Il gregge di Bruno
- Postato il 14 maggio 2025
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- Di Il Vostro Giornale
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“Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo … l’uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo”, così ci ammonisce Giordano Bruno rivolgendosi al discepolo Sagredo come riporta Giuliana Conforto nel suo libro “La futura scienza di Giordano Bruno e la nascita dell’uomo nuovo”. Era il 17 febbraio del 1600, il Cardinale Bellarmino aveva firmato la sua condanna a morte, il rogo lo aspettava in Campo dei Fiori, dove oggi lo ricorda un monumento funebre in suo onore; le sue idee, sicuramente troppo in anticipo sui tempi, celebravano una libertà di pensiero e una visione filosofica che non smettono di essere guida e faro per ogni libertario, che lotti contro l’oscurantismo della Santa Inquisizione o contro la “banalità del non pensiero”. Ma com’è possibile che sia la nostra mente ingannevole a renderci schiavi? Perché ingannevole? Per sua natura? Per sua scelta? Perché indotta? E nel caso: da chi? Credo che la più importante forma di libertà sia quella del pensiero, ogni sua altra manifestazione non può prescinderne e forse oggi tendiamo a dimenticarcene, o meglio, a non prestarvi sufficiente attenzione, superficialmente rassicurati dall’apparente libertà di espressione garantita, più o meno positivamente, dai social, spesso non ci accorgiamo che, nell’apparente libertà del vociare di chiunque, nella celebrazione al diritto di esprimere ciò che si spaccia per idea personale, scompare il pensiero nell’onnivora banalità dell’omologante equivalenza di qualsiasi pronunciamento. Forse che la speranza di Bruno abbia infine raggiunto il suo compimento? Non credo, anzi, l’assenza di un “nemico della libertà” esplicito, non tanto del Bellarmino di turno che è una contingenza, ma di una struttura di controllo dichiarata, una dittatura, una censura degna dell’Inquisizione, ci si accontenta di poter esprimere qualsiasi “pensiero” nella rete senza più interrogarsi sulla quantità e qualità di libertà dello stesso autoincensandosi con il numero di like ottenuti consacrando, inconsapevolmente, l’equazione “tanti quindi buoni”.
Quando Virginia Wolf affermava: “Non c’è cancello, nessuna serratura, nessun bullone che potete regolare sulla libertà della mia mente” dava per accertato che la sua mente fosse libera e che un potere esterno fosse intenzionato a impedirle di esserlo, i “voi” ai quali si rivolgeva erano, probabilmente, i censori ufficiali e i benpensanti ottusi a lei coevi, le istituzioni più conservatrici, gli stereotipi culturali dell’epoca, lei era, come capita alle menti più illuminate, in anticipo sui tempi e sulla palude intellettuale che, in ogni epoca, si scandalizza di ogni pensiero capace di andare oltre l’orizzonte del momento. Ma la questione che andiamo ad analizzare non riguarda, come splendidamente denuncia Bruno, chi vorrebbe mettere “le redini” alla nostra mente, ma quelle che essa stessa, ingannevole, si impone. La questione è tanto ampia quanto complessa e non si può certo risolvere in poche righe, proviamo a individuarne due aspetti che mi sembrano fondamentali. Il primo, che mi a mio parere è di più facile comprensione, è ben presentato dalle parole di Sigmund Freud: “La libertà non è un beneficio della cultura: era più grande prima di qualsiasi cultura, e ha subito restrizioni con l’evolversi della civiltà!” L’idea che la libertà di ognuno sia andata ampliandosi con l’evolversi del sistema socio relazionale e col definirsi di strutture di gestione come lo stato, la chiesa, le università, e non credo sia necessario proseguire nell’elenco, è di fatto “ingannevole”; concetto già presente nella filosofia di Rousseau e che oggi possiamo verificare ancor meglio ogni giorno. Purtroppo la struttura del formicaio nel quale nasciamo e che noi stessi abbiamo edificato, presenta diversi aspetti anche vantaggiosi, almeno nell’ottica della comodità, ma di certo ha rovesciato i termini originari del rapporto: non è più il sistema al nostro servizio, ma esattamente l’opposto. Credo sia evidente a chiunque che denaro, mercato e relativi cascami, siano stati prodotti dall’uomo per liberarlo da diverse fatiche inutili ma che, nel tempo, ne abbiano di fatto limitato e condizionato la vita.
