I Corvi di Venezia multati ma assolti per il reato di diffamazione: la fine di un processo imbarazzante per il clero
- Postato il 7 marzo 2025
- Giustizia & Impunità
- Di Il Fatto Quotidiano
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Il Corvo di Venezia adesso ha un nome. Anzi due. Ad affiggere i volantini che accusavano la chiesa lagunare di essere stata teatro di abusi sessuali e corruzioni, con la copertura nientedimeno che del Patriarca Francesco Moraglia, sono stati l’ex dirigente del Petrolchimico Enrico Di Giorgi e il tecnico informatico milanese Gianluca Buoniconti. Lo ha stabilito con una sentenza di condanna a sole pene pecuniarie il giudice Stefano Manduzio. Al primo ha inflitto una multa di 5 mila euro, per tutti i cinque volantini che tra il gennaio e l’agosto nel 2019 avevano tappezzato il centro storico. Al secondo duemila euro, ma per un solo volantino. Il magistrato ha ritenuto che non si dovessero infliggere pene detentive per il reato di diffamazione, alla luce di un pronunciamento della Corte Costituzionale.
La sentenza ha messo fine a un processo imbarazzante per il clero veneziano. Se ha confermato, infatti, che i contenuti dei volantini erano diffamatori, ha allo stesso tempo svelato una serie di episodi e di comportamenti da parte di sacerdoti che lasciano alquanto perplessi e che non sono privi di fondamento.
Il dispositivo, in attesa delle motivazioni, racconta due verità. Innanzitutto il Patriarcato è stato messo ingiustamente all’indice dagli autori dei volantini. Per questo, in quanto istituzione, potrà beneficiare di una provvisionale di 10mila euro di risarcimento. La stessa somma verrà liquidata, in attesa della definizione del calcolo finale in separato giudizio, anche al patriarca Moraglia. Una cifra più ridotta – 5mila euro ciascuno – è stata invece liquidata ad altri sacerdoti citati nei fogli diffusi per Venezia. Si tratta del vicario generale don Angelo Pagan, del segretario particolare di Moraglia, Morris Pasian, di Gianmatteo Caputo, Roberto Donadoni, Angelo Preda, Alessandro Panzanato, Luca Biancafior, Natalino Bonazza.
La seconda faccia della medaglia è costituita dalla assoluzione degli imputati per i contenuti asseritamente diffamatori che riguardavano due sacerdoti e il professor Alessandro Tamborini, grande accusatore di Moraglia e del parroco Massimiliano D’Antiga, il sacerdote ribelle, che era stato rimosso dal Patriarca e poi ridotto allo stato laicale dal papa. Secondo Manduzio, i contenuti dei volantini erano coperti dal diritto di critica. Evidentemente ha ritenuto che vi fossero notizie in qualche modo fondate. In un caso il patriarca aveva rivelato in Tribunale che un sacerdote era stato punito per aver fatto spogliare alcuni ragazzi in canonica, in un altro caso erano state riferite presunte molestie in seminario.
Più complesso, ma cruciale, il caso di Tamborini che per cinque udienze ha riempito decine di pagine di verbale con accuse ai sacerdoti e al patriarca. Si era sentito diffamato per alcune affermazioni che riguardavano la sua vita professionale e di studioso, ma poi si è trasformato nel principale censore della Curia. Tamborini qualche giorno fa ha presentato una denuncia per falsa testimonianza nei confronti sia di Moraglia che di altri sacerdoti, per le dichiarazioni rilasciate durante il processo. Alla fine di questa maratona giudiziaria non ha ricevuto un solo euro di risarcimento, ma non se ne dispiace. “Nel corso dell’udienza, alla domanda del giudice ho risposto che non ero interessato a risarcimenti, ma alla verità. Sono ben emersi scandali di ogni genere, reati di pedofilia, ricatti sessuali a preti, droga, orge nel seminario. Ricordo che i preti chiedevano fino a 50 mila euro di danni…”.
Prima della camera di consiglio, Di Giorgi ha rilasciato una dichiarazione: “La mia colpevolezza non è stata provata. Nessuno ha saputo dire perché avrei dovuto fare tutto questo”. Nell’ombra è rimasto il ruolo di D’Antiga, mai indagato, il cui nome è però stato evocato più volte in aula. Quando i carabinieri effettuarono una perquisizione domiciliare, in casa a Venezia assieme a Di Giorgi c’era proprio D’Antiga. I contenuti dei volantini, molto dettagliati nel tirare in ballo i sacerdoti, denotavano una profonda conoscenza del mondo ecclesiastico che Di Giorgi ha sempre negato di aver avuto. Durante la discussione è emerso come dietro la campagna – ora dichiarata diffamatoria – ci possano essere state altre persone. Ma la loro identità rimane ancora misteriosa.
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