“I dipendenti dell’Fbi sottoposti alla macchina della verità per testare la fedeltà ai vertici nominati da Trump”
- Postato il 11 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Sempre più dipendenti dell’Fbi stanno venendo sottoposti al test del poligrafo, la macchina della verità, perché sospettati di tradimento o di aver diffuso informazioni confidenziali ma anche per verificare la loro fedeltà al direttore Kash Patel. È la svolta voluta dallo stesso Patel, nominato dal presidente Donald Trump dopo essere stato uno dei maggiori critici dell’agenzia di polizia federale. Secondo il New York Times, a diverse persone sottoposte al test è stato chiesto se avessero mai gettato discredito su Patel, se avessero cioè detto qualcosa di negativo sul suo conto o su quello del suo vice, Dan Bongino, già conduttore di Fox News e poi podcaster ultra-conservatore. Una politica di tolleranza zero verso il dissenso che preoccupa i funzionari sulle possibili conseguenze. “La lealtà di un dipendente dell’Fbi è verso la Costituzione, non verso il direttore o il vicedirettore”, denuncia James Davidson, ex agente che ha trascorso 23 anni nel Bureau.
Con le nomine di Patel e Bongino, l’agenzia ha subito una scossa dall’interno. Alcuni dipendenti sono stati costretti a dimettersi, altri hanno lasciato spontaneamente temendo ritorsioni per aver condotto indagini legittime che Trump o i suoi sostenitori non gradivano. Il Nyt riporta che gli agenti di punta di circa il 40% degli uffici distaccati sono andati in pensione, sono stati estromessi o hanno cambiato incarico. In questa svolta rientrerebbe anche l’uso aggressivo del poligrafo, che alimentano sospetti e timori di un Fbi ormai politicizzato. “Sotto Patel e Bongino, la competenza specialistica e operativa vengono facilmente sacrificate in nome della purezza ideologica e della politicizzazione della forza lavoro”, ha scritto su un blog sulla sicurezza nazionale Michael Feinberg, agente di punta della sede operativa di Norfolk, in Virginia, fino alla primavera scorsa, quando è stato minacciato con il test della macchina della verità a causa della sua amicizia con Peter Strzok, un veterano del controspionaggio licenziato per aver inviato messaggi di testo denigratori su Trump.
Strzok ha svolto un ruolo centrale nell’indagine dell’Fbi per accertare se i collaboratori della campagna elettorale di Trump avessero cospirato con la Russia nelle elezioni presidenziali del 2016: per questo figurava nella cosiddetta “lista dei nemici” di Patel. Feinberg ha riferito di come, per mantenere il suo posto di lavoro, gli sia stato chiesto di “umiliarsi, implorare perdono e giurare lealtà nell’ambito della rivoluzione culturale dell’Fbi, innescata dall’ascesa di Patel e Bongino ai vertici delle forze dell’ordine e dell’intelligence americane”. L’agente però ha preferito dimettersi.
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