Non solo riarmo, ora si giustificano anche le mine antiuomo (al bando dal ’97): “Difendere i confini della Nato con tutti i mezzi”
- Postato il 7 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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La mano del ministro degli Esteri canadese, Lloyd Axworthy, impugna la penna con la quale si appresta ad apporre una firma che diventerà storica. L’importanza del momento è tutta concentrata in uno scatto che non nasconde il pathos. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, applaude con una smorfia sul volto che trasmette tensione e soddisfazione. Alla sua destra, la bocca del presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa, Cornelio Sommaruga, si è invece già aperta in un largo sorriso, proprio come quella del primo ministro canadese Jean Chretien. L’emozione fa trattenere il fiato all’attivista Jody Williams. In quel momento sapeva già che, proprio grazie al suo impegno per arrivare a quella firma, una settimana dopo avrebbe ricevuto a Stoccolma il Premio Nobel per la Pace. Tutti gli occhi dei presenti nella foto guardano con impazienza il documento sul tavolo del capo della diplomazia canadese. È il 3 dicembre 1997 e a Ottawa 122 Paesi decisero di firmare un trattato che puntava a salvaguardare la vita di milioni di civili vittime dei conflitti: la Convenzione sulla proibizione dell’uso, dello stoccaggio, della produzione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione.
Il Trattato di Ottawa, questo il nome con la quale viene spesso ricordata, non fu però un successo totale. Tra le firme che si sono poi aggiunte nel corso degli anni non ci sono mai state quelle di grandi potenze come Stati Uniti, Russia o Cina. Ma il suo alto valore simbolico, il messaggio lanciato dalla maggior parte della comunità internazionale, andava addirittura oltre la sua applicazione. I Pappagalli Verdi resi celebri in Italia dal libro e dalle battaglie del fondatore di Emergency, Gino Strada, dovevano essere vietati. Non doveva più essere consentito trasformare intere nazioni, dal Vietnam all’Afghanistan, in giganteschi campi minati. Mai più semplici abitanti di villaggi, donne e bambini dovevano morire o rimanere terribilmente mutilati dallo scoppio di un ordigno rimasto inesploso.
Per tutti questi motivi la recente decisione dell’Ucraina di uscire dalla Convenzione rappresenta l’ultimo atto di un processo di regressione verso guerre più sporche, con meno regole e sempre più disinteressate alle sorti dei civili inermi. Una mossa che cancella decenni di lotte che nel 1997 portarono al Trattato di Ottawa. Nel 1992, quando sei organizzazioni non governative fondarono la Campagna internazionale per la loro messa al bando, nella memoria c’erano ancora le conseguenze degli ordigni disseminate in tutta Europa nel corso dei due conflitti mondiali. E poi la Cambogia, l’Angola, la Cecenia, il Kurdistan iracheno e l’ex-Jugoslavia. Senza dimenticare le mine sovietiche sparse per tutto l’Afghanistan nella guerra del 1979-1989. Dietro di sé l’Armata Rossa lasciò un Paese pieno di bombe inesplose che hanno continuato a uccidere per decenni. Si stima che dal 1980 a oggi i morti e feriti causati dalle mine antiuomo nel mondo siano più di 500mila, nel solo 2023 le vittime sono state 5. 757.
Questa carneficina non ha fermato l’uso di questi ordigni da parte degli eserciti, mentre i Paesi occidentali, con l’Italia tra i leader del settore, continuavano a produrli e venderli in giro per il mondo. Il processo di sensibilizzazione, però, è andato avanti. La Campagna per la messa al bando si allargava e diventava sempre più influente, numerose organizzazioni no-profit impegnate nella chirurgia di guerra lanciavano messaggi contro l’uso e la produzione di questi ordigni. Personaggi come Gino Strada occupavano i salotti tv, scrivevano libri e partecipavano a manifestazioni per far conoscere la devastazione provocata nella popolazione da queste armi subdole. I bambini perdevano gli arti, se non la vita, scambiando gli ordigni più colorati per dei giocattoli. Una piaga contro la quale anche la principessa Diana Spencer decise di esporsi, consegnando alla storia immagini iconiche di sé mentre passeggia ai confini di un campo minato in Angola. Un impegno che, anni dopo la sua morte, verrà portato avanti dal figlio Harry.
Oggi sono 133 gli Stati firmatari, con un totale di 164 Stati coinvolti a differenti livelli. Ma il clima è ben lontano da quello che si percepiva nel 1997. La speranza di un mondo migliore, anche se mai veramente in pace, ha lasciato spazio alla paura e alla disillusione. Le spese militari continuano a crescere, la corsa al riarmo è già iniziata e anche le vecchie regole stanno cadendo. Così nel solo 2025 Finlandia, Polonia, Lituania, Estonia e Lettonia hanno annunciato il proprio ritiro dalla Convenzione sulla messa al bando delle mine antiuomo. Il risultato è lo spostamento a Est della vecchia Cortina di ferro, trasformata in una parete di bombe pronte a essere disseminate lungo il confine per scongiurare ipotetiche invasioni di Mosca in territorio Nato. Ci ha pensato la ministra della Difesa lituana, Dovile Sakaliene, a chiarirlo: “Il ritiro dei Paesi del confine nordorientale della Nato dalla convenzione di Ottawa rappresenta una soluzione regionale senza precedenti. La nostra decisione invia un messaggio inequivocabile, che il confine della Nato è uno e indivisibile e lo difenderemo insieme con tutti i mezzi necessari“.
À la guerre comme à la guerre, ma le conseguenze di questa scelta compromettono l’organizzazione internazionale che il mondo si era dato dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Non solo a causa della guerra in Ucraina: lo smantellamento del diritto internazionale è in corso ormai da decenni, tra guerre iniziate con falsi pretesti, come in Iraq nel 2003, continue e sistematiche violazioni del diritto internazionale, come successo a Gaza, con paralleli attacchi ai vertici delle Nazioni Unite definiti una “palude antisemita“. Senza dimenticare l’attacco della Russia a uno Stato sovrano come l’Ucraina e, oggi, la decisione di tornare a legittimare l’uso di mine antiuomo. Il segretario dell’Onu, Antonio Guterres, anche lui non risparmiato dagli attacchi, si è accorto della deriva verso la quale il mondo si sta indirizzando e ha così annunciato una campagna globale per rilanciare il sostegno al Trattato di Ottawa. “La protezione delle vite innocenti dipende dalla nostra azione e dal nostro impegno collettivo”, ha spiegato. Ma provare a ricreare il clima del 1997 sarà forse una delle imprese più ardue del suo mandato.
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