I Giovani Democratici commissariati dal Pd: il colpo di mano di Schlein che pensa già a un riassetto

  • Postato il 31 luglio 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Di tutte le grane che Elly Schlein si trova a gestire nel pieno dell’estate – dalle regionali imminenti al confronto sul referendum in stand-by – ce n’è una che si trascina sotto traccia dall’inizio della segreteria, e che ora arriva al suo punto di svolta: quella dei Giovani Democratici. La direzione nazionale del Pd, riunita, ha infatti approvato la nomina di un commissario ad acta per la giovanile del partito. Un colpo di mano deciso dalla segretaria, sostenuta dalla coordinatrice della segreteria Marta Bonafoni, per provare a sbrogliare un caos che va avanti da quasi un anno.

La giovanile dem, infatti, è ferma dall’estate del 2020. Il congresso nazionale, conclusosi ad agosto, si è trasformato in un incubo burocratico: denunce di irregolarità, accuse incrociate di ingerenze, violazioni statutarie . Tanto che la Commissione congressuale nazionale si è arresa: nessun risultato ufficiale proclamato. Il dossier è passato allora alla Commissione nazionale di garanzia dei GD, che però non ha fatto meglio: si è dimessa in blocco, lasciando al Nazareno il cerino in mano.

I due contendenti, Caterina Cerroni e Raffaele Marras, sono così rimasti “non eletti” ma neanche “sconfitti”, come hanno sottolineato entrambi più volte. Una situazione paradossale, che ha finito per alimentare uno scontro aperto tra le correnti del Pd. Eppure, a ben vedere, nessuno è rimasto a mani vuote: Cerroni è stata candidata alle elezioni politiche del 2022 (senza essere eletta), Marras invece è diventato consulente della presidente sarda Alessandra Todde.

Ma il vero effetto collaterale è stato un lungo vuoto di potere e una guerra intestina che in confronto al congresso del Pd sembra una passeggiata. Dai livelli provinciali a quelli regionali, i congressi Gd sono stati teatro di brogli, accuse, ricorsi e regolamenti di conti tra le correnti, spesso decisi più nei capannelli parlamentari che nelle assemblee giovanili.

Un esempio su tutti: il congresso siciliano del 2024, finito con la decadenza del segretario eletto appena due mesi prima. Il problema di fondo, spiegano diverse fonti interne ai Gd, è strutturale: non esiste un tesseramento nazionale unitario, il che rende praticamente impossibile verificare la validità delle tessere. Così ogni congresso si trasforma in un campo minato: dove non si riesce a invalidare, si preferisce chiudere un occhio e siglare una pax interna, pur di andare avanti.

Dopo anni di immobilismo, però, la situazione è tornata bollente. Le proteste dei militanti si sono fatte più pressanti, con l’apertura di una nuova fase congressuale più di un anno fa e la presentazione di tre candidature alla guida nazionale: Paolo Romano, consigliere regionale in Lombardia e vicino alla segretaria; Tommaso Sasso, collaboratore del sindaco di Roma Roberto Gualtieri e sostenuto dall’area Mancini; e infine Claudio Mastrangelo, outsider abruzzese e membro della direzione nazionale.

Una sfida che rischiava di infiammare ancora di più le tensioni interne, anche per via dell’età media dei candidati, tutti vicino ai 30. Dopo settimane di interlocuzioni e tentativi di mediazione, la segreteria è riuscita a smorzare sul nascere la loro protesta e a congelare – di fatto – il percorso congressuale. Fino ad arrivare un anno dopo alla decisione finale: Schlein ha scelto la linea dura. Congelato il congresso, commissariata la giovanile. A guidare la fase di transizione sarà Lorenzo Innocenzi, avvocato ed ex dirigente dem, nominato commissario ad acta con il compito di riportare l’organizzazione a un nuovo equilibrio.

Una mossa che ha spiazzato molti giovani dem. Alcuni, contattati da ilfattoquotidiano.it, parlano di un colpo non consentito dallo statuto, altri di un tentativo di “tenere tutto congelato fino alle elezioni politiche”, per evitare che una giovanile autonoma possa criticare le scelte della segretaria. Altri ancora leggono nel commissariamento un preambolo di riforma non per forza negativa. Al Nazareno, infatti, si ragiona da tempo su un possibile riassetto dell’organizzazione giovanile.

Le ipotesi sul tavolo sono più di una. La prima: abbassare l’età massima per l’adesione ai Gd da 29 a 24 anni, uniformandola ad altre giovanili europee, così da fare piazza pulita dei “vecchi” giovani spinti dalle correnti. La seconda, ben più incisiva: revocare l’autonomia statutaria dei Giovani Democratici e trasformarli in un semplice “organismo consultivo”, sul modello della Conferenza delle donne democratiche. Tradotto: niente più potere di discostarsi dalle politiche del Pd, niente più segretario bensì un portavoce, e nessuna possibilità di imporre i propri candidati.

Una strada che segnerebbe la fine di una storia iniziata nel 2008, quando i Gd nacquero come eredi diretti dei Ds e della Margherita. Da allora, tra alti e bassi, sono stati palestra politica per una generazione intera di dirigenti – da Fausto Raciti a Brando Benifei, da Giuditta Pini ad Andrea Baldini – ma anche terreno di scontro permanente per le correnti, spesso più interessate a usarli come retrovia che a farne laboratorio politico. Per Schlein, ora, la priorità è disinnescare l’ennesimo campo minato. Ma tra chi spera in un nuovo inizio e chi teme una stretta, il futuro dei giovani del Pd è tutt’altro che scritto. Anche se, a forza di rinvii, guerre di corrente e candidati cooptati, l’impressione di molti è che la vera giovanile del Pd – quella che pensa in autonomia, fa politica e non si limita a obbedire – sia già altrove.

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