Il “grande pennello” Cinghiale dello storico spot torna in città grazie all’intelligenza artificiale: il confronto è virale

  • Postato il 1 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il vigile che ferma l’imbianchino sulla bicicletta e lo ammonisce: “Non ci vuole un pennello grande, ma un grande pennello“. Quella scena cult, che nel 1982 entrò nelle case di tutti gli italiani, rinasce oggi grazie all‘Intelligenza Artificiale per celebrare gli 80 anni di Pennelli Cinghiale, l’azienda produttrice dell’oggetto entrato nell’immaginario comune. La storica fabrica di Cicognara, nel Mantovano, ha scelto di attualizzare lo spot ideato da Ignazio Colnaghi (autore anche di “Ava come lava” e del pulcino Calimero) e interpretato dal caratterista Enzo De Toma. La nuova campagna, realizzata dall’agenzia torinese Ribelli, proietta l’iconico imbianchino tra i grattacieli moderni. “Quando ho ricevuto la proposta grafica”, spiega a La Stampa l’amministratrice delegata Eleonora Calavalle, “ho immediatamente percepito la forza comunicativa e l’attualità di questa immagine, così radicata nella memoria collettiva degli italiani”.

La storia di Pennelli Cinghiale, fondata nel 1945, è quella di un’eccellenza del “Made in Italy” nata dalla visione di un uomo. “Mio nonno, il commendator Alfredo Boldrini, aveva la terza elementare”, racconta la nipote. “Sapeva fare di conto e aveva un grande senso del commercio. Iniziò con le scope e poi decise di differenziarsi passando ai pennelli”. Ma la sua intuizione più grande fu un’altra: “Registrò il suo marchio, che oggi resta l’asset principale. Era convinto che la resistenza della marca dovesse andare al di là del tempo e delle persone, dovesse vivere di vita propria”.

Un’altra caratteristica che definisce l’azienda fin dalle sue origini è la sua forte impronta femminile: “Nel 1945 era partito con 7 lavoratrici, ora abbiamo oltre il 70% di donne in fabbrica e il board è al femminile”, sottolinea con orgoglio l’ad. Un’azienda radicata nel Mantovano, lungo il Po, ma con uno sguardo da sempre rivolto al mondo. “Le setole naturali sono un monopolio cinese. Abbiamo ancora le casse che venivano usate per importarle”, spiega Calavalle. “Mio nonno, quando venne inaugurata l’ambasciata cinese in Italia, venne invitato e questo testimonia quanto era conosciuto”.

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Il Fatto Quotidiano

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