Il meglio della cucina toscana in due misure
- Postato il 20 ottobre 2025
- Di Panorama
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C’è una Firenze che continua a cucinare storie, più che piatti. Una Firenze che riesce a coniugare la solennità dell’arte con la spontaneità di una chiacchiera tra amici a tavola. È quella che oggi si racconta in due “misure” di Toscana: La Leggenda dei Frati, incastonata tra arte e natura nel giardino di Villa Bardini, e Santabarbara, un piccolo gioiello contemporaneo di venti coperti in via Pier Capponi. Due interpretazioni diverse dello stesso linguaggio: quello di una ristorazione empatica, colta, ma profondamente umana.
La grande bellezza di Villa Bardini

A pochi passi dal Ponte Vecchio, immersa tra orti, frutteti e le mura medievali della città, La Leggenda dei Frati è molto più di un ristorante: è un’esperienza sensoriale che intreccia arte, natura e memoria. Il luogo, un tempo dimora del collezionista Stefano Bardini, oggi museo e spazio espositivo, ospita nelle sue scuderie il ristorante stellato di Filippo Saporito e Ombretta Giovannini, coppia nella vita e nel lavoro, che da anni porta avanti un’idea di cucina “coinvolgente e conviviale”. Il nome nasce da una leggenda senese: tre frati che, inebriati dai frutti della loro terra, danzarono tutta la notte senza più fermarsi. È un mito che diventa metafora della loro filosofia: la gioia di condividere, di trasformare la materia prima in un gesto d’amore.
Saporito e Giovannini, partiti dall’Abbadia Isola di Siena, hanno portato nel cuore di Firenze un modo di cucinare che parla di rispetto per la terra, di ricerca e di emozione. “Il successo della Leggenda,” racconta Saporito, “non è di una persona sola ma di una comunità di produttori, artigiani e professionisti che credono nel valore del saper fare toscano.” Nel loro menù, ogni piatto è un racconto: la Terrina con lardo di Colonnata e fichi secchi, in carta dal 2004, il Tataki di barbabietola, il Piccione cangiante secondo le stagioni. La cucina è una dichiarazione di appartenenza, ma anche un atto di libertà creativa. Tutto contribuisce a costruire un racconto coerente e sensoriale. Dalle ampie finestre, Firenze si lascia guardare come un quadro vivente. Tra le luci rosa delle pareti e il verde dei lampadari a bocciolo, si avverte quella stessa vibrazione che anima il giardino: la bellezza di un equilibrio fragile, ma perfetto.
Santabarbara: la nuova fiamma di Firenze

Poco distante, ma in tutt’altro registro, Santabarbara accende un’altra idea di cucina toscana. In via Pier Capponi, a due passi da piazza Libertà, Lorenzo Chirimischi e Alessio Ninci – due cuochi trentenni con esperienze tra Arnolfo, St. Hubertus e Essenziale – hanno creato un piccolo tempio contemporaneo di 20 posti dove la fiamma della passione incontra la concretezza del mestiere. Il nome non è scelto a caso: Santa Barbara è la patrona di chi lavora con il fuoco e, in un momento in cui aprire un ristorante a Firenze “significa giocare con il fuoco”, come ironizza Ninci, il riferimento è più che simbolico. L’ambiente è raccolto, il bancone domina la sala, e la cucina dialoga direttamente con gli ospiti. La musica – tra rock e hip-hop – accompagna piatti istintivi, territoriali e sostenibili. La loro idea è semplice ma rivoluzionaria: menu brevi, zero sprechi, materie prime fresche acquistate quotidianamente da piccoli produttori. “Così possiamo garantire qualità, leggerezza e un’esperienza sincera,” spiega Chirimischi. Il regolamento della casa è chiaro: niente carta fissa, ma quattro percorsi evocativi – Fulmine, Torre, Cannone e Spada – che cambiano ogni giorno in base al mercato. Prezzi trasparenti, approccio sostenibile, e un format che sfida le rigidità del fine dining senza rinunciare alla cura. “La ristorazione deve evolversi,” concludono i due chef, “non per vanità, ma per sopravvivere in modo sano. Che Santa Barbara ci protegga dalle scintille!”
Due anime, una Toscana
Tra l’incanto classico della Leggenda dei Frati e l’energia ribelle di Santabarbara, Firenze si scopre laboratorio vivente di identità gastronomica. Una città che alterna il silenzio dei giardini di Villa Bardini al ritmo urbano di via Pier Capponi, ma che in entrambi i casi riconosce nella tavola il suo linguaggio più autentico: quello della relazione, del gusto e dell’umanità. Due misure, una sola Toscana. Una che celebra il mito, l’altra che sfida il futuro. Entrambe, però, unite da quella scintilla che rende ancora oggi la cucina toscana una delle più vive d’Italia: la capacità di emozionare con sincerità.