Il diritto come nuova frontiera della competizione globale. Scrive Massolo

  • Postato il 18 ottobre 2025
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Nel mondo contemporaneo spesso ciò che conta davvero è ciò che non si vede. Le linee di forza lungo le quali si muovono, quasi come placche tettoniche, le dinamiche che determinano gli assetti dello scenario internazionale, raramente affiorano in superficie.

Esse agiscono in profondità e sono così tenui da risultare impalpabili. Sono linee geo-politiche, geo-economiche ma anche, e sempre di più, «geo-giuridiche». Sono queste ultime le linee invisibili protagoniste del volume di Luca Picotti: confini normativi che attraversano gli spazi della globalizzazione delimitando gli ambiti di ciò che è o non è lecito.

È il mondo delle regole, nel quale è quantomai necessario sapersi orientare proprio in un momento storico come l’attuale, nel quale il diritto internazionale non appare in grado di contrastare efficacemente la tendenza prevaricatrice degli interessi dei singoli Stati.

Una tendenza che si afferma anche in virtù di un ruolo crescentemente assertivo dei diritti nazionali. In un’epoca di riallineamento degli equilibri tra potenze e di crescente rilevanza dei rapporti di forza, il diritto si fa, esso stesso, arma di pressione e veicolo di influenza.

Decifrare questa trama sommersa, dipanarne i nodi, individuare possibili contromisure diventa quindi un imperativo per chiunque voglia davvero comprendere le relazioni internazionali del XXI secolo e muoversi con piena consapevolezza all’interno dello spazio globale.

Il lavoro di Picotti ha il merito di affrontare, con rigore e originalità, un tema oggi ineludibile: l’intreccio tra diritto, territorio e politica di potenza sullo sfondo di un mondo in continua trasformazione, nel quale la globalizzazione mal gestita del primo scorcio del nuovo millennio ha lasciato aperte molte questioni irrisolte.

Questioni che l’autore non si limita a descrivere, ma che riconduce a una logica strutturale, che analizza attraverso una lente innovativa – la geografia giuridica – che consente di cogliere ciò che sfugge tanto alle letture esclusivamente economiche quanto a quelle meramente politiche. Il diritto qui non è la cornice: è esso stesso il campo di battaglia. È ciò che organizza, rallenta o accelera il fluire dei capitali, la circolazione dei beni, la localizzazione degli asset strategici.

Temi decisivi in un mondo nel quale i conflitti assumono crescentemente i contorni di uno scontro per il controllo delle risorse e il concetto di debellatio si è decisamente spostato dal piano militare a quello economico-finanziario.

Le crisi degli ultimi anni – dalla pandemia alla guerra in Ucraina, dal conflitto tra Israele e Hamas alla competizione a tutto campo tra Stati Uniti e Cina – non hanno generato un nuovo mondo: hanno fatto emergere, esacerbandole, tensioni che erano latenti, accelerato processi già in atto e rivelato quanto l’economia globale poggiasse su catene del valore rese fragili proprio dal loro radicamento in uno spazio giuridicamente disomogeneo e privo di meccanismi in grado di promuoverne una sintesi.

È così che, in un panorama marcato da una profonda discontinuità (a cui si affianca una crescente imprevedibilità dei processi politici, economici e sociali), il diritto internazionale, le giurisdizioni nazionali, le clausole normative e i trattati commerciali assumono una rinnovata centralità: non più come garanzia di ordine e di coesistenza pacifica di ambizioni legittime per quanto confliggenti, bensì come fattori di delimitazione di uno spazio – tendenzialmente sempre più anarchico – aperto al confronto competitivo tra gli attori che animano lo scenario globale.

Non è un caso, d’altronde, che sempre di più Ong, aziende, grandi magnati dell’economia e della finanza, gruppi di pressione, influencer affianchino gli Stati quali protagonisti delle relazioni internazionali dei nostri tempi, portando con sé i rispettivi obiettivi esistenziali.

Ne deriva un coacervo quantomai frastagliato di regole disomogenee la cui concreta applicazione è lasciata alla buona volontà degli ordinamenti nazionali, generando zone grigie nelle quali prosperano l’illegalità e, di conseguenza, i germi di fenomeni potenzialmente destabilizzanti per il sistema globale.

Ecco, dunque, un paradosso apparente che il libro di Picotti mette bene in luce: più il mondo è interconnesso, più le linee di faglia tendono a moltiplicarsi, più difficile risulta individuare possibili soluzioni giuridicamente equilibrate e comunque tali da garantire certezza e prevedibilità delle normative. Dazi, sanzioni, controlli su investimenti e tecnologie, disciplina su dati e infrastrutture digitali: tutto si gioca in uno spazio regolamentato da norme che riflettono in realtà la coesistenza di interessi nazionali in competizione tra loro.

Un gioco a somma zero, non più la promessa di una crescita illimitata del benessere per tutti. È in questo senso che la globalizzazione, lungi dall’essere una corrente profonda della Storia che determina in modo più o meno casuale la distribuzione della ricchezza tra le nazioni in senso equitativo, si trova oggi al centro del gioco delle potenze, che cercano di orientarne le dinamiche in direzioni a loro favorevoli.

Questo perché chi detta le regole, chi è in grado di imporne la propria interpretazione, chi è maggiormente attrezzato per renderne effettiva l’applicazione (tribunali, forze di polizia, autorità regolatorie) si trova in una posizione di oggettivo vantaggio rispetto agli altri, potendo limitare o condizionare le capacità d’azione dei propri competitor.

In tale contesto la capacità di comprensione della dimensione giuridica insita nelle relazioni economico-finanziarie a livello globale si erge a vera e propria forma di potere. Non è un caso, d’altronde, che le grandi potenze investano risorse crescenti nella regolamentazione dei processi tecnologici, nella standardizzazione delle normative, nella creazione di vere e proprie zone di influenza giuridica dalle quali escludere i Paesi rivali.

Il diritto diventa così un fattore di moltiplicazione della proiezione di potenza nazionale, ma anche una leva di condizionamento di grande efficacia.

Il libro di Picotti ha, tra gli altri, il merito di cogliere questo nodo fondamentale della realtà globale dei nostri giorni. Un nodo sul quale sono inevitabilmente chiamati a soffermarsi coloro che – per studio, per lavoro, o per semplice curiosità intellettuale – ambiscono a comprendere appieno le forze nascoste che animano oggi la politica e l’economia internazionali.

Far emergere queste linee invisibili, imparare a ripercorrerne il tracciato, coglierne gli aspetti più controversi può fare la differenza tra subire gli eventi e saperli orientare a proprio favore. Nel mondo globale le regole non sono coefficienti neutri, ma variabili che producono un impatto reale sull’ecosistema internazionale. Padroneggiarne la complessità è quindi essenziale per difendere e promuovere gli interessi nazionali. In questo senso il volume di Luca Picotti rappresenta uno strumento formidabile e, per molti versi, irrinunciabile.

Autore
Formiche

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