I politici dicono sempre le stesse cose, ma perché? La risposta è come la sfiga
- Postato il 18 novembre 2024
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Paolo
Tutti i santi giorni, al modico prezzo d’un caffè, ci diciamo che i politici dicono sempre le stesse cose, ma perché? Di base lo sappiamo, ma la risposta è come la sfiga: ne esiste solo una, ma non lo sembra perché ha tanti aspetti collaterali che presi individualmente hanno forme diverse. Io ho provato a ricomporla come un puzzle e ho pensato che forse vivendo in una indiscutibile democrazia rappresentativa, i politici che dicono sempre le stesse cose esprimono perfettamente quel che siamo, cioè un mucchio di persone che dicono sempre le stesse cose.
La seconda ipotesi è che dicano sempre le stesse cose perché noi chiediamo sempre le stesse cose e viceversa, in un inutile, tedioso, ciclo infinito. La terza ipotesi è che accade perché riescono a farsi votare pur dicendo sempre le stesse cose. Vien facile dare la colpa alla mancanza di memoria, ma non prendiamoci in giro… non può essere solo questo. A noi piace essere illusi pur conoscendo le conseguenze, così come sappiamo che abbuffarci quando siamo nervosi non risolve i problemi, è solo un piacere momentaneo che poi ci lascia con i problemi di prima, farciti di sensi di colpa.
E’ strano: sappiamo essere perspicaci al punto di cogliere i segnali come cani da tartufi, se si parla d’amore, calcio o fisco, ma per quanto riguarda la politica? Forse è un po’ di tutti e tre, ma in maniera confusa. Doniamo il cuore a uno che subito dopo cambia squadra, basiamo le nostre finanze su dolci promesse e parole d’amore e corriamo da una parte all’altra del campo, per divertire un pubblico in un paradossale gioco in cui siamo noi a pagare lo spettacolo.
E’ più probabile che i politici dicano sempre le stesse cose affinché anche noi ci si convinca di volerle. Così se non si vince questa elezione, mal che vada alla prossima non si deve neanche fare lo sforzo di cambiare programma e magari siamo noi a chiedere tutto quel che guarda caso c’è nel programma. Non è un amore di democrazia? E’ un po’ come entrare in un negozio che non ha quello che ti serve, ma è fornitissimo di roba che non volevi, allora l’unico modo che il commerciante ha di far combaciare domanda ed offerta è creare in te la domanda che non c’era e che cos’è la domanda se non un futile desiderio? “Ti serve una lampadina di ricambio per il forno? Certo ma ti costa meno con la scheda punti e la registrazione è semplicissima. Quanti anni hai? Più di cinquanta e ti vedo pure sovrappeso, forse mangi troppi salumi, lo sai che chi esagera con quella roba ed è sopra i cinquanta rischia grosso? Ti consiglio la colonscopia. Tranquillo ho il prodotto per la lavanda intestinale. A proposito le lampadine le ho finite, ma tanto tra bibitone e digiuno che te ne fai del forno?”.
Altrimenti perché questo andirivieni in Albania e lo scontro con la magistratura? La premier ha detto:”Gli italiani ci hanno votato per questo”. Come darle torto? Ma per tornare al principio, non credo sia una cattiveria pensare che parte di chi l’ha votata voglia questo perché se ne è parlato incessamente.
Badate: non sto ragionando in assoluto, e per quanto non condivida certe idee non intendo essere irrispettoso verso chi le ha, trattandoli da sprovveduti. Il discorso vale da destra a sinistra e non esiste nessuna superiorità culturale che regga. La politica è un gioco vecchio che sa il fatto suo e, quando si cerca di cambiarlo, trova sempre nuove scappatoie di tornare uguale a se stessa.
Io odio il raffreddore perché ti fa vivere da schifo, è abbastanza innocuo da non giustificare neanche un giorno di riposo e non c’è una cura perché ce n’è un casino di ceppi diversi. Sapete cosa accomuna la politica e il raffreddore? Per quanto cambino, entrambi hanno sempre gli stessi sintomi e, dato che non c’è cura, possono solo essere alleviati e come? Ad esempio seguendo sempre gli stessi consigli dagli stessi esperti. Però c’è il bipolarismo, così posso seguire i consigli dell’uno, anche se mi sono ammalato ascoltando quelli dell’altro e viceversa.
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