Il M5S può restare nel campo largo con Pd e Renzi?
- Postato il 7 ottobre 2025
- Politica
- Di Agi.it
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Il M5S può restare nel campo largo con Pd e Renzi?
AGI - Dopo le Marche, anche la Calabria ridimensiona le ambizioni del campo largo e allarma il M5S. Non è una questione contingente, la strada in salita già in partenza delle prime Regionali e la campagna elettorale breve e sbagliata del centrosinistra nascondono un problema strutturale, che fa crescere i dubbi sulla permanenza dei pentastellati nella ‘casa dei riformisti’.
Agli elettori 5 stelle è stato chiesto l’impossibile. Innanzitutto allearsi stabilmente con il Pd. Del resto il MoVimento di Grillo e Casaleggio è nato e cresciuto in contrasto con i Dem. Non è un caso che i primi successi siano arrivati più di quindici anni fa in Emilia Romagna e in Piemonte, dove il Potere si chiamava Pd e non Berlusconi o centrodestra.
Non è un caso anche che il primo governo del M5S, nel 2018, sia stato condiviso con la Lega, quando i pentastellati catalizzavano un consenso trasversale e gli attivisti rivendicavano di essere “oltre la destra e la sinistra”. Il campo largo (con dentro pure l’arcinemico di Conte, Matteo Renzi) impone una torsione politica inaccettabile a chi ha creduto e sostenuto le idee di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.
I tempi e gli scenari cambiano, certo, quelli della politica ancora più velocemente. Non è possibile bagnarsi due volte nello stesso fiume, sosteneva Eraclito. Ma il M5S in pochi anni ha stravolto la sua identità: si è accasato tra Pd e Avs, ha detto addio al limite dei due mandati per gli eletti e al rigore sulle candidature, per cui potevano presentarsi alle elezioni solo gli attivisti residenti nelle zone in cui si votava e nessuno che avesse già un incarico. Tridico in Calabria non ha potuto nemmeno votare se stesso (è residente a Roma) e da pochissimo è stato eletto al Parlamento europeo. A proposito: ora tornerà a Bruxelles? Era scontato che non convincesse i pentastellati.
Diciamola tutta, con le parole che userebbero gli attivisti della prima ora. Il M5S è diventato un partito come gli altri, che fa o accetta compromessi come gli altri (tra cui lo scambio Fico candidato in Campania e De Luca - figlio - segretario regionale del Pd che, in caso di vittoria dell’ex presidente della Camera, limiterà parecchio l’agibilità politica del governatore). Inoltre ha scelto un campo politico che lo penalizza (trovate le differenze con Pd e Avs!). Tutto questo può condannarlo al tramonto. La stessa leadership di Giuseppe Conte sembra ormai appannata.
È rimasto ben poco della rivoluzione lanciata da Grillo e dall’inventore della seconda vita - politica e tecnologica - del comico genovese, Gianroberto Casaleggio, vero ideologo del MoVimento, morto troppo presto per indicare il futuro agli attivisti. Non mancherà la riflessione nell’ex ‘non partito’, ma una cosa è certa: il M5S deve ripensare se stesso se non vuole finire a fare la stampella del Pd, assicurando solo la poltrona a quattro dirigenti, mortificando il sogno politico nato nel giorno di San Francesco del 2009 e che ora rischia di diventare un incubo.
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