Potremmo a lungo proseguire su questa analisi ma dobbiamo passare al secondo aspetto, quello più complesso, meno apparente, più filosofico ma assolutamente determinante. Non abbiamo scelto noi la struttura gnoseologica della nostra mente, o almeno non ne abbiamo coscienza o memoria, di fatto ne siamo gli utilizzatori ma solo all’interno di quelle che riteniamo essere le sue possibilità. Il messaggio di Bruno è rivoluzionario proprio perché afferma che i limiti, o meglio, ciò che riteniamo essere i confini delle possibilità della nostra mente, ci portano a pensarci all’interno di questi mentre “l’uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo”. I primi “limiti di possibilità” ci sono offerti-imposti da quello che tutto il pensiero occidentale ha collocato a fondamento del suo procedere: “spazio, tempo, causa- effetto, identità e non contraddizione”. Tutta la nostra esperienza dell’essere si autoconfina all’interno delle possibilità sopra accennate, è un po’, per ricorrere a un’allegoria che, com’è logico,va colta cum grano salis, come se le nostre menti fossero dei contenitori a forma di cubo le cui variabili individuali fossero colore, dimensione, trasparenza, consistenza, pur conservando tutte la medesima forma; ebbene, noi tendiamo a far coincidere ciò che riusciamo a contenere nella “nostra mente cubo” come ciò che è e non come ciò che può esservi contenuto. Ne consegue che, omogeneamente, affermeremo che la realtà ha forma cubica, costruiremo linguaggi e pensieri con la medesima struttura, la vedremo confermata nella sua coincidenza con la realtà poiché chiamiamo in quel modo la nostra particolare esperienza del tutto, magari sosterremo di avere idee differenti poiché le variabili di cui parlavamo sembrano mostrarci fenomeni diversi, ma potremo comprenderci poiché, comunque, la forma cubica permarrà comune indipendentemente dalle particolarità.
Come sostiene il mio caro amico Gershom Freeman “è sufficiente un cane pastore per controllare cento pecore ma nemmeno la prigione più inespugnabile può trattenere un libero pensiero”, ebbene, noi di cani pastori a controllare e condizionare la possibilità del nostro pensiero ne abbiamo due, esattamente quelli distinti in questa breve dissertazione. Proseguendo nell’immagine puntuta di Gershom credo si possa affermare che, “con l’evolversi della civiltà”, i cani pastore della mente si siano confusi al gregge e abbiano inglobato il pastore. Riusciremo a uscire dal numero lanuto e a riproporci come visione separata dall’omologazione del gregge? Riusciremo a riconoscere i cani tra le pecore? Credo che “la prigione più inespugnabile” sia priva di sbarre, non è così semplice riconoscerla, “la mente fallace” non ha più antagonisti disposti addirittura al sacrificio del rogo se non qualche illuminato pensiero subito inghiottito dalla paludosa loquacità dilagante. È impossibile provare a liberarci se non si vedono le catene che ci legano, il “questo mondo”, lo stesso al quale si riferiva Bruno già nel 1600, si è fatto più astuto e subdolo, non alza la voce, non minaccia, non censura, consente a chiunque di esprimere ciò che si reputano “le proprie idee”, lavora dall’interno trasformando i “sudditi inconsapevoli” addirittura in “auto censori involontari”, tutti invitati alla festa virtuale alla quale chiunque può partecipare. Si può solo sperare di non aggiungere belati a belati, a provare, con assoluta modestia, a esprimere una nota fuori dal coro augurandoci che non sia una semplice stonatura e comunque con un sorriso.
Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì. Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero. Clicca qui per leggere tutti gli articoli.