Il mistero dell’ultima scarica di energia del cervello dopo la morte: “È la prova che l’anima sta abbandonando il corpo”. La clamorosa scoperta nel nuovo studio

  • Postato il 20 febbraio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Un picco nell’attività cerebrale verso la fine della vita potrebbe essere la prova che l’anima (o la coscienza) sta abbandonando il corpo. Ci ha pensato il professor Stuart Hameroff, celebre anestesista e docente dell’Università dell’Arizona, a rispolverare il delicato momento di trapasso tra vita e morte. Sul New York Post, Hameroff ha citato uno studio recente dove è stato monitorato il cervello di un paziente clinicamente morto con i sensori di un elettroencefalogramma. Questi sensori hanno poi catturato una strana scarica di energia dopo la morte. “Tutto era scomparso, poi quando non c’era più pressione sanguigna né frequenza cardiaca è stata registrata questa scarica”. L’anestesista ha affermato che l’ondata di attività chiamata sincronia gamma, un tipo di schema di onde cerebrali collegato al pensiero cosciente, alla consapevolezza e alla percezione, è stata rilevata dall’EEG e a volte dura “da 30 a 90 secondi” prima di scomparire quando il paziente è già clinicamente morto. Mentre il professore dell’Università dell’Arizona ha affermato che gli scettici hanno sostenuto che si tratta dell’ “ultimo sussulto” dei neuroni che si attivano dopo la morte o semplicemente di un’ “illusione”, lui sostiene che potrebbe trattarsi della coscienza che abbandona il corpo.

Secondo l’anestesista il punto di questo rilevamento è che dimostra che “la coscienza è probabilmente un processo a bassissima energia e che quindi non ha bisogno della stessa quantità di “consumo energetico” richiesta da altre attività del cervello in quanto si trova a un “livello più profondo”. Hameroff ha così rievocato il celebre studio del dottor Robin Lester Carhart-Harris, un ricercatore che studia come le droghe influenzino la salute mentale e il comportamento.

Nello studio alcuni volontari sono stati collegati a macchine per la risonanza magnetica o a EEG mente gli venivano somministrate flebo del composto psicoattivo di psilocibina. Hameroff ha spiegato che Carhart-Harris ha chiesto ai volontari di chiudere gli occhi, stare in silenzio, non fare nulla e di raccontare loro come avevano vissuto l’esperienza dopo il test. In seguito i soggetti hanno dichiarato a Carhart-Harris di aver avuto “allucinazioni vivide” e di “vivere come in un trip”, ma la risonanza magnetica invece di rilevare segnali elevati era “fredda e scura come se i volontari fossero in coma” non mostrando alcuna loro attività cerebrale. “Penso che si aspettassero che la risonanza magnetica si illuminasse come un flipper quando hanno somministrato loro la psilocibina”.

Hameroff ha quindi ipotizzato che “l’attività cerebrale a livello quantistico è una teoria secondo cui specifiche funzioni cerebrali potrebbero operare su piccola scala all’interno dei neuroni, oltre l’elaborazione tradizionale delle informazioni attraverso percorsi neurali classici. La coscienza potrebbe essere così una vibrazione quantistica all’interno dei neuroni”. Hameroff ritiene che lo studio di Carhart-Harris potrebbe spiegare, per lo stesso motivo, come l’attività cerebrale “di fine vita” aumenti dopo la morte di un paziente.

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