visione, valorizzando il loro lavoro e contribuendo a mantenere vivo un tessuto economico e umano sostenibile.

Qual è l’importanza di una governance consapevole che sia anche radicata nel territorio?
«La governance di Horto nasce da un principio: costruire un modello d’impresa consapevole, che metta al centro territorio e persone. Non si tratta solo di gestire un ristorante, ma di creare un ecosistema in equilibrio, dove ogni decisione — dai fornitori al personale, fino ai progetti di sostenibilità — sia coerente con i valori aziendali. Essere radicati nel territorio significa conoscere chi produce, chi alleva o pesca per noi, visitare le aziende, condividere la visione e garantire continuità economica. Significa anche restituire valore alla città, promuovendo Milano come capitale contemporanea del pensiero sostenibile».

In che modo si possono creare opportunità di formazione e lavoro giovanile efficaci nel campo della ristorazione sostenibile?
«A Horto offriamo ai giovani un ambiente di lavoro inclusivo, dove imparare con serietà, crescere e rispettare i propri tempi e la propria dignità. I turni sono sostenibili: cinque giorni lavorativi su sette, chiusure nei giorni festivi e ferie condivise consentono di conciliare lavoro e vita privata. La formazione va oltre la tecnica: insegniamo a gestire le materie prime, ridurre gli sprechi e costruire relazioni leali con fornitori e colleghi. Vogliamo che i giovani percepiscano la ristorazione non come un sacrificio, ma come un’opportunità per il proprio futuro. Collaboriamo con scuole e istituti di formazione, tra cui Istituto Carlo Porta, Scuola Galdus e Accademia Intrecci, accogliendo stagisti di sala e giovani cuochi interessati alla cucina etica. Alcuni di loro, come Liah, Davide e Diana, hanno ottenuto un contratto a tempo indeterminato al termine dello stage».

Qual è la vostra esperienza diretta riguardo al calo di interesse dei giovani nel lavorare nel settore della ristorazione?
«Negli ultimi anni molti giovani si sono allontanati dalla ristorazione (soprattutto dalla sala), attratti da lavori forse meno stressanti e con orari più prevedibili. La nostra esperienza a Horto dimostra però che, quando si crea un ambiente rispettoso, i giovani tornano ad avvicinarsi con entusiasmo. Investire nel benessere del team potrebbe sembrare a molti una scelta costosa, difficile da conciliare con la sostenibilità economica del ristorante. In realtà, un approccio consapevole genera efficienza, motivazione e fidelizzazione, riduce il turnover e valorizza il servizio».

Ritenete che il “boom” degli stellati sia principalmente una moda esperienziale del momento?
«C’è sicuramente un interesse crescente verso i ristoranti stellati, e in parte può sembrare una moda o un fenomeno esperienziale. Tuttavia, molti dei nostri ospiti, in particolare quelli stranieri, mostrano una sensibilità reale verso il tema della Stella Verde: fanno domande, vogliono capire come collaboriamo con i produttori, come gestiamo sprechi e risorse e come tuteliamo le persone all’interno del team. Questa curiosità dimostra che la nostra attenzione alla sostenibilità, alla responsabilità verso i fornitori e alla cura delle persone non è solo un principio, ma un valore percepito e apprezzato dagli ospiti, confermando la attualità del nostro progetto».

Quali sono i vostri criteri di prezzo e come giustificate il costo dei vostri piatti?
«La nostra serietà si riflette nella continuità dei prezzi: non ci sono stati aumenti significativi nel passaggio da 0 a 1 stella, se non quelli derivanti da incrementi reali di food & labor cost. I nostri prezzi sono in linea con quelli degli altri ristoranti stellati di Milano, ma riflettono un modello di gestione più responsabile dei costi. Il prezzo non rappresenta solo il costo del piatto, ma il valore complessivo del progetto, che unisce alta cucina, sostenibilità e stabilità economica della filiera».

Quali sono i vostri numeri chiave (giro d’affari, numero di clienti, giornate e piatti più ordinati) che ne riflettono la performance?
«Horto, aperto a Milano nel 2022, ha registrato nel 2024 ricavi per 3,5 milioni di euro, in crescita rispetto ai 2,6 milioni del 2023, con un EBITDA margin del 20% (16% l’anno precedente) e un utile netto di 203 mila euro, il primo dalla nascita del ristorante. La cena, comprensiva dell’aperitivo, rappresenta il momento di maggiore incasso, contribuendo al 60-65% dei ricavi, mentre la colazione pesa per l’8%, con l’obiettivo di raggiungere il 10%. Il sabato attira principalmente famiglie milanesi, mentre nei giorni feriali circa il 50-60% della clientela è costituita da professionisti. La colazione consente inoltre di raggiungere clienti che normalmente non frequenterebbero un ristorante stellato, offrendo un’esperienza più accessibile. Il vino rappresenta circa il 22% del fatturato, i superalcolici il 3%. Per chi non consuma alcol è stato introdotto un percorso analcolico, senza ridurre il consumo complessivo, perché molti clienti preferiscono comunque l’abbinamento vini. I risultati del 2025 sono sostanzialmente confermati rispetto all’anno precedente. Il 2024, primo anno con la Stella Michelin, ha dimostrato che la crescita non è stata un exploit temporaneo, ma una performance stabile. La stagionalità degli eventi privati, che contribuiscono al 50% del fatturato, rende tuttavia difficile prevedere con precisione i mesi successivi».

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